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Il punto di Pierangelo Soldavini | Le big tech all'attacco sulla finanza partendo da fiducia e privacy. Perché la reputazione è tutto

Il punto di Pierangelo Soldavini | Le big tech all'attacco sulla finanza partendo da fiducia e privacy. Perché la reputazione è tutto
L'Apple Store sulla Quinta Strada a New York (Roy Rochlin / Getty Images)
Pierangelo Soldavini
Pierangelo Soldavini

Come sempre Elon Musk conquista i riflettori, ma questa volta dietro ai suoi roboanti annunci - tutti comunque da verificare alla prova dei fatti - si nasconde qualcosa di più discreto, ma decisamente più concreto, che potrebbe riscrivere il futuro dei servizi finanziari. Il visionario imprenditore di Tesla e SpaceX dice di voler rivoluzionare la vita finanziaria degli utenti di X, l'ex Twitter, rendendo per loro superfluo il conto presso una banca tradizionale nel giro di poco più di un anno. Sappiamo che Musk le spara un po' troppo grosse un po' troppo spesso, ma va detto che il suo progetto fin dall'inizio era quello di fare di un social network una "app per tutto". E non ci dobbiamo scordare che la sua avventura di innovatore è iniziata con PayPal, oggi colosso globale dei pagamenti.
Ma se Musk finisce per andare sopra le righe, c'è che si muove in maniera più discreta e meno spettacolare, ma con un progetto più credibile e di lungo periodo. Non è un mistero che anche Apple nutra grandi ambizioni nei servizi finanziari costruendo un passo per volta un percorso coerente. Ma è passato sotto traccia un potenziale salto di qualità nella sua strategia: la versione beta di iOS 17.1 ha alzato il velo su nuove funzionalità per l'iPhone Wallet in chiave di open banking. 

Con l'aggiornamento del sistema operativo gli utenti potranno così verificare il saldo del proprio conto al momento del pagamento con ApplePay. All'interno dello stesso spazio potranno inoltre essere aggregati tutti i conti personali detenuti presso banche diverse, permettendo a ciascuno di essere informato all'istante sulle proprie disponibilità. L'aggregazione dei conti è una delle funzionalità più diffuse a livello retail introdotte dall'open banking mediante Api introdotto dalla Psd2, ma il fatto che sia disponibile su iPhone cambia lo scenario.
Per il momento il servizio è disponibile solo per gli utenti britannici, per la prima volta privilegiati rispetto agli americani, grazie allo standard interoperabile di open banking in Uk, rispetto agli Stati Uniti dove il regolatore deve ancora completare l'apertura del sistema. Ma in prospettiva anche il mercato Ue potrà aprirsi all'innovazione, dal momento che proprio la Psd2 ha aperto la prospettiva di integrazione dei dati in chiave europea.

L'accelerazione sui servizi finanziari "aperti" da parte di Apple apre scenari che vanno al di là della semplice funzionalità di aggregazione dei conti, visto che la Mela sembra puntare alla creazione di una vera e propria piattaforma finanziaria partendo da una base di oltre un miliardo di clienti dotati di iPhone in tutto il mondo. Vero è che si tratta di mercati frammentati, soggetti a regolamentazioni ancora diversificate, ma che si stanno inevitabilmente muovendo verso un'integrazione ispirata all'interoperabilità delle Api come fattore abilitante di nuova potenzialità.
Per il momento l'opzione è aperta agli istituti tradizionali britannici, insieme a neobank del calibro di Starling e Monzo (che peraltro sta guardando a espandersi ai servizi assicurativi), con la visibile eccezione di Revolut, ancora in attesa della sospirata licenza bancaria Uk che forse potrebbe essere agevolata dalla nuova Ceo italiana Francesca Carlesi. Tutti questi attori potranno sfruttare la nuova opportunità integrandosi con Apple per fornire servizi fatti su misura per i singoli, sulla base delle loro disponibilità, della loro pianificazione, delle occasioni offerte dai diversi conti. 

D'altra parte la stessa Mela dimostra di muoversi in una logica di neobank globale. E' passato un anno e mezzo da quando ha acquistato proprio nel Regno Unito Credit Kudos, società che, in qualità account information service provider, ha accesso ai dati bancari in open banking ma anche a quelli creditizi sia di singoli che di aziende. Il che amplia la prospettiva di una Big tech che ha fatto parecchia strada da quando ormai quasi dieci anni fa ha lanciato Apple Pay in partnership con Jp Morgan. Oggi ci sono più di mezzo miliardo di Apple Pay wallet installati su iPhone in quasi ottanta Paesi. Nel 2019 si è aggiunta la Apple Card, primo tassello di un'alleanza con Goldman Sachs che sembra logora, ma che è arrivata ad avere quasi sette milioni di detentori di carte. E che si è arricchita con l'offerta del "buy now pay later", ora arrivata anche su questa sponda dell'Atlantico, proprio in Uk, e di un conto di deposito con un rendimento del 4,15% che quest'estate ha raccolto un miliardo di dollari in soli quattro giorni, dettando la linea per il resto dell'offerta bancaria in un mercato a tassi in crescita.

Sono numeri decisamente importanti. D'altra parte quella di Apple sembra davvero una strategia di lungo periodo, con la barra dritta verso un obiettivo da player finanziario a tutto tondo, sempre più insidioso per le istituzioni tradizionali. Alla stregua di tutti i Big tech, anche la Mela sa come sfruttare al meglio la relazione con il cliente: l'accelerazione nel mondo dei pagamenti e l'allargamento all'open banking punta proprio nel senso di gestire al meglio i dati delle transazioni per poterli trasformare in valore e ricavi da offerte personalizzate, nel luogo e al momento giusto, quando emerge l'esigenza finanziaria da soddisfare.

Finora le barriere all'ingresso nel settore sono state garantite dalla rigida regolamentazione e dall'indubbia fiducia di cui le banche riescono ancora a godere. Ma anche su questi fronti si evidenziano crepe evidenti. L'aspetto regolamentare viene aggirato grazie all'alleanza con attori tradizionali, che hanno tutto da guadagnare in termini di mercato e di innovazione. Sul fronte del trust le insidie non mancano. Apple ne è un esempio. Con il suo slogan "Less is more", Steve Jobs ha fatto dell'essenzialità e della semplicità la chiave del successo di un brand che, dal Mac all'iPhone, ha sempre privilegiato un'usabilità intuitiva, che mette alla portata di tutti tecnologie complesse. Proprio come devono essere oggi i servizi finanziari per conquistare una clientela non più abituata a recarsi in filiale per trovare quei servizi.

Se, però, altri colossi hi-tech hanno dimostrato di avere scarsa considerazione della privacy degli utenti, Apple ha fatto della protezione dei dati personali, della loro gestione accurata e della non trasmissione a terzi, una base fondamentale della propria strategia, tanto da arrivare anche a duri confronti con giudici e forze dell'ordine. E' una strategia che alla fine paga in termini di immagine e di trust, che ora Apple può giocarsi su un terreno così delicato come quello della finanza, dove privacy e fiducia sono valori imprescindibili. Anche su questo fronte quindi gli attori tradizionali si vedono insidiati in maniera diretta e iniziano a non dormire più sonni tranquilli. Proprio perché i colossi hi-tech, che si chiamino Meta, Amazon, Google, Microsoft o Apple, hanno imparato a gestire al meglio le informazioni sui comportamenti degli utenti per tenerli attaccati a loro: "Se il servizio è gratis, il prodotto sei tu", recita un noto claim di "The Social Dilemma" che fotografa in maniera precisa il modo con cui Big tech si impossessa e mantiene nel tempo la relazione con il singolo per trarne valore.

La Mela ha compreso che la strategia per conquistare la fiducia in ambito finanziario non può prescindere dalla grande capacità di rendere "frictionless" qualsiasi interazione, unita alla conquista della fiducia da parte dei singoli per il futuro dei loro soldi e alla tutela della privacy e della sicurezza.
Il trust non è certo il punto di forza di Elon Musk, che comunque continua a perseguire imperterrito il suo sogno di fare della ex Twitter la WeChat occidentale. Un modello di superapp che permetta di fare qualsiasi cosa, dall'ecommerce ai pagamenti, dalla chat alle polizze, "non esiste al di fuori della Cina", ha detto in una riunione con i dipendenti di X: "Questo non significa che vogliamo limitarci a copiare WeChat: credo che noi abbiamo davvero la possibilità di creare qualcosa che vada ben oltre WeChat". A partire dai pagamenti, proprio sul modello di PayPal. Ma andando oltre, impadronendosi dell'"intera vita finanziaria della persona". Senza aver bisogno di un conto corrente. Un'ambizione visionaria, forse fin troppo, ma che rischia di trasformarsi in una minaccia concreta.

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