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Banche e finanza, che 2026 sarà? Le tecnologie emergenti e quella sfida tra ambienti fisici e spazi digitali

Tutte le tecnologie in campo che animeranno anche il prossimo anno. E la necessità di essere ovunque ma soprattutto vicino al cliente per conquistare fiducia e relazione. Così la banca del futuro sarà glocal. Leggere per credere
Banche e finanza, che 2026 sarà? Le tecnologie emergenti e quella sfida tra ambienti fisici e spazi digitali
L’IBM Quantum System Two presso l’IBM Thomas J. Watson Research Center a Yorktown Heights, New York (Foto di ANGELA WEISS/AFP tramite Getty Images)

Tecnologie immersive, predittive, generative, agentiche. E ancora innovazioni che un tempo avrebbero impiegato un decennio e che ora si giocano in un paio d’anni regolamentari per diventare sistema. È un tempo accelerato quello che stiamo vivendo anche nel comparto bancario e finanziario. Ma è un tempo studiato, fatto di regolamentazione costante, presidi di controllo efficaci, visioni di insieme che restituiscono senso. Tokenizzazione, stablecoin, AI agent, pagamenti istantanei, sostenibilità, embedded finance: ogni elemento, da solo, potrebbe sembrare un buzzword. Insieme, compongono la nuova partitura di banche, assicurazioni, fintech. Il 2026 sarà l’anno in cui capiremo se sapremo attraversarlo guardando oltre, ossia con finanza e tecnologia che diventano servizio di prossimità per persone, comunità, imprese. Per ora – come ogni fine d’anno nel nostro longform mensile – buona lettura tra i trend 2026, quelle tendenze che già manifestano da tempo la possibilità di diventare azioni.

Trend 1. Dall’home banking all’AI banking: arrivano gli agenti finanziari
La prima, grande onda è l’intelligenza artificiale generativa che entra in banca. Non più solo chatbot: veri e propri copiloti che leggono contratti, propongono piani di risparmio, intercettano anomalie in tempo reale. Su Forbes nella sua versione statunitense l’analista Bernard Marr scrive che nel 2026 gli agenti AI in banca e nella finanza saranno driver competitivi chiave: automazione spinta, ma anche interfacce conversazionali in grado di “parlare” con il cliente, dall’hedge fund al correntista retail. Deloitte nel suo outlook 2026 parla di un anno “defining” per le banche che stanno cercando di scalare l’AI: non più sperimentazione isolata, ma piattaforme di business che si occupano di credito, tesoreria, gestione del rischio, back-office. Ma attenzione: l’intelligenza artificiale non è solo efficienza. Nel 2026 la vera partita è la banca aumentata, dove consulenti umani e agenti software lavorano insieme. Chi saprà orchestrare questo duetto – formare persone, governare i rischi, rendere trasparente l’uso dei modelli – avrà un vantaggio relazionale enorme. A proposito dell’avanzata dell’AI, ne abbiamo scritto recentemente anche su Sella Insights, declinando come queste tecnologie immersive e predittive abitino già il gruppo.

Trend 2. Tutta la finanza in un token: la corsa alla tokenizzazione
Il World Economic Forum parla di “momento di svolta” nel 2025-2026, con obbligazioni, fondi, crediti e perfino immobili rappresentati come token su registri distribuiti. 
Larry Fink, nella lettera agli azionisti di BlackRock, definisce la tokenizzazione un fattore capace di democratizzare l’accesso agli investimenti, abbattendo costi e aprendo i mercati a platee finora escluse. Nel frattempo, SWIFT lavora a un “shared blockchain-based ledger” per connessione in tempo reale di oltre trenta grandi banche su pagamenti transfrontalieri tokenizzati. In India – lo riporta The Times of India – il progetto pubblico Finternet, ispirato ai “unified ledgers” della BIS, parte proprio nel 2026 dai mercati dei capitali: prima i titoli regolamentati, poi via via asset più complessi, dalla terra agli immobili. Tokenisation non reinventa gli asset, modernizza il modo in cui si muovono, con insediamento immediato, meno riconciliazioni manuali, mercati più trasparenti. Insomma, il 2026 è l’anno in cui tokenizzazione diventa infrastruttura di mercato con regole, vigilanza, standard comuni. 

Trend 3. Stablecoin e nuova moneta digitale regolata
Accanto agli asset tokenizzati, cambia la forma stessa del denaro. Sempre Deloitte scrive che stablecoin e depositi tokenizzati potrebbero annunciare una nuova era della moneta, ma avverte: il 2026 sarà decisivo per capire se le banche sapranno gestire il rischio di disintermediazione dei depositi. Come sa bene chi legge il nostro hub editoriale, in Europa dieci grandi banche – fra cui Banca Sella – hanno lanciato Qivalis, società dedicata a uno stablecoin in euro con debutto previsto nella seconda metà del 2026, in scia al nuovo quadro regolatorio UE sugli asset digitali. Si può saperne di più leggendo l’agenzia di Reuters, ma tutta la stampa italiana e internazionale ne ha scritto. Analisi di S&P Global e della Payments Association sottolineano che, dopo l’approvazione di una legge federale negli Stati Uniti (Genius Act) e i framework già attivi in Europa e Asia, le stablecoin passano da angolo speculativo a componente strutturale dei pagamenti e della gestione di tesoreria. Si apre una partita legata ai depositi digitali. Se aziende e retail tengono liquidità in stablecoin regolati, magari emessi da consorzi bancari, la competizione non è più solo sul tasso, ma su usabilità, integrazione nei sistemi gestionali, interoperabilità globale.

Trend 4. Pagamenti in tempo reale: è la nuova normalità
Nel 2026 il pagamento istantaneo non è più innovazione, è standard. Ne abbiamo parlato anche sul nostro Sella Live durante le interviste realizzate dal Salone dei Pagamenti 2025. Un’analisi recente promossa dalla società di sviluppo software Innowise spiega come i real-time payments siano diventati un layer strategico, con architetture event-driven, analytics in streaming e motori di rischio automatici: l’operatività di tesoreria, B2B e retail si appoggia sempre più a queste dorsali. FintechNews parla di pagamenti del 2026 come di un ecosistema personalizzato, sicuro e interoperabile, dove l’AI aiuta a prevenire frodi in pochi secondi e l’identità digitale certifica il titolare in modo continuo. Ma attenzione. Il vero salto non è solo la velocità. È la programmabilità: payroll che si adegua al lavoro on demand, incassi B2B agganciati alle milestone di un contratto, pagamenti nativi AI che dialogano con agenti software. 

Trend 5. Longevity economy: previdenza per la terza, quarta e quinta età
C’è un megatrend silenzioso ma gigantesco che impatta anche nel comparto bancario e finanziario: viviamo più a lungo e vivremo ancora più a lungo. Il biotech sta aprendo scenari impensabili solo vent’anni fa: medicina di precisione, terapie genetiche, prevenzione predittiva. La conseguenza? Non solo nuove “età della vita”, ma nuove fasi economiche, nuovi consumi, nuovi rischi e – soprattutto – nuova previdenza. I dati demografici europei parlano di popolazioni sempre più longeve: terza età attiva, quarta età assistita, perfino un possibile “quinto tempo” della vita. Questo impone non solo prodotti previdenziali più flessibili, ma strategie culturali e educative: insegnare a pianificare, preparare l’età lunga, trasformare il risparmio in progetto di futuro. E l’ecosistema fintech potrebbe avere un ruolo decisivo nel costruire pensioni modulari, automatizzate, integrate con lo stile di vita. Non più previdenza come fase finale, ma come capitale identitario che accompagna tutta l’esistenza. Così il 2026 potrebbe inaugurare la stagione delle “longevity solutions”. Previdenza non come optional, ma come pilastro sociale, economico e culturale. E qui si incrocia la grande sfida del comparto, che è quella previdenziale: non solo offrire prodotti, ma aiutare le persone a vivere più a lungo e meglio.

Trend 6. Quantum finance: quando i dati ridisegnano le strategie, rendendole scalabili
È l’altra frontiera, meno chiassosa ma potenzialmente dirompente: il quantum computing applicato alla finanza. Nel 2026 non parliamo ancora di quotidianità, ma di early adoption strategica. I colossi bancari globali stanno investendo in progetti pilota su portafogli, pricing, gestione del rischio, ottimizzazione dei derivati. Perché il quantum potrebbe risolvere problemi che i computer classici impiegherebbero decenni a processare. Gli scenari sono molteplici: valutazione delle esposizioni in tempo reale, simulazioni rapide per mercati complessi, nuovi modelli di cybersecurity basati su crittografia quantistica. Le sperimentazioni delle grandi istituzioni finanziarie guardano proprio qui: gestione del rischio antifragile, anticipo delle turbolenze, prevenzione dei crash sistemici. In altre parole la finanza entra nell’era della computazione estrema. E se l’AI rende più intelligenti le decisioni, il quantum promette di renderle più veloci e resilienti. Di più, maggiormente scalabili. Così il 2026 non sarà l’anno del quantum banking di massa, ma l’anno in cui le banche capiranno ancora di più che la partita è iniziata. E chi arriva tardi rischia di trovarsi senza difese, soprattutto sul fronte della sicurezza e della resilienza sistemica.

Trend 7. RegTech e cyber-resilienza: la nuova frontiera della vigilanza
Mentre intelligenza artidiciale, tokenizzazione e pagamenti istantanei accelerano, aumentano i rischi. Il Bank of England, nel suo Financial Stability Report rilanciato pochi giorni fa dal Guardian, avverte che le valutazioni del settore AI sostenute da spese infrastrutturali previste per 5.000 miliardi di dollari in cinque anni, in gran parte a debito potrebbero alimentare una bolla con rischi sistemici. Il Financial Stability Board, riunito a Riyad, ha messo nel piano di lavoro 2026 la priorità di monitorare le vulnerabilità legate a innovazione digitale, cyber-risk e tokenizzazione. Un’analisi della società olandese Wolters Kluwer nota che l’intelligenza artificiale generativa è ormai mainstream anche nella gestione del rischio: controlli automatici, monitoraggio transazioni, audit interno. Ma insiste sulla necessità di policy chiare e governance evidente dell’uso dell’AI, per evitare quello che definisce “shadow IT algoritmico”. 
Intanto Deloitte evidenzia come la difesa delle banche deve tenere necessariamente il passo con la crescente sofisticazione del crimine finanziario nel contesto real-time. Ecco perché regtech non è più “compliance che costa”, ma diventa vantaggio competitivo. Chi riuscirà a combinare intelligenza artificiale, dati e automazione in controlli continui genererà più fiducia da parte di clienti e regolatori.

Trend 8. Green & ethical fintech: la finanza del clima diventa mainstream
C’è un’altra rivoluzione, meno rumorosa ma altrettanto strutturale: quella della finanza sostenibile digitale. Secondo una lunga analisi pubblicata su fintecbuzz.com nel 2026 le soluzioni fintech sustainable & ethical saranno spinte da tre forze: regolatori, investitori e consumatori, con investimenti ESG-fintech attesi fino a 123,7 miliardi di dollari e una crescita media annua del green fintech oltre il 22%. Il noto fintech magazine prevede che green bond e investimenti sostenibili domineranno le piattaforme di wealth con algoritmi usati per filtrare automaticamente i portafogli in chiave ESG. 
Intanto in Europa l’Autorità Bancaria (EBA) ha lanciato un ESG dashboard per misurare l’esposizione delle banche ai rischi climatici, mentre le nuove linee guida sui rischi ESG, applicabili dall’11 gennaio 2026, puntano a rafforzare la resilienza del sistema. Una mappa del green fintech elaborata a Hong Kong mostra decine di soluzioni digitali per dati ESG, rating, misurazione delle emissioni. Ecco perché nel 2026 la sostenibilità non è più solo reportistica bensì ingegneria dei dati: calcolo ambientale in tempo reale, pricing del rischio legato al clima, prodotti retail a impatto integrati nelle app bancarie.

Trend 9. Human-centric & inclusive banking: la tecnologia che allarga il perimetro
Tecnologie ma soprattutto persone. Dentro questo scenario tecnologico riaffiora un tema umanissimo, ovvero l’inclusione. Un nuovo studio sui trend 2026 parla di “AI agents & human-centric banking” come combinazione decisiva: automazione sì, ma progettata per aumentare empatia, capacità di ascolto, retention. Reuters racconta di Flex, fintech statunitense che ha raccolto 60 milioni di dollari puntando su una nicchia precisa: le medie imprese “jumbo shrimps”, spesso trascurate dalle grandi banche. L’idea è fornire, in un’unica piattaforma, credito, pagamenti e strumenti di gestione personale dei fondatori, usando AI ma con review umana delle decisioni delicate. 
Qualche tempo fa il Financial Times ha dedicato uno speciale a come rendere il settore bancario più inclusivo, sottolineando l’importanza di prodotti pensati per chi oggi resta ai margini: persone, micro-imprese, giovani. La sfida è allargare la base. L’inclusione finanziaria – supportata da AI, DPI pubbliche, identity digitale – diventa terreno di reputazione, ma anche di nuovi ricavi. 

Trend 10. Dai grandi silos del passato alle piattaforme aperte che disegnano il futuro
Sul tutto si gioca anche una partita infrastrutturale. I panel del Global Banking Summit parlano esplicitamente del futuro delle infrastrutture bancarie e si chiedono: possono sopravvivere i sistemi legacy? Un approfondimento del Financial Times racconta l’inquietudine degli istituti britannici di fronte a fintech come Revolut, che ha superato i 65 milioni di clienti e ha raggiunto una valutazione di 75 miliardi di dollari, avvicinando – e in alcuni momenti superando – giganti storici come Barclays. Blog di settore come quello di Finacle riassumono così il quadro: tokenized money non è più esperimento; la pressione su infrastrutture, core banking e sistemi di pagamento è tale che la domanda non è se trasformarsi, ma quanto in fretta. Il nuovo anno obbliga le banche a scegliere se restare “musei del Novecento” o diventare piattaforme aperte, in grado di dialogare con cloud, fintech, big tech, banche centrali digitali. La vera grandezza non è più la dimensione del bilancio, ma la capacità di adattarsi.

Trend 10+1. Here, now, everywhere: la nuova prossimità globale
Ma attenzione. C’è un paradosso che attraversa silenziosamente il 2026 della finanza. Da un lato abbiamo istituzioni globali che ragionano su scala continentale, modellano i mercati e partecipano ai grandi consorzi internazionali su tokenizzazione, real-time payments, cyber-resilience. Dall’altro lato cresce un bisogno quasi fisico e mai sopito di prossimità, di banche che conoscano il territorio, parlino la lingua delle comunità, comprendano i distretti industriali, sappiano essere qui e ora. Potremmo chiamarlo “Here, Now, Everywhere” banking: banche capaci di essere presenti nel punto più remoto grazie al digitale, senza rinunciare all’intimità del rapporto territoriale. Le grandi ricerche internazionali sul futuro dei servizi finanziari lo confermano: la crescita reale si giocherà sulla capacità di combinare scala globale e relazione locale. In fondo anche i giganti dell’innovazione lo sanno: la finanza del futuro sarà sì algoritmica, ma ancorata a geografie concrete. Nel fintech più avanzato le partnership con attori locali – municipalità, camere di commercio, università, imprese territoriali – diventano elementi strategici della crescita. Perché il valore nasce nei territori. E lì bisogna esserci. Da un lato corporate banking globale, dall’altro microimprese. Da un lato superapp transnazionali, dall’altro filiali presidiate da consulenti aumentati dall’intelligenza artificiale. Un doppio binario che apre un nuovo scenario competitivo: chi saprà essere ovunque, ma soprattutto vicino, conquisterà fiducia e relazione. Potremmo dire che il futuro non è soltanto digitale, ma glocal: digitale per connettere il mondo, fisico per generare fiducia. Una prossimità aumentata, abilitata da tecnologia e riterritorializzazione delle relazioni. In fondo la banca vincente è quella che sa essere globale nel capitale, locale nella relazione, digitale nell’esperienza, fisica quando serve. Perché la prossimità non è il contrario della globalizzazione: ne è la nuova frontiera. 

In fondo la banca del futuro ci guarderà negli occhi “By 2030 banking will become invisible, connected, insights-driven and purposeful”, come ha scritto Forrester sul futuro del banking. La banca del futuro non sarà semplicemente un fornitore di conti, carte e prestiti. Sarà un ecosistema empatico e digitale, un’infrastruttura invisibile e onnipresente, capace di integrarsi nella vita quotidiana delle persone e delle imprese come un servizio naturale, affidabile, quasi trasparente. E alla base di tutto questo c’è e ci sarà la cultura finanziaria. Perché una banca del futuro potrà essere digitale, tokenizzata, istantanea, ma resterà fragile se non saprà accompagnare le persone nella del proprio domani. È qui che entra in gioco la previdenza, non come parola grigia da bilancio, ma come investimento nel tempo – e quindi nelle nuove generazioni. Perché alla fine la tecnologia accelera, ma il futuro si costruisce con i valori. 
 

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