Tra macchine e persone, quell’intelligenza artificiale che è intorno a noi
«L’intelligenza artificiale non sostituirà le banche, ma cambierà il modo in cui pensano al rischio e alla relazione con il cliente. Le istituzioni che sapranno bilanciare velocità algoritmica e fiducia umana saranno quelle che definiranno la prossima generazione di finanza». È uno dei passaggi più significativi di uno tra i primi articoli di stampa internazionale impegnati a comprendere come l’arrivo dell’intelligenza artificiale avrebbe ridisegnato i processi, le attività, i servizi, le relazioni delle banche e degli istituti finanziari. Esce sull'Economist nell'autunno 2023 e ha un titolo assai evocativo: “Finance and the machine mind". Fate caso alle date, che non sono mai casuali. Negli Stati Uniti, in quel periodo di due anni fa irrompe sulla scena OpenAI con la sua ChatGPT. Da noi l’arrivo sarebbe stato più lungo, ma con la fine del 2023 se ne sarebbe parlato (e usato) di più. Ripartiamo da qui: spesso si immaginano le tecnologie immersive e predittive, o ancora quelle a supporto di processi con machine learning o bot, di là da venire. E invece queste tecnologie, tra cui l’AI agentica e generativa, abita già da tempo le organizzazioni bancarie e finanziarie.
Il lavoro… aumentato
Quando Clara, startup nata in Messico nel 2020, decide di non limitarsi a offrire una carta aziendale o un conto digitale, ma di ripensare il modo in cui le imprese latino-americane gestiscono le spese, si è messa davvero in cammino per il futuro. Clara – qui raccontata sul Financial Times di pochi mesi fa – costruisce una piattaforma che unisce carta fisica e virtuale, gestione delle spese, automazione dei rimborsi, report finanziari e workflow interni, tutto in un unico ambiente, facilmente accessibile per Pmi in Messico, Colombia, Brasile. Nel 2025 la startup ha raccolto altri 80 milioni di dollari per espandersi, ha ottenuto licenze che le consentono operazioni bancarie in Brasile ed è diventata unicorno con valutazioni che riflettono non solo il valore economico, ma quello disruptive nel servizio finanziario.
Nel silenzio apparente delle scrivanie digitali latino-americane, l’Intelligenza artificiale non è più promessa da convegno: è motore quotidiano. E se c’è un nome che racconta questa svolta è proprio questa fintech che ha trasformato la vecchia carta aziendale in una piattaforma di spend management guidata dai dati. Oggi gestisce carte fisiche e virtuali, pagamenti e note spese per più di 10-12 mila imprese tra Messico, Brasile e Colombia, con oltre 7 milioni di transazioni l’anno per un valore che supera 1,5 miliardi di dollari, entrando nel club degli unicorni messicani e venendo inclusa nel Fintech Innovation 50 come una delle realtà più interessanti al mondo nei pagamenti corporate. Il contesto spiega molto. Il Messico è diventato uno degli epicentri fintech del continente: quasi mille iniziative, di cui 773 startup locali, una crescita annua vicina al 20% e oltre 70 milioni di utenti di servizi fintech nel 2024, destinati a diventare 86 milioni entro il 2027. Il mercato delle carte e dei pagamenti vale già più di 215 miliardi di dollari e corre a un tasso composto di crescita dell’11% fino al 2033, mentre i pagamenti digitali sono stimati in oltre 109 miliardi nel 2024, con prospettive ancora più dinamiche.
Dentro questo fiume in piena Clara si posiziona come infrastruttura intelligente per le imprese: modelli di AI che individuano anomalie di spesa, suggeriscono risparmi, automatizzano controlli di conformità, assistenti digitali che “leggono” fatture, trasferte, campagne di marketing e propongono azioni prima che intervenga il CFO. La stessa azienda parla di una piattaforma capace di “ottimizzare il tuo programma di spesa con l’AI e non perdere mai opportunità di saving”, segnando una distanza netta rispetto al vecchio software di contabilità. Non stupisce che agenzie e media internazionali raccontino Clara come uno dei simboli della nuova ondata fintech latino-americana: Reuters, ad esempio, ha evidenziato come solo in Brasile il lancio di nuovi conti pagamenti punti a volumi per 6 miliardi di reais in un anno, mentre Bloomberg la definisce una corporate spending management firm in corsa per consolidare la leadership regionale. Trasformare l’AI da slogan a leva concreta per far crescere aziende e mercato.
Questa storia non è un racconto lontano, ma un esempio concreto di come un’idea plurale, centrata sulle persone e sul servizio, possa cambiare i giochi.
Oltre le nicchie
Ma per capire il suo impatto andiamo oltre il perimetro del nostro lavoro. Mai come oggi l’intelligenza artificiale ridisegna le nostre esistenze al lavoro, in famiglia, tra amici, nel nostro tempo libero. Diventa argomento popolare, ben oltre le nicchie degli ambienti legati all’innovazione. Ma quello che fa la differenza è la consapevolezza culturale della trasformazione epocale che avviene nei modi e luoghi di lavoro, in una logica di alleanza tra persone e macchine, in questo preciso ordine.
Dentro i processi bancari l’intelligenza artificiale è già infrastruttura. Nella gestione del rischio di credito alimenta stime più tempestive di probabilità di default e perdita attesa, integra segnali testuali e indicatori non lineari, abilita sistemi di early warning sui portafogli retail e corporate. Sui pagamenti potenzia la prevenzione frodi in millisecondi, con modelli che riconoscono pattern anomali e riducono i falsi positivi; nell’antiriciclaggio, l’analisi di rete e l’OSINT automatizzata aiutano il triage delle segnalazioni e l’individuazione dei beneficiari effettivi. Il punto non è la fantascienza, ma l’operatività: l’AI fa già più veloce, più mirato, più efficace quel che prima era campionamento manuale. Così le nuove tecnologie possono rendere i presìdi più rapidi, economici ed efficaci, a patto di governare i rischi e le condizioni abilitanti. Nei desk di mercato e nelle tesorerie, i modelli predittivi aiutano il cash forecasting intraday, l’ottimizzazione del collateral e il best execution; sul fronte della market surveillance i sistemi leggono testi e ordini per segnalare condotte anomale. La traiettoria internazionale è netta. Il Financial Stability Board ha aggiornato la sua lettura: adozione in rapida accelerazione, benefici su efficienza, compliance e personalizzazione.
Predizione e personalizzazione
Sul lato operativo la parola chiave è messa a terra. Dati ben governati, pipeline riproducibili, osservabilità dei modelli. Così i prototipi si trasformano in servizi. La narrazione pubblica converge. Da un lato i benefici – automazione del supporto clienti, antifrode più efficace, processi più snelli – dall’altro i rischi da modelli opachi e da concentrazioni tecnologiche che possono creare punti di criticità. La parola d’ordine è cautela, unita però alla necessità di alzare l’asticella, di sperimentare, di provare a scrivere nuove pagine di futuro. Nel quotidiano per le banche il perimetro d’uso si allarga. I modelli predittivi anticipano deterioramenti creditizi e attivano pre-collection rispettose; i motori semantici permettono di interrogare in linguaggio naturale policy, verbali, contratti, restituendo risposte valide. La personalizzazione dei prodotti diventa fattibile. Il punto di equilibrio sta tra ambizione e responsabilità. “Il ritmo e la scala dell’AI richiedono capacità nuove”, scrive la BCE. Sta alla banca dichiarare gli intervalli di confidenza, misurare l’errore, aggiornare i modelli, spiegare le scelte. Così l’innovazione smette di essere promessa e diventa manutenzione della fiducia, vero capitale da preservare.
Non solo tecnologia
In Sella l’intelligenza artificiale rafforza il ruolo pionieristico del Gruppo e al contempo opera sulla comprensione del fenomeno. Ma non è solo tecnologia. Perché la componente umana è essenziale. Ed è un tema di cultura, oltre che di tecnologie. Prestare attenzione ai segnali deboli che diventano decisioni forti. Oggi le previsioni vivono dentro modelli che apprendono, collegano dati eterogenei e restituiscono risposte in tempi reali. Non è più la domanda “se” adottare l’AI, ma “come” farla funzionare bene: misurabile, tracciabile, conforme. «Per realtà complesse e strutturate l’adozione dell’intelligenza artificiale non è solo una questione tecnologica, ma soprattutto organizzativa. È possibile dotarsi delle migliori competenze verticali tecniche, ma se l’organizzazione non ha chiaro come vuole evolvere e quali cambiamenti intende introdurre rispetto allo status quo, i benefici in termini di accelerazione dei processi e del lavoro saranno limitati. Per questo, il lavoro che stiamo facendo in Sella è a due facce: da un lato bottom-up, ricevendo quindi le richieste progettuali direttamente dalle aree e dai servizi, dall’altro top-down, cercando di indirizzare la trasformazione dall’alto soprattutto in alcuni ambiti di business», afferma Valerio Cicco, a capo dell’area AI all’interno del team Innovation. Sul fronte cliente, l’AI apre la strada a una iper-personalizzazione dell’esperienza digitale, un obiettivo che finora era estremamente complesso da raggiungere con tecnologie tradizionali. «Grazie alla possibilità di interagire in linguaggio naturale con la propria app, l’esperienza diventerà più semplice, intuitiva e vicina alle aspettative del cliente. Questo aspetto sarà cruciale, perché le aspettative dei clienti stanno evolvendo rapidamente: sono passati due anni dal boom di GPT in cui tutti abbiamo iniziato a familiarizzare con l’AI e, di conseguenza, il livello di servizio che ci aspettiamo da un’azienda di servizi crescerà in modo esponenziale. Le aziende che sapranno anticipare questo cambiamento avranno un vantaggio competitivo significativo», precisa Cicco.
Al centro il cliente
«L’intelligenza artificiale favorisce una crescita delle aree di business in un’ottica di attenzione al cliente perché aiuta davvero le aziende a crescere, soprattutto quando si mette al centro il cliente. Da diversi anni ormai, le soluzioni di AI – parlo in particolare di quelle che chiamiamo tradizionali – supportano tante aree di business, portando benefici concreti. Solo per dare un’idea, negli ultimi otto anni abbiamo sviluppato e gestiamo più di 80 modelli di AI che ci permettono, per esempio, di proteggere i clienti dalle frodi o di suggerire soluzioni personalizzate». Così racconta Federico Angaramo, responsabile del Competence Center dedicato all’intelligenza artificiale, il team di data scientist del gruppo Sella che si occupano di creare e mettere a punto i modelli e le soluzioni basate su AI. Per loro il compito principale è quello di sviluppare sistemi che siano solidi e affidabili, sempre seguendo un approccio rigoroso e rispettando gli standard di sviluppo di cui il Gruppo si è dotato. Ma in che modo viene implementata l'intelligenza artificiale all'interno dei vostri piani progettuali? «Il Competence Center AI supporta sia i progetti interni a Centrico che quelli delle altre società del Gruppo. Con le nostre competenze specialistiche sosteniamo i colleghi nei progetti che riguardano l’AI: prima di tutto analizziamo i dati a disposizione, successivamente individuiamo la metrica più adatta per verificare se un modello è davvero efficace e utile, a quel punto conduciamo una serie di esperimenti che vengono validati e successivamente messi a disposizione di chi ne ha necessità: può trattarsi di colleghi oppure di clienti», dice Angaramo.
Negli ultimi tempi l’arrivo dell’AI generativa ha dato una spinta ulteriore: oggi c’è stata una evoluzione negli strumenti di assistenza ai clienti e può essere la porta d’accesso ai servizi bancari del futuro. «Dalla mia esperienza, l’arrivo della generativa ha accelerato come mai prima d’ora la diffusione e la comprensione di queste tecnologie da parte di tutti. Tuttavia, credo che nei prossimi anni vedremo molti vantaggi concreti, sia per i clienti che per l’azienda, grazie all’integrazione naturale dei modelli di AI più tradizionali direttamente nei processi quotidiani. Uno degli ambiti più promettenti riguarda gli agenti, cioè sistemi intelligenti che possono lavorare insieme e collaborare sfruttando le funzionalità di reasoning dei LLM. La vera differenza la farà il modo in cui queste tecnologie verranno adottate: le aziende che sapranno integrare l’AI con rigore metodologico e attenzione nei propri processi avranno un grande vantaggio competitivo», conclude Angaramo.
L’avanzata degli agenti
«L’intelligenza artificiale fornisce un valido supporto per automatizzare attività, migliorare i prodotti e i servizi, renderli più personalizzati sul Cliente, dai tradizionali prodotti bancari come il credito o i pagamenti, ai processi di controllo di adeguatezza delle operazioni, per arrivare alla fondamentale cybersecurity». È quanto sostiene a Stefano Priola, che in Centrico è il responsabile della strategia tecnologica con particolare attenzione all’adozione dell'intelligenza artificiale. Qui l'intelligenza artificiale viene implementata partendo da piani strategici e progettuali. Insomma, metterci la testa, prima della tecnologia. «Essendo Centrico una azienda dedicata all’erogazione di servizi informatici, in primis il core banking utilizzato dalle banche del gruppo Sella, e del BPO (Business Process Outsourcing), l’AI viene adottata per ridurre i tempi e migliorare la qualità del nostro lavoro. Scendendo nel concreto, l’AI viene adottata nello sviluppo del software suggerendo linee di codice, fornendo documentazione e trovando errori o ottimizzazioni possibili sul codice esistente. Nell’ambito invece del BPO, fornisce un valido aiuto per automatizzare attività manuali e ripetitive, come l’estrazione dei dati da documenti o la riconciliazione di dati su più archivi», precisa Priola. E sul futuro le grandi potenzialità di adozione in tutti gli ambiti registreranno benefici concreti sia per i clienti che per le aziende del gruppo Sella. «I nostri piani strategici prevedono l’adozione di agenti AI che operino a contatto con i clienti, i dipendenti e direttamente sul sistema informatico; gli agenti AI, materia in studio nelle università da oltre trenta anni ma in fortissima crescita grazie all’avvento dell’AI generativa, sono componenti software in grado di interagire, autonomamente, nell’ambiente in cui operano, per raggiungere un obiettivo assegnato loro, dall’uomo. Per fare questo vengono addestrati dall’uomo fornendo loro la documentazione e gli esempi, come si farebbe per un nuovo assunto», dice Priola. Ma come facciamo a essere sicuri che non commettano errori? Priola ha una sua idea. «Proprio come si fa per i nuovi arrivati, è necessario un processo molto accurato di formazione, di test e verifiche ed infine di controllo completo sull’operato in modo da accorgersi immediatamente di eventuali errori ed intervenire, proprio come si farebbe per un nuovo collega. Questo approccio graduale e controllato serve per l’affidabilità e sicurezza tipici del nostro operato».
Nel futuro iper-personalizzate e fiducia
«L’intelligenza artificiale è una tecnologia avanzata, capace di analizzare grandi volumi di dati e generare insight in modo rapido e adattivo. Non è un fine, ma uno strumento: il suo valore emerge quando supporta la risposta ai bisogni reali del cliente. Per questo, il punto di partenza è sempre comprendere esigenze e obiettivi, così da integrare l’AI in modo mirato. Per un gruppo bancario questo rappresenta un cambio sostanziale: processi e servizi saranno ripensati in chiave data-driven e personalizzata, trasformando l’esperienza del cliente e la capacità di innovare. Il tutto deve avvenire nel rispetto di trasparenza e fiducia, elementi imprescindibili per consolidare la relazione con il cliente». È la tesi di partenza di Alessio Damonti. In fondo l'AI favorisce una crescita delle aree di business in un’ottica di estrema attenzione al cliente.
Di più, lo mette al centro per davvero. «Grazie alla capacità di analizzare comportamenti, preferenze e bisogni, permette di anticipare le aspettative e proporre soluzioni personalizzate, aumentando la soddisfazione e la fiducia. Questo non significa solo vendere di più, ma creare relazioni durature basate su valore e trasparenza.
Inoltre, l’AI consente di semplificare l’esperienza del cliente, riducendo tempi e complessità, e di offrire servizi proattivi che rispondono alle esigenze reali, non presunte. In questo modo, la crescita del business diventa una conseguenza naturale di una strategia orientata al cliente», dice Damonti.
Ma su cosa si lavorerà nel prossimo futuro con l'innesto dell’AI nelle organizzazioni? Tre sono le direttrici secondo Damonti: «Esperienze iper-personalizzate: l’AI consentirà di passare da prodotti standard a soluzioni su misura, anticipando bisogni e creando interazioni proattive. Processi intelligenti: automazione evoluta e analisi predittiva renderanno i flussi più agili, riducendo complessità e tempi, con un impatto diretto sulla qualità del servizio. Nuovi modelli di relazione: trasparenza e fiducia diventeranno centrali, con l’AI a supporto di una consulenza più empatica e basata su dati, soprattutto in settori come il bancario. In sintesi, il futuro non sarà solo tecnologico, ma customer-driven, dove l’AI è il motore per innovare senza perdere il valore umano».
I nuovi professionisti dell’AI
Pensare e fare tra macchine, bot, persone. Anche in questo caso per una data scientist il modello consulenziale è vincente: «L’AI è un mondo in evoluzione che ha visto un’enorme accelerazione negli ultimi mesi e anni. Sono quindi cambiati anche per noi del mestiere gli strumenti che abbiamo a disposizione per lavorare sui dati e rimanere al passo con le novità più recenti è fondamentale. Occorre pensare a soluzioni tech che tengano insieme AI e strumenti tradizionali. Sviluppiamo soluzioni di intelligenza artificiale per supportare le decisioni di business e risk management, migliorare i processi e l’esperienza dell’utente. Presidiamo tutto il ciclo di vita: dall’analisi dei dati alla messa in produzione dei risultati. Per noi consulenza significa supporto per trasformare le richieste di business in soluzioni tecnologiche che combinano AI e strumenti tradizionali. Facciamo consulenza anche attraverso la formazione e l’ideazione di applicazioni». Così racconta Alice Campigotto, trentenne data scientist nel Competence Center AI del gruppo Sella, in azienda da quattro anni. Il mondo nuovo basato sulle proposte dell’AI passa da questa nuova generazione di professionisti che elaborano soluzioni evolute. «Che si tratti di dati tabellari, numerici, testuali o immagini è da questi che gli algoritmi di AI imparano ed è fondamentale conoscerli e saperli maneggiare. Non a caso il mio lavoro è quello di data scientist, ossia scienziata dei dati. Nel mio caso non solo utilizzo l’AI, ma la sviluppo. Qui ci occupiamo di scrivere il codice per analizzare i dati e addestrate il modello di machine learning che impara da essi. Ci occupiamo anche di integrare soluzioni di terzi attraverso architetture studiate e dedicate». Ma la soddisfazione più grande nel lavoro? Campigotto non ha dubbi. «Fare formazione sull’AI: raccontare che c’è l’intelligenza artificiale, quali sono le intuizioni dietro al funzionamento dei principali algoritmi, allontanando l’idea che sia qualcosa di magico e infallibile e descrivendo invece come ci possa essere di supporto». Ancora una volta, anche parlando di tecnologie e volute e immersive, la partita si gioca con la cosa più preziosa da mettere al centro. La persona.