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Una bottiglia come memoria storica del tempo

Una bottiglia come memoria storica del tempo
Riccardo GIovannini, enologo e amministratore delegato di Tenute Sella

Tenute Sella è una delle realtà più antiche del gruppo Sella: tre secoli e mezzo di storia ininterrotta, un patrimonio viticolo unico e un’identità che la Famiglia Sella ha custodito con rigore e passione. Dal 2019, a guidare questo equilibrio tra passato e futuro è Riccardo Giovannini, enologo e amministratore delegato. Il suo percorso unisce competenze tecniche e visione manageriale, con una missione chiara: rendere attuale una tradizione storica senza snaturarla.

In questa intervista ci racconta come si custodisce un’eredità così importante, il lavoro dietro una bottiglia e la filosofia della nuova collezione “Lo Spirito del Tempo” (credits foto: Tenute Sella e Banca Patrimoni Sella & C.).

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Chi è Riccardo Giovannini? Qual è stato il tuo percorso prima di arrivare alle Tenute Sella?
Sono un enologo da sempre appassionato anche di gestione aziendale. Il mio percorso è iniziato con la formazione tecnica, che mi ha portato in diverse cantine italiane a confrontarmi con territori e stili produttivi molto diversi tra loro. Parallelamente, ho approfondito la dimensione manageriale con studi universitari dedicati al business e alla strategia, perché ho sempre creduto che un grande vino nasca dall’equilibrio tra competenza tecnica, visione imprenditoriale e rispetto del territorio.

Quando è nata la tua passione per il vino e quali sono state le tappe più significative della tua carriera?
La passione è nata sul campo, da giovanissimo, lavorando in vigna. Mi ha sempre affascinato il processo che trasforma l’uva in vino: tecnico, culturale, umano ed emozionale allo stesso tempo. Le tappe decisive sono state tre: le prime esperienze formative in cantina, la scelta di approfondire la gestione aziendale e, infine, l’ingresso a Tenute Sella, dove ho potuto unire completamente queste due anime.

Di cosa ti occupi oggi come amministratore delegato e winemaker?
Oggi guido l’azienda coordinando produzione, strategia commerciale, gestione finanziaria e sviluppo dei progetti futuri. Il mio impegno è mantenere salda l’identità storica di Tenute Sella, accompagnandola però in una crescita attuale, sostenibile e coerente con i valori originari.

Quali sono le principali sfide nella gestione di una realtà con oltre 350 anni di storia e come riesci a coniugare tradizione e innovazione?
La sfida più grande è proteggere la tradizione senza trasformarla in un limite. Gestire vigne storiche e stili consolidati richiede un equilibrio costante: conservare ciò che definisce la nostra identità e innovare ciò che permette di migliorarci. Il principio che mi guida è: innovo ciò che serve, preservo ciò che funziona. Miglioriamo processi, sostenibilità e precisione enologica, ma senza alterare la riconoscibilità del nostro stile. L’innovazione deve esaltare il territorio, non coprirlo.

Parlaci della collezione “Lo Spirito del Tempo.
La collezione nasce da un gesto di Venanzio Sella, che era solito annotare sulle bottiglie non solo i dettagli della vendemmia, ma anche ciò che accadeva nel mondo in quell’anno. Era il suo modo di ricordare che un vino non vive mai da solo, ma riflette sempre l’epoca in cui nasce. La collezione riprende proprio questo principio: trasformare ogni annata in una testimonianza del suo contesto. L’obiettivo è proprio quello di creare un dialogo tra vino e storia, scegliendo ogni anno un tema che ci aiuti a leggere il presente. Per il 2025 il tema è “Orizzonti”, un invito a guardare avanti con lucidità e apertura, interpretando le complessità del nostro momento. È così che proseguiamo lo spirito originario della collezione, legando ogni bottiglia al mondo che la circonda.

Che caratteristiche organolettiche rendono unici questi vini?
Sono vini fedeli allo stile di Tenute Sella: finezza, freschezza, mineralità e trasparenza espressiva. I suoli di origine vulcanica donano una spinta sapida e una verticalità distintiva. Non puntiamo sulla potenza: privilegiamo equilibrio, tannini sottili e un profilo aromatico pulito.

Come si cura un vigneto in un territorio così complesso come l’Alto Piemonte?
Con grande precisione. I nostri suoli porfirici e morenici, poveri di sostanza organica ma ricchi di mineralità, richiedono una gestione attenta e interventi agronomici calibrati. Il nostro obiettivo è far parlare il terroir senza forzarlo.

Quali pratiche adottate per garantire sostenibilità e qualità?
Per noi la sostenibilità è una scelta quotidiana: gestione attenta del vigneto, trattamenti ridotti e mirati, monitoraggio fenologico avanzato, riduzione dell’uso idrico, tutela della biodiversità. In cantina privilegiamo vinificazioni rispettose e tecniche che preservino l’integrità del frutto.

Come affrontate le sfide del cambiamento climatico?
Studiando e adattandoci. Modifichiamo i calendari vendemmiali, adottiamo tecniche agronomiche più leggere, lavoriamo sulla gestione della chioma e stiamo sviluppando sistemi di irrigazione di soccorso, mantenendo la vocazione del territorio alla freschezza.

Quali sono i tuoi obiettivi per i prossimi anni e come vedi il futuro del settore vinicolo nel Biellese?
In futuro vorrei consolidare la crescita dell’azienda lavorando su tre direttrici: qualità, posizionamento internazionale e sostenibilità. L’obiettivo è continuare a essere un punto di riferimento per l’Alto Piemonte e valorizzare pienamente il nostro patrimonio storico e paesaggistico. Le prospettive sono interessanti. Il Biellese, inserito nel più ampio contesto dell’Alto Piemonte, ha caratteristiche pedoclimatiche capaci di esprimere vini fini ed eleganti, molto richiesti dal mercato. La sfida è consolidare uno stile riconoscibile e valorizzare le peculiarità delle singole vigne. Il potenziale è significativo.

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