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Impariamo ad anticipare l'onda. Per vincere la scommessa del metaverso e contrastare l'obsolescenza umana

Impariamo ad anticipare l'onda. Solo così vinceremo la scommessa del metaverso e contrasteremo l'obsolescenza umana
(Miguel Candela / Anadolu Agency via Getty Images)
Stefano Azzalin
Stefano Azzalin

Ceo dpixel

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Da tempo sui social network circola la parola obsolescenza, soprattutto in merito alla tecnologia e ai prodotti consumer come gli smartphone e i personal computer o addirittura riferita alle automobili più recenti, che in realtà sono sempre più un software con la meccanica intorno. Questo particolare genere di obsolescenza, ovvero di perdita dell'efficienza e delle prestazioni iniziali, si dice possa essere programmata dall'uomo per massimizzare i profitti riducendo progressivamente le performance dei dispositivi e incentivarne la sostituzione. Ecco, l'obsolescenza conosciuta ai più è nulla rispetto ad un altro tipo di obsolescenza.

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L'obsolescenza umana consiste nella difficoltà dell'uomo - e quindi delle organizzazioni - di stare al passo con il cambio culturale e le nuove competenze che le innovazioni tecnologiche impongono

Quella che io chiamo obsolescenza umana e che consiste nella difficoltà dell'uomo - e quindi delle organizzazioni - di stare al passo con il cambio culturale e le nuove competenze che le innovazioni tecnologiche impongono. 

Sono convinto che nel futuro avremo a che fare col metaverso quotidianamente. Per la prima volta stiamo assistendo allo sviluppo di un ambiente in cui tutte le tecnologie degli ultimi anni trovano una palestra in cui cooperare per dare vita a qualcosa di mai visto prima

Sono quindi due le tipologie di obsolescenza e ben diverse tra loro perché la prima, quella tecnologica, presuppone un dominio della tecnologia, la seconda invece è causata da un mancato dominio dell'evoluzione tecnologica. Un esempio concreto è quello del metaverso, inteso genericamente come un ambiente virtuale ultra immersivo, multiforme, dove è possibile replicare quasi tutto della vita reale. Indipendentemente dal dibattito se sia o meno un mega-trend, sono convinto che nel futuro avremo a che fare col metaverso quotidianamente. L'ho visto succedere con Internet prima e poi con i cellulari che all'inizio permettevano solo di telefonare e salvare pochi numeri in rubrica: nessuno poteva immaginare la pervasività che avrebbero raggiunto in pochi anni nel mondo. Ora sta succedendo con il metaverso (leggi la notizia sul programma di accelerazione lanciato da Sella). È altamente probabile che per la prima volta stiamo assistendo allo sviluppo di un ambiente, seppur ancora sperimentale, in cui tutte le tecnologie degli ultimi anni trovano una palestra in cui cooperare per dare vita a qualcosa di mai visto prima.

In questo scenario le organizzazioni devono saper vedere grandi opportunità ed evolvere. Soprattutto questa volta le aziende non possono permettersi di aspettare l'onda per poi cavalcarla. Devono imparare ad anticiparla

Infatti per operare nel metaverso è richiesta esperienza di programmazione e grafica 3D derivante dal mondo del gaming o addirittura della cinematografia. Bisogna saperne di intelligenza artificiale, di cloud e di tecnologie distribuite, anche per gestire la marea esponenziale di dati che genera. È importante conoscere i sistemi per la creazione, la gestione e condivisione di asset nativi digitali o rappresentazioni di beni fisici, di criptovalute e blockchain, di token economy; di sistemi centralizzati e decentralizzati, anche in ambito finanziario e così via... Nasceranno su queste infrastrutture virtuali nuovi modelli di business che adesso non siamo neanche in grado di immaginare, nuove aziende che avranno vantaggi competitivi enormi rispetto a quelle tradizionali. Ecco come si sta realizzando l'obsolescenza umana. Aziende che negli ultimi anni hanno investito in persone, software, hardware e tecnologie per consolidare una visione e un piano industriale, di fronte ad un cambiamento radicale come il metaverso corrono il rischio di diventare quasi inesorabilmente non rilevanti, anzi obsolete. In men che non si dica eccola l'obsolescenza, quella vera, che mette in discussione tutto e tutti. E che non possiamo programmare perché non dominiamo appieno la tecnologia. 

 

Per questo è necessario farsi trovare pronti ed essere consapevoli che ci troviamo nuovamente di fronte a un salto tecnologico vertiginoso che plasmerà la società e ne modellerà i comportamenti. E in questo scenario le nostre organizzazioni devono saper vedere grandi opportunità ed evolvere. Soprattutto questa volta le aziende non possono permettersi di aspettare l'onda per poi cavalcarla. Devono imparare ad anticiparla. 

Occorre perciò cavalcare il cambiamento sin da subito, stimolare gli ecosistemi dell'innovazione con iniziative aperte e collettive e attivare delle "torri di controllo" sulle innovazioni emergenti. Per questo è necessario lavorare e investire nelle startup, osservare i capitali dei grandi fondi venture e comprendere meglio dove stanno allocando le risorse, collaborare in maniera aperta anche con chi è molto distante dal core business - penso, ad esempio, all'ambito culturale - e correre il rischio di avviare persino qualche progetto che magari non porterà ai risultati sperati, ma che di sicuro permetterà di creare terreno fertile per contrastare l'obsolescenza umana. Anche in questo modo avremo costituito un network di contatti fondamentale, sviluppato conoscenza e indirizzato le prossime strategie. In attesa della prossima onda.