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Il punto di Pierangelo Soldavini | Guardo o digito, ergo sum. La prospettiva rivoluzionaria di un'identità digitale integrata (europea)

Guardo o digito, ergo sum. La prospettiva rivoluzionaria di un'identità digitale integrata (europea)
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Pierangelo Soldavini
Pierangelo Soldavini

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Questa è la quarta puntata della nuova rubrica mensile Insights - Il punto di Pierangelo Soldavini. Qui leggerai un'analisi a firma del noto giornalista italiano esperto di economia e innovazione. Da trent'anni Soldavini scrive sul Sole24Ore ed è considerato un riferimento sui temi legati al mondo bancario. Perché abbiamo bisogno di comprendere le sfide contemporanee che attraversano i nostri mercati. Perché abbiamo necessità di individuare bussole che ci orientano in questo tempo incerto. Perché abbiamo urgenza di decriptare la complessità, provando a comprenderne il senso. Rileggi le precedenti puntate dedicate a tech-company, intelligenza artificiale e super-app. E buona lettura con la nuova puntata!

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Fin dagli albori della sua prima startup di geolocalizzazione, l'obiettivo di Sam Altman - informatico e imprenditore statunitense, tra i co-fondatori nonché attuale CEO di OpenAI e in precedenza presidente del più noto acceleratore al mondo Y Combinator - è stato quello di migliorare e semplificare la vita delle persone. Che poi dovrebbe essere l'obiettivo di qualsiasi innovatore. Sam lo fa in grande stile, con soluzioni rivoluzionarie che promettono trasformazioni epocali, ma anche con provocazioni che mettono in discussione le frontiere dell'etica ai tempi del digitale. Sam è balzato agli onori delle cronache globali lo scorso novembre quando ha lanciato ChatGpt, lo strumento che ha fatto uscire l'intelligenza artificiale dalla nicchia dei tecnologi mettendola a portata del grande pubblico, con tutte le ricadute di una tecnologia che promette una trasformazione radicale del futuro, ma che fa anche molta paura.

È invece passata quasi inosservata - ma non per gli addetti ai lavori - la nuova provocazione lanciata dal giovane innovatore a stelle e strisce: una sfera a forma di bulbo oculare che vuole discernere l'umano dall'intelligenza artificiale, nata con l'ambizione di restituire alle persone un'identità, quella che viene indicata come "proof of personhood", e redistribuire la ricchezza globale attraverso una criptovaluta. Quella di Worldcoin, che già dal brand svela la sua ambizione di moneta globale, è un'avventura che nelle intenzioni di Altman mira a redistribuire i profitti derivanti dalla rivoluzione dell'intelligenza artificiale in modo che l'intera umanità ne possa godere. Si tratta di un progetto che, in estrema sintesi, mira a fornire a ciascuno dei quasi otto miliardi di abitanti del pianeta un'identità certificata aprendo all'inclusione dal punto di vista economico. In buona sostanza il progetto si basa sulla creazione di un sistema di identità globale, WorldID, basato sul riconoscimento biometrico dell'iride individuale: già un paio di milioni di persone si sono sottoposti alla scannerizzazione dell'occhio con l'apposita sfera, ricevendo in cambio la criptovaluta: Wld funzionerà da utility token del sistema, fornendo anche lo strumento per un ipotetico reddito universale futuro. Lo scetticismo legato al progetto è testimoniato dalla prudenza degli investitori che non ha permesso alla criptovaluta neanche l'ingresso tra le prime cento per capitalizzazione. Ma soprattutto dalle critiche per come sono stati raccolti i dati biometrici e dai forti timori per il rispetto della privacy di un piano di identità digitale gestito da un privato: una visione distopica che rischia di trasformarsi in un incubo! A tranquillizzare non sono bastate le magliette con la scritta "Umano unico" utilizzate al lancio del progetto.

Eppure Worldcoin porta alla ribalta un tema, quello dell'identità digitale, destinato a diventare di prioritaria rilevanza per governi e privati in tutto il mondo. Lo ha dimostrato il periodo dell'emergenza epidemica, quando l'identificazione digitale univoca e certificata è diventata la chiave per accedere in maniera semplice e sicura ai servizi essenziali, a partire proprio da quelli sanitari. Basti pensare all'adesione a Spid, che oggi conta quasi 36 milioni di utenti, sei volte tanto quei 5,7 milioni del gennaio 2020, alla vigilia del lockdown. Tanto che oggi l'Italia si posiziona in prima linea a livello europeo per adozione dell'identità digitale. Lo stesso Spid era nato come snodo che avrebbe potuto integrarsi con servizi privati: proprio questo era l'auspicio dei provider di identità digitale, che si è scontrato però con una realtà ben diversa. Ma l'espansione delle identità nazionali in tutti i Paesi ha dato il via a un'evoluzione a livello europeo verso un concetto di wallet adatto ad aprire la strada all'integrazione dell'identità digitale con altri servizi pubblici, ma anche con progetti privati, a partire da quelli di uso più comune. Non possiamo nascondere che i servizi finanziari possano essere candidati prioritari a beneficiare di uno strumento unico e interoperabile, tanto più se transnazionale. Il governo italiano si è messo in moto per anticipare i progetti continentali. Ma intanto il regolamento europeo eIDas nella sua bozza delinea uno strumento come lo European Digital Identity Wallet fissando parametri su cui convergere e limiti entro cui muoversi per dotarsi di un mezzo di semplificazione per Pubblica Amministrazione, aziende e singoli cittadini. PagoPA ha indicato che "il portafoglio di identità digitale europea (Digital Wallet) offrirà ai cittadini e alle imprese un sistema semplice, affidabile e sicuro per identificarsi online e condividere una moltitudine di attributi e certificati, come ad esempio la patente di guida, il diploma o gli estremi del proprio conto bancario, con fornitori di servizi privati e pubblici". Abbiamo già visto con la Psd2 come la semplice apertura dei dati bancari a terze parti abbia rivoluzionato il modo di proporre e pensare i servizi finanziari. Ora la prospettiva di avere i dati delle persone unificati in un singolo wallet, con la possibilità per i singoli di decidere con chi condividere quelle informazioni, apre scenari decisamente promettenti in termini di semplificazione e di innovazione.

Non è un caso quindi che i colossi di Big Tech si stiano già muovendo in questa direzione, adattando i loro strumento attuali ai nuovi scenari. I sistemi nazionali di identità digitali non saranno sostituiti, ma dovranno integrarsi all'interno di un nuovo quadro regolamentare che lascia intravedere una interoperabilità con sinergie che superino i confini nazionali e le barriere tra diversi settori, integrando servizi e applicazioni diverse e aprendo a nuovi attori. Non si può perdere un'opportunità da sfruttare appieno. C'è chi è già pronto. Anche lasciando da parte progetti fin troppo visionari come il Worldcoin di Altman, Google ha trasformato Google Pay in Google Wallet, con un'evoluzione che non è solo un cambio di etichetta. Apple si prepara a fare lo stesso. Come sistema Italia e come aziende non ci si può permettere di essere presi in contropiede. E saper capitalizzare l'esperienza di questi ultimi anni: non serve la "proof of parenthood", ma neanche una eccessiva presunzione nazionale.

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