Il punto di Pierangelo Soldavini. Non solo tecnologia. Vi racconto perché una tech company parte dalla cultura
Se le banche sono diventate o ambiscono a diventare tech company, vuol dire che davvero il mondo dei servizi finanziari sta cambiando volto, puntando ad andare oltre la mera trasformazione tecnologica. Velocemente. In queste settimane è stata la volta di Intesa Sanpaolo, con il lancio della sua nuova app. Ma gli esempi di banche digitali non mancano: ci sono le neobank internazionali giunte anche in Italia con la loro offerta, Revolut e N26 tanto per non fare nomi, ma anche diversi esempi di eccellenza italiani a partire da Hype, nata e cresciuta nell'ambito dell'innovazione del gruppo Sella. Finora erano considerati modelli visionari che aprivano una strada impervia e nuova, in continuità con un mondo tradizionale fatto di filiali ormai in via di progressiva evoluzione con quella trasposizione in app che finivano per riprodurre nel mondo digitale il modello della banca tradizionale. Ora questa fase rappresenta una svolta, riconoscendo di fatto che quelli che fino a ieri erano considerati modelli visionari e un po' utopici ora sono diventati la base del nuovo paradigma competitivo del mondo dei servizi finanziari. Le banche tradizionali non lo riconosceranno mai, ma ora sono costrette a rincorrere: il segnale sancisce comunque l'avvio di una nuova era, peraltro già evidente dalla scommessa tecnologica avviata dai colossi europei, a partire da quelli spagnoli, come spesso in passato i più attivi.
La velocità del cambio di passo rappresenta un'ammissione dell'urgenza di un cambiamento non più procrastinabile. L'obiettivo, senza mezzi termini, è allineare la banca al fintech in una sorta di "fintechizzazione" della banca, con un implicito riconoscimento che la strategia fintech rappresenta la strada ideale per intercettare le nuove esigenze di banca da parte degli utenti. Inutile dire se abbia vinto o meno l'innovazione: il dato di fatto è che la banca tradizionale deve cambiare la propria strategia. Ma non deve limitarsi a un semplice cambio di facciata. Questo deve essere chiaro. La promessa del fintech è quella di mettere a punto servizi che facciano breccia sulla base della velocità e della semplicità, di una user experience senza frizioni, lineare e tutta digitale, in grado di coniugare la fluidità dei servizi digitali a cui siamo tutti ormai abituati con la sicurezza di cui ha bisogno il mondo che ruota attorno al denaro. Il saper sciogliere la complessità del mondo finanziario diventa fondamentale per conquistare il nuovo pubblico.
Se semplicità e velocità rappresentano i nuovi paradigmi, non basta dire di essere una tech company o investire in tecnologia per compiere la trasformazione. Certo competenze e soluzioni sono fondamentali. Senza persone con le skill adeguate per ricostruire processi rifatti da zero con una logica nuova non si va da nessuna parte. E senza scelte tecnologiche imprescindibili come la conversione al cloud, che garantisce capacità computazionale e rielaborazione dell'enorme valore derivante dai dati degli utenti, la strada appare impervia. Ma prima di tutto è cruciale una cultura vera da tech company, che sappia contaminare tutte le divisioni aziendali e ispirare le scelte strategiche. Dal C-level al management intermedio ai livelli più bassi, tutti devono essere coinvolti in un approccio di open innovation in grado di garantire un processo frictionless per il cliente: tutti sono chiamati a fare la loro parte, perché è il dettaglio a fare la differenza. Partendo infatti dalla consapevolezza condivisa che è sufficiente una semplice difficoltà lungo il percorso per perdere l'utente, non solo per quel singolo servizio, ma con ogni probabilità per sempre. Big Tech è il modello di questa nuova cultura, in grado di curare ogni minimo dettaglio per esaudire il cliente, sapendo che qualsiasi minimo ostacolo diventa un pretesto per l'abbandono.
Ogni operatore di servizi finanziari deve quindi poter costruire un'offerta completa in grado di soddisfare ogni esigenza dell'utente, garantendo quei criteri di semplicità e velocità che sono fondamentali. E per fare questo devono essere in grado di agire con competenza e tempestività, sfruttando l'enorme valore dei dati per intercettare l'esigenza di servizi finanziari laddove emerge. Se è scontato che oggi le persone non vanno più in filiale per avere quello di cui hanno bisogno, deve essere la banca ad avvicinarsi alle persone per soddisfarne i bisogni appena emergono. Ben sapendo che in questo percorso al contrario ogni ostacolo può diventare un pretesto per la perdita del cliente. E che ogni cliente perso o insoddisfatto può trasformarsi in un danno reputazionale che va oltre il singolo utente.
Una tech company non si inventa dall'oggi al domani, ma la vera trasformazione è culturale: la tecnologia non basta! Per questo chi ha già sviluppato una cultura di innovazione in questo senso deve sapere sfruttare il vantaggio competitivo per guardare avanti, anche a dispetto dei concorrenti e degli investimenti: la cura della persona e l'esperienza senza frizioni sono i veri paradigmi della sfida tecnologica.