Quando i pagamenti passavano dai miniassegni
I miniassegni furono un fenomeno tutto italiano, come venne definito in patria e dagli osservatori internazionali, che univa creatività e fantasia a velocità decisionale, e che assunse dimensioni inaspettate rispetto alle intenzioni puramente funzionali e pratiche che ne determinarono la nascita.
di Fabrizio Gremmo*
Oggigiorno qualsiasi tipo di spesa, anche la più piccola, può essere fatta in digitale: carte di pagamento e app integrate nel nostro smartphone o in altri device indossabili come gli smartwatch ci permettono ormai di fare acquisti senza usare denaro contante, evitandoci in alcune occasioni di ricevere come resto troppe monete. Oltretutto, come emerge anche dal Rapporto Consob 2021 su 'L'approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane' (leggi l'articolo), sta aumentando sempre più l'utilizzo dei canali online dei servizi bancari da parte dei cittadini che, grazie anche alla collaborazione tra fintech, banche, imprese e startup, possono avere a disposizione funzionalità e strumenti sempre più innovativi (leggi l'articolo sull'indagine "Come il paradigma "open" sta trasformando gli ecosistemi finanziari" promossa da Fabrick insieme a illimity e a The European House - Ambrosetti).
Il mondo dei pagamenti, del resto, è sempre stato uno dei settori in cui inventiva e tecnologie hanno contribuito a dare vita a soluzioni innovative, a volte anche curiose, per rispondere alle esigenze specifiche dei tempi. Ve ne raccontiamo qui un esempio. Negli anni Settanta, per sostituire le monete metalliche che ormai da tempo avevano cominciato a scarseggiare, venne introdotto un innovativo sistema di pagamento. Erano i miniassegni, cioè assegni bancari o circolari, di piccolo importo e a taglio fisso, creati dalle banche per sostituire le monete. Fu un fenomeno tutto italiano, come venne definito in patria e dagli osservatori internazionali, che univa creatività e fantasia a velocità decisionale, e che assunse dimensioni inaspettate rispetto alle intenzioni puramente funzionali e pratiche che ne determinarono la nascita. E Banca Sella fu la prima banca in Italia ad adottare un'iniziativa di servizio per favorire i clienti esercenti di attività commerciali, messi in grave difficoltà nel non poter dare il resto a causa della penuria di monete. Ma andiamo per ordine.
La necessità di sopperire alla mancanza di denaro circolante si era già verificata altre volte in Italia nel corso del Novecento, in particolare verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando si determinò una forte carenza di biglietti di banca, soprattutto dei tagli da 50 e da 100 lire, che erano i più utilizzati da parte delle industrie del Nord per formare le paghe agli operai. Anche allora le banche emisero assegni per sopperire a tale mancanza. La Banca Gaudenzio Sella & C. strinse un accordo con la Cassa di Risparmio di Biella per aprire reciprocamente un apposito "Conto Emissione Assegni" così da emettere assegni bancari 'per pagamento stipendi e paghe operaie' a tagli fissi, tratti sulle rispettive casse.
Non vi fu negozio, commerciante o ditta che non volesse propri miniassegni, personalizzati con logo e firma, sfruttando il fenomeno come veicolo sicuro di pubblicità a largo raggio. In Banca Sella cominciarono infatti ad arrivare richieste di apertura conti da esercizi commerciali di Milano, Piacenza, Ferrara, i quali volevano i propri miniassegni personalizzati.
Nel 1965-1966 sparirono dalla circolazione, a causa di un fenomeno di tesaurizzazione, le monete da 500 lire d'argento. Poiché non si era ancora provveduto a stampare un biglietto di Stato di quest'importo, alcune banche emisero assegni per lire 500, ma il fenomeno fu limitato e circoscritto.
Fu quindi a metà circa degli anni Settanta che in Italia si verificò una generale scarsità di moneta circolante. La causa del fenomeno può essere ricondotta alla congiuntura economica molto difficile, con conseguente inflazione galoppante e crollo del valore della lira. L'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato aveva pertanto avviato la produzione di grandi quantità di banconote, trascurando la coniazione di monete metalliche. Ma la spiegazione razionale, forse troppo semplice, non soddisfaceva tutti, e infatti si diffusero teorie relative all'utilizzo, da parte di produttori italiani o esteri, delle monete metalliche, soprattutto da 100 lire, come economica materia prima per la fabbricazione delle casse per orologi da polso.
Insomma, in un mondo ove la moneta elettronica era al di là dall'essere immaginata, la mancanza di monete metalliche circolanti creò situazioni paradossali: nelle vendite al dettaglio vi fu una sorta di ritorno al baratto; i commercianti utilizzavano come resto caramelle, cioccolatini, biscotti, francobolli, cerotti, gettoni telefonici, e così via, ricorrendo alla minuteria disponibile secondo il rispettivo settore commerciale. Ma vi erano anche esercenti che non avevano tale disponibilità. A Biella un cliente Banca Sella, titolare di una sala cinematografica in città, era disperato perché il biglietto per accedere alla proiezione costava 700 lire e tutti gli spettatori si presentavano alla cassa con biglietti da 1.000 lire. Il cliente chiese aiuto alla sua banca che, vista la sua necessità e l'oggettiva difficoltà del caso, considerò il da farsi. L'unica soluzione possibile era di produrre assegni bancari per l'importo del resto. Il cliente porse i più caldi ringraziamenti e richiese di poter avere, al più presto possibile, 1.000 assegni da 300 lire a valere sul proprio conto corrente. Fu così che Banca Sella nel novembre del 1974, realizzando una piccola e rapida variante alla procedura assegni-paga gestita dal proprio CED, produsse assegni bancari del taglio desiderato. Nacque così, grazie a un'iniziativa di servizio al cliente, quello che venne chiamato internamente "assegnino", e che negli anni successivi fu poi ribattezzato il "Banca Sella Lungo" da parte dei collezionisti. L'assegno infatti, se pur da 300 lire, conservava ancora il formato standard degli assegni bancari.
Questi "assegnini" dati in resto a una moltitudine di spettatori cominciarono così a circolare e, poiché costituivano una concreta soluzione al problema delle monetine mancanti, innescarono nuove richieste da parte di altri esercizi commerciali, sempre più numerosi, tanto da indurre Banca Sella a organizzare un iter procedurale per far fronte alla domanda. Macellerie, alimentari, distributori, gelaterie, società sportive, casalinghi, tabaccherie, edicole e molti altri esercenti di ogni settore commerciale si rivolsero a Banca Sella per avere gli "assegnini" per gli importi più richiesti di lire 150, 200, 250, 300, 400 lire, ma talvolta anche per importi speciali di lire 215 e 235.
A ottobre 1975 il numero degli "assegnini" emessi da Banca Sella era di circa 150 mila unità, per un importo complessivo di oltre 30 milioni di lire. La banca fece pubblicare sul giornale un annuncio per precisare che gli assegni (che i clienti traggono sulla banca per sopperire alla carenza di circolante) "sono pagati anche dopo il termine di 6 mesi dalla data di emissione, in conformità alle disposizioni in vigore".
Fin qui si trattava ancor sempre di assegni lunghi, nel formato standard previsto per gli assegni bancari. Fu l'Istituto Bancario San Paolo di Torino a emettere i primi assegni di formato ridotto, i miniassegni appunto, il 10 dicembre 1975, inaugurando la serie con un pezzo da 100 lire all'ordine dell'Associazione Commercianti di Torino. Anche Banca Sella adeguò i propri "assegnini" al nuovo formato e il 9 febbraio 1976 avviò l'emissione dei propri miniassegni all'ordine dell'Associazione Commercianti del Biellese, totalmente compilati a stampa, dapprima affiancando e poi sostituendo la produzione dei "Banca Sella Lunghi".
Nei mesi di febbraio e marzo 1976 il fenomeno dei miniassegni si diffuse in tutta Italia, assumendo connotati che andavano oltre il semplice livello di servizio, a cominciare da aspetti di marketing spicciolo. Non vi fu negozio, commerciante o ditta che non volesse propri miniassegni, personalizzati con logo e firma, sfruttando il fenomeno come veicolo sicuro di pubblicità a largo raggio. In Banca Sella cominciarono infatti ad arrivare richieste di apertura conti da esercizi commerciali di Milano, Piacenza, Ferrara, i quali volevano i propri miniassegni personalizzati. Talvolta era la banca stessa a disegnare su richiesta un logo per il nuovo cliente (ad esempio un Napoleone stilizzato con la mano nel panciotto, per il bar Napoleone, appunto).
Scoppiò nel frattempo il fenomeno del collezionismo dei miniassegni, che coinvolse anche gli stessi esercenti. Come racconta la rivista Eva Express del 27 gennaio 1977 «Adesso i tabacchini, i giornalai, gli alimentaristi, vengono guardati con sospetto: il collezionista, che solo qualche mese fa si riforniva da loro con facilità, ora vede in loro potenziali concorrenti. E nasce il fenomeno dello scambio, della compravendita: fioriscono i favoritismi, si fa avanti persino la borsa nera. Vengono affibbiati anche nomi di convenienza: basta dire "il levi", "il Sella Lungo", "l'Ascom", "il Sella Corto", "il Salento" e il collezionista, ferratissimo ormai su tipi ed emissioni rari, capisce al volo». Tuttavia, affiancato al fenomeno del collezionismo, apparve anche quello della falsificazione. In quegli anni rimbalzarono sui giornali alcuni casi di arresto per produzione di miniassegni falsi.
Ogni fenomeno giunge prima o poi a conclusione. Il 12 aprile 1976, a seguito di una sentenza del Magistrato di Perugia i miniassegni furono dichiarati illegali e passibili di sequestro, creando una prima grossa crisi nel sistema. Tuttavia una nuova sentenza del giugno 1976 emessa da un magistrato di Milano, ottenuta grazie alla reazione delle banche, ordinò l'archiviazione del precedente provvedimento. Nel frattempo però, presumibilmente anche per merito degli stessi miniassegni, la moneta stava ritornando in circolazione in quantità adeguata. In Italia i miniassegni continuarono a essere emessi fino al 1978, quando il Ministero delle Finanze riuscirà a ristabilire l'equilibrio perduto tra domanda ed offerta della moneta circolante. Tra il 1975 e quello stesso 1978, secondo le stime, ne erano stati stampati per un ammontare di circa 200 miliardi di lire. Banca Sella da parte sua ne interruppe l'emissione sin dalla metà di aprile del 1977, concludendo un servizio nato con fantasia e velocità come risposta concreta alle esigenze di un cliente.
* Archivio Storico gruppo Sella