Previdenza. Il grande paradosso italiano: alta preoccupazione, poca azione. Mario Romano: «Formazione, chiarezza e vicinanza: ecco la svolta»
Comprendere come gli italiani guardino al proprio futuro è il primo passo per costruire strumenti capaci di rispondere davvero alle loro necessità. I dati della ricerca sulla Previdenza Sostenibile degli Italiani di Sella SGR mostrano un Paese che desidera stabilità e sicurezza, ma che spesso fatica a trasformare questa aspirazione in scelte previdenziali concrete. Una distanza che si accentua quando si osservano segmenti specifici della popolazione, come le donne, più esposte a discontinuità lavorativa e fragilità economiche previdenziali.
Ne parliamo con Mario Romano, Amministratore Delegato di Sella SGR, che ci accompagna in una lettura approfondita dei risultati della ricerca, evidenziando le leve fondamentali per colmare il divario tra consapevolezza e azione: una consulenza più formata e competente, una comunicazione più chiara e accessibile, e una maggiore vicinanza alle persone e ai loro bisogni reali. Una prospettiva che invita a ripensare il ruolo dell’industria nell’accompagnare gli italiani verso un percorso previdenziale più solido, sostenibile e orientato al lungo periodo.
Dottor Romano, partiamo da bisogni e aspettative: che cosa vogliono gli italiani dal proprio futuro?
Dalla ricerca emerge un’Italia che, nonostante le incertezze, guarda al futuro con un certo ottimismo. Il 61% degli intervistati si sente in grado di realizzare i propri progetti, ma si tratta di un ottimismo prudente, legato soprattutto al desiderio di stabilità. Il progetto più citato è infatti accumulare risparmi per garantirsi una maggiore sicurezza economica: metà del campione indica questo come priorità. E la principale preoccupazione riguarda esattamente lo stesso tema, cioè la capacità di mettere da parte risorse per un futuro sereno. Anche sul fronte lavorativo emerge un forte bisogno di continuità: il 63% preferisce rimanere nel proprio contesto professionale piuttosto che puntare su percorsi di carriera o formazione. È un’Italia che cerca certezze, equilibrio, protezione. Ed è proprio per questo che parlare di previdenza oggi è fondamentale: perché aiuta a dare forma concreta a questa idea di stabilità nel lungo periodo.»
Quando si entra più nello specifico di futuro previdenziale, cosa emerge?
È qui che la fotografia cambia. La preoccupazione è altissima: l’83% è preoccupato per il proprio futuro previdenziale. Ma a questa preoccupazione non corrisponde un comportamento adeguato. Solo una persona su quattro ha una forma di previdenza integrativa, e meno del 10% conosce davvero la propria posizione previdenziale. Questo è un elemento chiave: le persone sentono il problema, ma non hanno gli strumenti o la consapevolezza per affrontarlo. La buona notizia è che c’è una grande apertura a farsi consigliare: quasi il 70% degli italiani sarebbe interessato a una consulenza personalizzata. Questo per noi è un segnale molto forte: significa che il bisogno c’è, ma serve qualcuno che lo intercetti e lo accompagni.
Colpisce questo contrasto tra preoccupazione altissima e totale inazione. Perché, secondo lei, gli italiani sono così passivi?
È un tema culturale prima ancora che finanziario. In Italia esiste una vera e propria pigrizia finanziaria: tendiamo a rimandare le decisioni complesse e fatichiamo a pianificare il lungo periodo. Ma c’è un elemento strutturale che pesa ancora di più: il nostro gap protezionale. Siamo uno dei Paesi europei con meno coperture assicurative e questo porta molte persone a fare “autoprotezione” tenendo liquidità sui conti per far fronte agli imprevisti. È una forma di sicurezza, ma limita gli investimenti e rende più difficile destinare risorse alla previdenza. A questo si aggiunge un affidamento storico all’INPS e, per molte famiglie, la reale difficoltà di accantonare somme regolari. Il risultato è un paradosso: grande consapevolezza del rischio, ma poca azione. Ed è qui che dobbiamo intervenire noi, aiutando le persone a trasformare la preoccupazione in scelte concrete e sostenibili
I dati peggiorano se si vanno a esplorare alcuni segmenti specifici, a partire dalla popolazione femminile…
Esatto. La ricerca evidenzia con grande chiarezza che il divario previdenziale è più marcato proprio tra le donne. Le ragioni sono note: carriere più discontinue, redditi mediamente più bassi, periodi di non lavoro più frequenti. Tutti elementi che, messi insieme, producono un percorso previdenziale più fragile.
Le donne, infatti, risultano più preoccupate della media, ma anche meno informate e meno attive. Molte non hanno idea dell’importo che percepiranno e un numero significativo non ha ancora avviato alcuna forma di integrazione.
Quali leve ha oggi l’industria degli investimenti per ridurre i gap emersi dalla ricerca e accompagnare gli italiani in un percorso previdenziale più solido e consapevole?
Il punto di partenza è semplice: dobbiamo mettere le persone nelle condizioni di capire e decidere. Il primo passo, da parte nostra, è formare le reti: colleghi di filiale, consulenti, private banker, tutti devono essere in grado di spiegare la previdenza in maniera semplice, concreta e coerente. La ricerca ci dice che gli italiani si aspettano questo da noi, ed è un impegno che ci assumiamo ogni giorno.
Il secondo è migliorare la comunicazione: la previdenza è complessa, ma non deve sembrare incomprensibile. Serve un linguaggio più chiaro e strumenti che parlino a pubblici diversi, dal giovane appena entrato nel mondo del lavoro al professionista vicino al pensionamento.
Il terzo è innovare i prodotti. La longevity sta cambiando tutto: vivremo più a lungo, e questo richiede soluzioni più flessibili, life-cycle più moderni, e una maggiore attenzione alla fase iniziale della pensione, che è quella in cui il reddito cala bruscamente. Stiamo lavorando proprio in questa direzione. Infine, dobbiamo essere proattivi: essere in grado di intercettare dubbi, incertezze e bisogni reali per riuscire a offrire una consulenza personalizzata. Se riusciamo a fare questo — competenza, chiarezza, innovazione e vicinanza — allora possiamo davvero aiutare gli italiani a trasformare la preoccupazione in un percorso sostenibile per il loro futuro.