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Luigi e la passione per il teatro. "Sul palco mi metto in gioco per ricreare le vite degli altri"

Luigi e la passione per il teatro.
Luigi Mosca

Luigi Mosca, per tutti Gigi, è stato testimone dell'evoluzione degli ultimi quarant'anni del nostro Gruppo. Dal 1983, quando mise piede per la prima volta negli uffici della segreteria legale di Banca Sella, ha maturato molte esperienze che lo hanno portato nel 2014 ad occuparsi di ciò che qualche anno dopo sarebbe diventato l'Ufficio Storico di Banca Sella Holding, dove tuttora è impegnato. Ma Gigi è noto anche per la sua grande passione per il teatro. Figlio d'arte, (sua madre era una concertista di fama internazionale) respira cultura fin da bambino: studia musica, pratica danza moderna che, ironicamente, abbina al rugby. Finché comincia a calcare il palcoscenico del teatro: una folgorazione, la nascita di una passione che diventerà parte integrante della sua vita. 

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Gigi, ricordi la prima volta che sei salito su un palco?  
Indimenticabile. Avrò avuto dieci o dodici anni. Un amico di famiglia attore, oggi affermato professionista, cercava un ragazzino per una particina in un suo spettacolo. Accettai, per gioco, ma quando mi ritrovai sulle tavole del palcoscenico tutto cambiò: quel profumo di legno che sapeva di polvere antica, gli occhi delle persone che mi fissavano, il mondo segreto che prendeva vita dietro le quinte, il sipario rosso. Provo ancora a pelle le sensazioni fisiche di quell'esperienza.

Cosa ti ha affascinato in particolare del teatro? 
Ogni bambino quando gioca vuole essere qualcun altro: col teatro continui a giocare anche da adulto, ma in modo più elaborato. Non basta la coroncina per essere un re, devi dargli voce, energia, anima, renderlo credibile. Il teatro è comunicare allo stato puro. Quando approdai al teatro ci vidi un gioco serissimo, con potenzialità espressive enormi. Fu naturale frequentare corsi e andare agli spettacoli ma, soprattutto, mi appassionò la scoperta di ciò che c'è dietro ad una rappresentazione scenica: i testi, gli autori, il lavoro tecnico, la ricerca, lo studio e un pubblico col quale occorre stabilire un contatto profondo, per certi versi fisico.

Quali sono state le esperienze più belle che hai vissuto durante la tua carriera teatrale? 
Tantissime. Ma forse l'esperienza più coinvolgente risale al 2010, quando avevo deciso di prendere in gestione un teatro, l'Erios di Vigliano Biellese. Il contratto partiva dalle 00.00 del 1° gennaio: non potei resistere, ero ad una festa, quasi non brindai, corsi in teatro, accesi tutte le luci sul palco e vi misi una sedia nel mezzo e in quel teatro vuoto e silenzioso di cui solo io avevo le chiavi, mi accesi una sigaretta che fumai lentamente seguendo i fili di fumo che sotto i riflettori diventavano damascature nell'aria, un sogno realizzato. Restai così almeno un'ora lì, a immaginare le mille cose che avrei potuto realizzare, ma questa è un'altra storia.

Ti è mai capitato di rimanere "senza parole" davanti al pubblico? 
Certo, come ad ogni attore: ed è tremenda quella sensazione di freddo unito al morso bruciante alla base della nuca. Ma una delle prime cose che impara l'attore è che lo spettacolo non si ferma, accada quel che accada. Occorre trovare la capacità di reagire e improvvisare per rimettersi in carreggiata. Si è in tanti su un palco, un tuo errore non può comportare l'insuccesso di tutti per cui è importante mantenere la lucidità, improvvisare e aver chiaro il proprio obiettivo.

Qual è il segreto di un bravo attore?
Il teatro può essere anche solo un passatempo. Credo però che "sentirsi" un attore significhi capire che dietro ad ogni espressione umana, anche piccola, ci sono ragioni, motivazioni, vite vere. L'abilità di un attore è proprio provare a ricostruire questa complessità per rendere un personaggio credibile e comprensibile agli altri, renderlo una persona. Il bello del teatro è anche questo: spesso il personaggio è nudo, devi rivestirlo tu, studiandolo. E questo credo serva anche nella vita reale: provare, riprovare, sperimentare finché riesci a migliorare. Quando vai in scena, hai solo un'ora e vieni giudicato per il risultato che hai saputo raggiungere. Poi certo, il talento, le capacità, le attitudini fanno sempre la differenza.

È più facile far ridere o far piangere?
A differenza di quanto si pensi è enormemente più difficile far ridere. Attenzione, diventare "ridicoli" è facilissimo e suscita sempre la risata, ma saper far ridere intelligentemente, usando i giusti tempi comici, misura, gestualità adeguata è un risultato non da tutti e comporta un grande lavoro.  Non voglio apparire snob: la farsa, il teatro leggerissimo, rispondono alle aspettative di tanti ed è sempre da ammirare chi riesce a "portare in scena" un lavoro, e offrire un paio d'ore di sana allegria al pubblico.       

A tuo avviso, quali sono i benefici del fare teatro?
Tantissimi. Il teatro aiuta a conoscersi, ci spinge a superare i nostri limiti e ci insegna a lavorare in squadra per raggiungere un unico obiettivo, che il pubblico se ne vada soddisfatto.

Essere o non essere?
Bella domanda! Io l'ho sempre interpretata come una scelta fra "accontentarsi di non essere o rischiare per essere se stessi". Forse la valutazione la si può dare solo a posteriori, tirando un bilancio, ma personalmente credo sia giusto rischiare sempre e provare ad essere.