La vita da DJ di Ferdinando: "Da dietro alla consolle faccio divertire le persone"
Originario della provincia di Caserta, Ferdinando Visone si laurea in ingegneria informatica a Napoli per poi tuffarsi nel mondo del lavoro: diverse esperienze in grandi società del settore finanziario che lo portano a lavorare a Roma, Milano e anche in Brasile. Oggi è Product Manager in Fabrick. Ferdinando fin da piccolo ha due grandi passioni: la musica e l'informatica. Dall'unione di questi due interessi nasce il suo amore per la musica elettronica. Comincia a fare il DJ sin da ragazzo, alle feste di amici. Poi i locali e gli eventi. In questa nuova puntata di Stories, ci siamo fatti raccontare da Ferdinando la vita del DJ: come si prepara alle serate, qual è il rapporto con il suo pubblico, come è cambiata questa professione con l'evoluzione tecnologica e l'avvento delle piattaforme online.
Ferdinando, come si diventa DJ?
Nel mio caso tutto è nato dalla passione per la musica che credo di avere dentro di me da sempre. A otto anni ho iniziato a studiare il sassofono, uno strumento non certo molto convenzionale, ma è stato un regalo e insieme al regalo è arrivata anche la sfida di imparare a suonarlo. A quindici anni ho scoperto l'informatica e, mettendo insieme le due cose, ho cominciato ad interessarmi alla musica elettronica. Dopo un bel po' di ore di ascolto ho preso fiducia e ho iniziato a suonare a qualche DJ set. Ricordo ancora la mia prima volta: come accade per tutti i DJ, è stato al compleanno di un amico, non so se perché fosse disperato lui o io a buon mercato.
Poi però l'informatica è diventata il tuo mestiere e la musica il tuo hobby. Come mai?
A ragione o a torto, non lo potrò mai sapere, non ho mai creduto veramente che il DJ potesse diventare un lavoro con cui pagare le bollette. Forse perché vengo da un piccolo paese che non offre tante prospettive. A Milano non ci sono arrivato per fare il DJ, ma per dare un seguito alla mia laurea in ingegneria informatica e avere un lavoro comunemente considerato stabile. Poi però, le caratteristiche della città, che offre tante occasioni per dare sfogo alla mia passione e il fatto di lavorare per obiettivi in un'azienda moderna ed avere quindi il tempo per prepararmi, hanno fatto il resto. Così ho potuto far convivere passione e lavoro senza che nessuna delle due penalizzasse l'altra.
Qual è il bello di fare il DJ?
Ci sono due aspetti che amo in maniera particolare di questa mia passione. Il primo è la scoperta: la gente, giustamente, osserva solo il prodotto finale, ma dietro c'è tanto lavoro di ricerca: un DJ passa metà del tempo a cercare musica. Tendenze musicali, artisti, festival: un'attività di esplorazione che richiede molto tempo ma che per chi è amante della musica è anche molto entusiasmante. Il secondo invece è avere la possibilità di stare in mezzo alla gente in un momento di svago e leggerezza, la fortuna di apprezzare la parte migliore dell'essere umano: quando si diverte.
Com'è cambiato il mestiere di DJ negli anni?
È cambiato tutto e niente. So che sembra una frase banale, ma è così. La tecnica base non è cambiata: è come andare in bici, una volta imparata rimane tua. E non è cambiata la propensione alla scoperta e all'ascolto. È cambiato il contesto, quello sì. La musica è diventata intangibile, si è passati dal vinile al CD, ai file mp3 fino al cloud. Sono cambiati i modi di ascoltare, dalla radio a Spotify a Tik Tok, è cambiato il mondo dell'industria discografica, sono cambiate le modalità di distribuzione della musica. In tutto questo, è anche cambiato il ruolo del DJ durante le serate e in particolare la sua funzione di veicolo di nuovi stili e tendenze musicali. Una volta questo ruolo era indiscusso e le persone avevano molta più propensione ad ascoltare la musica nuova che il DJ proponeva. Oggi le tendenze musicali si affermano spesso attraverso altri canali, le piattaforme e i social in primis, e diventa complesso portare qualcosa di nuovo.
Tutta colpa dell'evoluzione tecnologica?
La tecnologia ha influito tantissimo: si è passati dal giradischi ai lettori di dischi usb, sono arrivati i pc in console con possibilità di creare campioni e loop live. Questo ha livellato molto le abilità tecniche del DJ e ha accorciato la curva di apprendimento di chi si avvicina a questo mondo. Fino a qualche anno fa si valutava un dj dalla sua capacità di mixare mentre oggi le uniche differenze sono date dalla capacità di leggere la pista e dalla selezione dei brani. E tra poco non sarà vera nemmeno quest'ultima cosa.
Ti è mai capitato di trovarti in difficoltà?
La vita del DJ è movimentata. Una volta, ad esempio, sono andato a suonare in un party privato ma nessuno mi aveva avvisato che era una serata rock and roll... niente contro il rock and roll sia chiaro, ma io faccio elettronica! Mi sono dovuto adattare. Sempre meglio, comunque, di quella volta che mi hanno dato un indirizzo sbagliato e sono andato in un posto dove la festa non c'era proprio.
Quali soddisfazioni ti porti a casa quando si spegne la musica?
Devo dire che di soddisfazioni ne ho avute parecchie. Quest'anno durante la Design week - il Salone del mobile di Milano - ho fatto un dj set davanti al Castello Sforzesco di fronte a tremila persone. Ultimamente mi sono messo a comporre musica mia e la soddisfazione più grande arriverà - se mai arriverà, perché non è scontato - quando un altro DJ, magari famoso, inserirà qualche mio remix nel suo dj set. Intanto io sperimento.
Ci dici ancora qualcosa prima di chiudere la serata?
La prossima volta che vedrete e ascolterete un DJ, se possibile non fategli richieste musicali. È un po' come se qualcuno venisse al vostro desk e vi dicesse passo dopo passo come fare il vostro lavoro... e se proprio non riuscite a resistere e volete fare comunque una richiesta, ricordatevi di essere gentili! La musica che conoscete e già vi piace la potete ascoltare su Spotify: concedetevi il lusso e il piacere di scoprire qualcosa di nuovo. Intanto per questa estate sarò il dj del Mandarin Oriental a Milano: se siete nei paraggi, venite a trovarmi!