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Viaggio in America tra hi-tech e hi-green. Il futuro? Demolire le Tesla e battere la Cina

A pochi mesi dalle elezioni statunitensi con il nostro longform facciamo un viaggio on the road in America raccontato da Marco Bardazzi. Tappa nei luoghi inaspettati dell’innovazione tra sfasciacarrozze tecnologici, gigafactory e boom di microchip e wind farm. Alla scoperta di una terra che non assomiglia ai suoi leader politici e non esce fuori nella campagna elettorale dei boomer
Viaggio in America tra hi-tech e hi-green. Il futuro? Demolire le Tesla e battere la Cina
Bacini di evaporazione del sale sul Bristol Dry Lake (California) dove il litio viene catturato dalla salamoia, prelevata tramite evaporazione per produrre minerali industriali (Photo by David McNew/Getty Images)
18 Jul 24
#innovazione
Marco Bardazzi
Marco Bardazzi

Viviamo in un mondo che corre a velocità aumentata rispetto al passato e che spesso ci impedisce di comprendere e decodificare fenomeni nuovi. Eppure abbiamo necessità di fotografare e “fissare” quello che avviene intorno a noi. Questo è il senso dei nostri longform: un appuntamento ricorrente mensile in cui vi proponiamo racconti approfonditi su alcuni temi chiave e di attualità. Un modo per comprendere quello che sta avvenendo nel mondo e per raccogliere le sfide future che riguardano persone, imprese, comunità. Buona lettura con la nuova puntata.

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C’è uno sfasciacarrozze in mezzo al deserto del Nevada che potrebbe avere la soluzione ai problemi della mobilità elettrica negli Stati Uniti e offrire buone idee anche al resto del mondo. Certo, definire Redwood Materials semplicemente come un autodemolitore è un po’ riduttivo, visto che si tratta di un’azienda che ha raccolto e sta investendo circa cinque miliardi di dollari nei propri impianti in Nevada e South Carolina. Ma sfasciare veicoli è l’essenza di quello che fa la società fondata da JB Straubel, un ex top manager di Tesla che ha deciso qualche anno fa di lasciare Elon Musk per mettersi in fondo alla catena alimentare delle auto elettriche. Tesla le costruisce, Straubel le fa a pezzi quando sono invecchiate, per riciclare i materiali preziosi che alimentano le batterie a ioni di litio su cui si basa tutto il futuro della mobilità elettrica. 

La mappa che geolocalizza i luoghi dell'innovazione in America raccontati nel nostro longform


Nell’anno della corsa alla Casa Bianca (leggi qui l'analisi del giornalista Federico Leoni) e della sfida tra un presidente ottantunenne e un avversario settantottenne da poco protagonista suo malgrado di un attentato in cui è risultato miracolosamente indenne, stanno avvenendo trasformazioni profonde che spesso restano al di sotto dei radar del mondo dell’informazione, inevitabilmente concentrato più sulla campagna elettorale. Il distacco tra questa America reale e chi la governa è apparso in modo evidente a fine giugno nel dibattito tra Joe Biden e Donald Trump. A far notizia ovviamente sono state le condizioni fisiche del presidente, ma è significativo che in novanta minuti non si sia parlato di AI, mobilità elettrica, gigafactory, microchip, energie rinnovabili, corsa allo spazio: eppure sono i fronti su cui si sta muovendo qualcosa di epocale negli Stati Uniti. Un’intera ridefinizione dell’economia americana di cui si vedranno pienamente i frutti prima degli anni Trenta. 

Lo si capisce provando a viaggiare da un punto all’altro degli States alla scoperta dei nuovi luoghi dell’innovazione, che non sono necessariamente solo nella Silicon Valley. Un buon punto di partenza è Carson City, nel deserto del Nevada vicino al Lago Tahoe, al confine con la California. Alle porte della città dedicata allo scout Kit Carson – che ha ispirato l’omonimo personaggio dei fumetti di Tex Willer – c’è il quartier generale di Redwood, una società costruita per rispondere a un nuovo scenario che sta emergendo a livello globale. Il cuore della strategia di Redwood è la consapevolezza che l’intero settore della mobilità è avviato in modo irreversibile verso l’elettrificazione. Questo rende le batterie il vero “petrolio” degli anni Trenta e quindi la grande sfida del futuro sarà concentrata sui materiali di produzione di anodi e catodi che le fanno funzionare. Attualmente le materie prime su cui si basa il mondo delle batterie – zinco, rame, litio, cobalto – si devono spostare in giro per il pianeta per 70-80 mila chilometri, prima di arrivare nelle fabbriche americane, con costi complessivi che nel 2030 raggiungeranno i 600 miliardi di dollari. Nei prossimi dieci anni, secondo Redwood, è prevista una crescita del 500% della domanda di batterie agli ioni di litio, ma l’attuale logistica rende l’America vulnerabile. Ecco, quindi, l’idea di lanciarsi nel business del riciclo di tutti i materiali con cui produrre anodi e catodi ed ecco perché l’amministrazione Biden ha deciso di finanziare con due miliardi di dollari le attività di Redwood. 

 

Un cappello da cowboy giagante all’esterno della Gigafactory di Tesla in Texas (Photo by Suzanne Cordeiro / AFP via Getty Images)

La società del Nevada sta così diventando centrale in un nuovo ecosistema delle gigafactory che punta a trasformare profondamente le modalità con cui gli Stati Uniti rispondono al loro fabbisogno energetico. Gigafactory è una parola che fino a qualche anno fa utilizzava solo Musk, per descrivere gli investimenti della sua Tesla nella produzione di batterie per auto. Adesso tutti gli stati sognano di attrarre una qualche gigafactory, cioè una fabbrica che ha la capacità di produrre batterie che complessivamente superano un gigawatt/ora (GWh) di energia. Con un GWh di capacità in teoria si possono produrre in un anno batterie per alimentare tra i 10 e i 20 mila veicoli elettrici. Dall’inizio del 2021 sono nati o sono stati annunciati negli Usa almeno 25 stabilimenti di questo tipo, con un’altra decina già previsti entro il 2025, per un valore complessivo di circa 60 miliardi di dollari. Le due Carolinas, del Nord e del Sud, si stanno trasformando in epicentri della produzione legata alla mobilità elettrica. Ma la mappa della nuova Battery Belt tocca tutti gli stati del sud, dalla Georgia al Texas, per poi proiettarsi nel cuore del Midwest (Missouri, West Virginia) e salire infine verso la regione dei Grandi Laghi e verso Detroit. Qui anche le grandi case automobilistiche – Ford, GM, Stellantis – sono coinvolte negli investimenti e puntano a integrare le fabbriche dei giga dentro i loro nuovi ecosistemi di innovazione digitale. A far accelerare negli ultimi anni la realizzazione degli impianti non è stata soltanto la nuova strategia industriale dei grandi gruppi, quanto una potente iniezione di soldi pubblici. Già nel 2009, nel pieno della recessione provocata dalla crisi dei mutui subprime, l’amministrazione Obama aveva messo in circolazione i primi 2,2 miliardi di dollari destinati al settore EV, nell’ambito dell’American Recovery and Reinvestment Act. Negli anni di Trump non c’era stato lo stesso entusiasmo per l’auto elettrica, preferendo puntare a stabilizzare e tenere ancora in vita il settore della produzione di fonti fossili, prima tra tutte il carbone. Lo scenario è cambiato con gli interventi legislativi del presidente Biden contro il cambiamento climatico e soprattutto con l’Inflation Reduction Act, una legge che ha destinato 391 miliardi alla spesa pubblica nel settore dell’energia pulita. Si è aperto un torrente di fondi federali per decine di miliardi di dollari destinati al settore elettrico, in gran parte sotto forma di incentivi che non sono più destinati come in passato all’utente finale, bensì ai produttori.  

L’industria dell’automotive e quella delle batterie hanno adesso la possibilità di accedere a prestiti miliardari e sconti fiscali altrettanto consistenti investendo nell’elettrico. Lo scopo è incentivare la mobilità non alimentata da fonti fossili, ma anche fare la guerra in questo ambito – come in molti altri - alla Cina, che ha il dominio in settori strategici come quello delle batterie agli ioni di litio. Il governo adesso assegna un credito fiscale a chi produce negli Usa materiali critici per la realizzazione di batterie elettriche per auto. E a chi li ricicla come Redwood.

Un’altra industria diventata strategica in questo nuovo scenario dell’innovazione è quella dei microchip. Anche in questo caso lo sforzo in corso, alimentato a sua volta da enormi investimenti pubblici, è portare negli Usa produzioni che attualmente avvengono soprattutto a Taiwan e in Corea del Sud, prima che anche in questo campo la supremazia venga presa dalla Cina. Nel viaggio in giro per l’America in questo caso la tappa da fare è a Phoenix, in Arizona. Qui sono state attratte Samsung dalla Corea e Tsmc da Taiwan (il colosso mondiale dei semiconduttori), per produrre chip avanzati di nuova generazione diventati indispensabili non solo per la mobilità elettrica, ma anche per rispondere all’enorme domanda di potenza di calcolo che arriva dalla crescita impetuosa del settore dell’intelligenza artificiale.

La sede di Nvidia a Santa Clara in California (Photo by Justin Sullivan / Getty Images)

Quando si parla di intelligenza artificiale il luogo dove andare a dare un’occhiata all’innovazione in corso resta la Silicon Valley. Non solo però gli uffici di San Francisco di OpenAI (gli inventori di ChatGPT), di Google o della emergente Anthropic, ma soprattutto il quartier generale a Santa Clara di Nvidia. La società che a giugno ha scavalcato in Borsa il valore di Microsoft e Apple e con oltre 3.300 miliardi di capitalizzazione è diventata la più ricca al mondo. Facendo ricco anche il suo fondatore, il taiwanese dell’Oregon Jensen Huang, che ha ora un patrimonio personale di circa 115 miliardi di dollari. Tutto merito della specializzazione di Nvidia nella produzione di Gpu, le schede grafiche nate per il mondo dei videogiochi e diventate fondamentali per creare la potenza di calcolo necessaria per l’intelligenza artificiale generativa. 

Ma i chip e l’AI richiedono sempre più energia e l’America, come il resto del mondo, deve riuscire a produrla in modo pulito e sostenibile, per far fronte alle sfide del climate change. Ecco allora che nel nostro viaggio da una parte all’altra degli States dobbiamo affacciarci sulla costa dell’Atlantico e in particolare al largo di Martha’s Vineyard, l’isola dei ricchi e famosi in Massachusetts. Perché qui, dove un tempo dominavano le balene e i loro cacciatori – è l’oceano di Moby Dick – ora sorge la prima grande wind farm offshore americana: 62 gigantesche pale eoliche che rappresentano l’avanguardia di un potenziale boom, che punta a trasformare le acque dell’Atlantico negli Usa in una replica del Mare del Nord europeo. Vineyard Wind, come è battezzato il progetto da 4 miliardi di dollari, genererà 800 megawatt di elettricità e alimenterà 400 mila abitazioni, oltre a dare lavoro a un gran numero di persone in una zona che di solito si anima solo in estate. Se le cose funzioneranno come previsto, sarà solo il primo di una serie di progetti analoghi, tutti ispirati all’esperienza dei mari settentrionali dell’Europa (non a caso Vineyard Wind è realizzata da un’azienda danese).  

L’innovazione americana è quindi di casa oggi anche lontano dalla Silicon Valley, la si trova in luoghi come Austin e Dallas-Fort Worth (l’area urbana a maggior crescita di tutti gli Usa) in Texas, Nashville in Tennessee, Denver in Colorado, Salt Lake City in Utah, Tampa in Florida o Atlanta in Georgia. E in piccole località che si stanno rapidamente trasformando in poli d’attrazione. Una di queste può essere una buona destinazione per concludere il viaggio, anche perché si trova in uno degli angoli più remoti degli Stati Uniti, nelle zone paludose del Texas al confine con il Messico e affacciate sul Golfo

Un razzzo di SpaceX's in partenza dalla base di lancio di Boca Chica in Texas (Photo by TIMOTHY A. CLARY/AFP via Getty Images)

A Boca Chica sorgono gli stabilimenti e le rampe di lancio di Space X, la società spaziale di Elon Musk che racchiude in sé forse l’essenza dell’innovazione americana. È diventata il fornitore ufficiale della Nasa e l’alternativa al vecchio Kennedy Space Center in Florida, grazie alla capacità di mettere insieme le esperienze fatte nella mobilità elettrica e nel mondo dei microchip (Tesla), i metodi di lavoro nati nelle gigafactory e la tecnologia d’avanguardia sperimentata in tutti gli ambiti innovativi americani. Da Boca Chica si lanciano razzi verso la Luna e domani verso Marte, lo spirito pionieristico americano oggi lo si vede all’opera più qui che in California. Ma è sempre vivo e tecnologicamente sempre più avanzato. 

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