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Le azioni solidali del collega ucraino da anni in Italia. "Così ho deciso di darmi da fare"

Le azioni solidali del collega ucraino da anni in Italia.
Bohdan Lisnyi

Sono le 6:55 del 24 febbraio 2022 ora italiana. Bohdan, come tutti i giorni, prende il treno che dalla città in cui vive, Domodossola, lo porterà a Milano, al lavoro in Fabrick. Bohdan però ancora non sa, che quello non sarà un giorno come altri anzi, sarà un giorno destinato a rimanere impresso nella sua memoria come uno dei più difficili della sua vita: l'inizio di "un incubo". Un incubo che comincia precisamente quando riceve la telefonata di sua madre da Kyiv che lo avvisa dello scoppio della guerra. 

Bohdan nasce nella regione di Donetsk nel 1994 dove vive con la sua famiglia. Allo scoppio della prima fase della guerra, nel 2014 è costretto a lasciare tutto e a trasferirsi con la mamma, il papà e il fratellino di due anni a Kyiv. Deve sospendere i suoi studi in finanza per poi riprenderli nella capitale: questo sarà il primo di tanti ostacoli che Bohdan si troverà ad affrontare per seguire le sue aspirazioni. 

Aspirazioni che lo portano a voler completare il suo percorso formativo all'estero, in particolare in Italia. "I miei nonni vivevano a Domodossola e sapevo che il livello della proposta formativa in Italia era elevato, per cui per me è stato quasi naturale scegliere questo Paese", racconta. Va all'Università per stranieri di Perugia, dove impara l'italiano, e poi si iscrive al corso di laurea in economia e relazioni internazionali dell'Università di Padova mentre, da remoto, completa gli studi in Ucraina.

Un percorso formativo che permette a Bohdan di conoscere molte realtà diverse e rafforza la sua determinazione a raggiungere i suoi obiettivi, a crescere e imparare. "Non è stato sempre facile: l'interruzione forzata dell'Università a Donetsk, il ricominciare tutto da zero prima a Kyiv e poi in Italia, è stato complicato. Qui ho dovuto anche imparare la lingua: ricordo che all'inizio ci sono stati anche momenti di incomprensione, ma con il tempo sono riuscito ad allacciare buone relazioni e a integrarmi". 

Neolaureato, si iscrive al master in Fintech, Finanza e Innovazione Digitale, del Politecnico di Milano che porta a termine nel 2021. L'impegno dà i suoi frutti ed ecco che al termine del master Bohdan entra in contatto con il mondo Fabrick: "durante il master ho assistito a una presentazione di Fabrick e ho pensato: io voglio lavorare qui! Ho fatto un colloquio e, dopo un periodo di stage, sono stato assunto: adesso faccio parte del team da due anni", ricorda Bohdan.

Una storia speciale. Una storia di impegno e di perseveranza, di intraprendenza. Una storia che, per lo meno fin qui e nonostante le difficoltà, potremmo definire positiva. Le cose cambiano però la mattina del 24 febbraio 2022 quando, sul treno per Milano, Bohdan riceve una chiamata da parte di sua madre che lo informa che è ricominciata la guerra. Le carte, così a fatica ordinate sul suo tavolo, si mescolano di nuovo.

Come hai vissuto lo scoppio della guerra?
Pur avendo vissuto un'esperienza simile qualche anno prima e nonostante si parlasse di questa eventualità da qualche tempo, la notizia mi ha colto impreparato: non è facile elaborare certe informazioni, non si è mai preparati a cose di questo tipo. Ricordo che sono rimasto spaesato e ovviamente molto preoccupato. Ho cominciato a parlare con tutta la mia famiglia, anche per loro è stata una cosa inaspettata, sembrava impossibile che dovesse accadere davvero. Quando le operazioni belliche si sono intensificate per la mia famiglia è cominciato il periodo più difficile. I miei genitori erano bloccati in casa, proprio sul fronte, alla periferia di Kyiv: da una parte c'era l'esercito russo e dall'altra quello ucraino.

Cosa è successo alla tua famiglia?
Poco dopo l'inizio della guerra ho vissuto uno dei momenti più complicati di tutta questa vicenda perché ho perso i contatti con i miei genitori per quasi cinque giorni. Ancora adesso a parlarne mi vengono i brividi, non riuscivo a dormire e non sapevo cosa fare: a un certo punto mia nonna è riuscita a contattare mia madre che le ha detto è che non sapeva cosa sarebbe successo perché erano proprio nel mezzo dei bombardamenti. Poi mia madre mi ha avvisato che avrebbero tentato la fuga attraverso strade secondarie: per fortuna, anche grazie all'aiuto di altre persone che hanno dato loro della benzina, sono riusciti a raggiungere la zona ovest del paese, al confine con l'Ungheria. Purtroppo, non hanno avuto la stessa fortuna alcuni vicini che erano partiti con loro ma avevano deciso di prendere l'autostrada e non ce l'hanno fatta. Oggi mia madre e mio fratello vivono a Bratislava, mio padre invece è rimasto in Ucraina: non è in condizioni per essere arruolato ma non può nemmeno uscire dal Paese e, nonostante a Kyiv la situazione non sia ottimale, ha ripreso a lavorare. 

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Cosa ti raccontano le persone che conosci e che si trovano adesso in Ucraina?
Il mio Paese non è mai stato così unito come in quest'ora: di questo sono molto orgoglioso. Siamo un paese grande, di 40 milioni di abitanti dove convivono molte etnie. Dallo scoppio della guerra si è diffuso uno spirito di solidarietà fra le persone incredibile: sarebbe fantastico 
se questo spirito esistesse anche in tempo di pace, la vita della gente sarebbe molto più facile e felice. Sono sorti moltissimi centri di assistenza a disposizione di tutte le persone, per ripararsi o anche solo per mangiare qualcosa o bere un tè caldo. Tante persone si stanno occupando anche degli animali, perché la guerra ha creato tanti problemi anche a loro, che sono rimasti senza padroni e non hanno un posto dove stare.

"Dallo scoppio della guerra ho cominciato a darmi da fare per contribuire nel mio piccolo ad aiutare. Grazie ad alcune piattaforme online molto diffuse in Ucraina si sono creati dei canali di comunicazione e di collaborazione sicuri ed efficienti"

E tu come hai vissuto questi mesi qui in Italia?
Dallo scoppio della guerra ho cominciato a darmi da fare per contribuire nel mio piccolo ad aiutare. Grazie ad alcune piattaforme online molto diffuse in Ucraina si sono creati dei canali di comunicazione e di collaborazione sicuri ed efficienti: abbiamo così cominciato a donare e a spedire generi di prima necessità che sappiamo essere utili. Ho poi iniziato a collaborare con un mio amico che lavora presso l'ambasciata Ucraina, dove hanno coordinato le operazioni di primo soccorso, gli aiuti umanitari e le iniziative di accoglienza. Dato che ho ancora molti contatti in Ucraina, ho potuto reperire informazioni di prima mano, affidabili, e così facilitare le comunicazioni fra il mio Paese e l'Italia, migliorare i flussi chiarendo meglio le necessità e verificando le informazioni in un momento di forte confusione come questo. 

La guerra oramai si protrae da un anno: ci siamo quasi abituati all'idea e spesso non ci facciamo nemmeno più caso. Il problema è che le persone civili in Ucraina continuano a vivere in una situazione di emergenza e, anche se non si trovano nelle zone interessate dagli scontri, soffrono continui disagi. Io vivo tutto questo come un incubo: è vero, i miei genitori stanno bene ma non passa giorno che non mi sveglio sperando che sia il giorno in cui la guerra finisca, che le persone possano tornare nelle loro case e che si mettano le basi per una pace duratura, che tutto questo non si ripeta più.

In questo così momento così difficile, hai vissuto anche degli episodi positivi?
Innanzitutto la solidarietà. Mi riferisco a quella istituzionale certo, ma soprattutto al sostegno delle persone comuni che donano e che si impegnano per aiutare, come quelle che ho visto quando sono andato a prendere mia madre al confine in Ungheria: c'erano tanti volontari, giovani che aiutavano gli anziani, le famiglie con i bambini. Questo ti fa capire che alla fine il mondo, pur essendo enorme, in realtà è anche molto piccolo perché le persone hanno sentimenti comuni, una bontà, uno spirito solidarietà che va al di là delle distanze geografiche o delle appartenenze nazionali. Anche a livello personale, proprio nel momento più difficile, quando avevo perso i contatti con la mia famiglia, ho ricevuto un grande sostegno da parte delle persone che conosco e in particolare dei miei colleghi. È una cosa che non potevo neanche immaginare, è grazie a loro che sono riuscito a stare con i piedi per terra a non farmi prendere dal panico a rimanere lucido mentalmente: non mi sono sentito mai solo e per questo non smetterò mai di ringraziarli. In questi mesi ho capito il grande valore che porta avanti il nostro Gruppo: sono molto orgoglioso di far parte di tutto questo. 

Dopo tutte queste esperienze ti senti di aver imparato qualcosa da questa vicenda?
Sono cresciuto tantissimo in pochissimo tempo. Quello che ho imparato in questi mesi è che non bisogna sopravvalutare troppo i problemi quotidiani perché spesso non sono così importanti, che bisogna guardare e andare avanti ed essere grati per quello che si ha. Dovremmo sempre cercare di essere oggi migliori di come siamo stati ieri e portare luce in questo mondo. E ho anche imparato che dovremmo essere un po' più aperti con le altre persone, confrontarci creare legami perché così è più facile liberarsi dai pesi e non rinchiuderci in noi stessi. Il dialogo è la miglior medicina per i mali che affliggono questo mondo che spesso derivano proprio dall'incomprensione.