L’intelligenza artificiale farà la differenza solo se potrà valorizzare quella umana
Questa è la nuova puntata della nuova rubrica mensile Insights - Il punto di Pierangelo Soldavini. Qui leggerai un'analisi a firma del noto giornalista italiano esperto di economia e innovazione. Da trent'anni Soldavini scrive sul Sole24Ore ed è considerato un riferimento sui temi legati al mondo bancario. Perché abbiamo bisogno di comprendere le sfide contemporanee che attraversano i nostri mercati. Perché abbiamo necessità di individuare bussole che ci orientano in questo tempo incerto. Perché abbiamo urgenza di decriptare la complessità, provando a comprenderne il senso. Rileggi le precedenti puntate dedicate su Sella Insights.
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Giusto ventisette anni fa l’intelligenza artificiale di Deep Blue diede scacco matto al campione del mondo Garry Kasparov. Era l’11 maggio 1997, una data destinata a segnare un passaggio cruciale per l’umanità intera: una macchina, definita in maniera un po’ approssimativa come “intelligenza” artificiale, si era dimostrata superiore a quella umana. Poi in tempi più vicini tra l’ottobre 2015 e il marzo 2016 AlphaGo, software sviluppato da DeepMind di Google in specifico per Go, sconfisse prima il campione europeo e successivamente quello asiatico. Il gioco originato dalla tradizione cinese è considerato il più complesso al mondo. Per avere un’idea il Go può contemplare 2,08x10 alla 170ima posizioni diverse possibili sul goban, il terreno di gioco formato da un reticolo di 19x19 caselle. Tanto che un proverbio coreano sostiene che una stessa partita non è mai stata giocata due volte. In confronto gli scacchi è cosa da dilettanti: nelle 64 caselle della scacchiera le posizioni si fermano a 10 alla 44esima. Prima con re e alfieri, poi con le pedine di Go, ormai veniva dato per scontato che le macchine fossero diventate imbattibili.
In effetti in questo tipo di ragionamenti – quando c’è da mettere insieme una marea di informazioni e di dati per elaborare una strategia vincente – l’intelligenza artificiale sembra davvero insuperabile: la sua capacità di elaborare le potenziali reazioni conseguenti a una certa mossa sono senza dubbio superiori a quelle di un essere umano. Ma c’è sempre un ma. L’anno scorso un ricercatore informatico appassionato di Go ha avuto l’intuizione di utilizzare l’intelligenza artificiale non per sconfiggere l’umano, ma per capire come ragiona un’altra intelligenza artificiale e aiutarlo a comprenderne i punti deboli. Così Kellin Pelrine è riuscito nell’impresa di sconfiggere più d’una volta una macchina potente quanto AlphaGo. Ma soprattutto ha fatto capire al mondo che, per quanto l'algoritmo possa diventare potente, c’è pur sempre la possibilità che supporti e potenzi il pensiero umano. E con Go, così come per gli scacchi, ci muoviamo in un mondo deterministico in cui a una scelta corrisponde una reazione, dettata da una strategia che di fatto deve calcolare il meglio possibile le probabilità di evoluzione successive, di possibili mosse che hanno sviluppi esponenziali. In questo senso davvero l’AI è imbattibile perché ha una capacità di elaborazione inimmaginabile per l’essere umano. Il mondo in cui ci muoviamo però non è esattamente così perché presuppone un determinismo fortemente annacquato dagli effetti dell’interazione sociale.
In ambito storico c’è una disciplina, la cliodinamica, focalizzata sulla modellizzazione matematica delle dinamiche storiche, che trasforma in formule numeriche le dinamiche sociali e demografiche, cercando così di comprendere l’evoluzione della storia umana e di coglierne costanti che possano aiutare a prevedere le evoluzioni future. Si tratta di una prospettiva possibile? Intuiamo che non sembra uno sviluppo credibile, ma di certo analizzare l’evoluzione umana in questa chiave ha un grande senso per comprendere i fenomeni storici. Se però non pretendiamo di farne una scienza deterministica del futuro. Prendiamo un altro esempio come la finanza: l’analisi quantitativa rappresenta la modalità di analizzare i movimenti dei mercati in chiave matematica per definirne gli sviluppi futuri. La validità di questo approccio è dibattuta, ma è un dato di fatto che buona parte dell’analisi si basa proprio su una modellizzazione matematica di un mondo che fa impallidire Go. Difficile fare i conti, ma ad un evento si è fatto riferimento a una complessità della finanza, considerata alla stregua di un gioco, pari a qualcosa come 10 alla 9.500ima… E questo prendendo in considerazione solo la parte deterministica di fatti, conseguenze e decisioni: come se la finanza fosse, appunto, un semplice gioco fatto di mosse e contromosse a cascata.
Invece sappiamo che non è così perché, anche se non vogliamo considerarla come scienza sociale, in fono lo è. L’economia influenza in maniera determinante le evoluzioni finanziarie essendo basata su decisioni umane. Senza tenere conto che seppure dominati da sistemi di trading automatizzati, i mercati finanziari si basano in fondo su scelte di persone. La componente umana sfugge inevitabilmente alle capacità previsionali dell’intelligenza artificiale. Per quanto possa avvicinarsi in maniera esponenziale al funzionamento del cervello umano, un cervello umano è diverso dall’altro, partendo dal presupposto che l’essere umano non è perfettamente razionale. Quindi l'intelligenza artificiale potrà essere estremamente utile nella sua funzionalità di AI ristretta, focalizzata su task specifici: in questi casi è insuperabile e può essere di enorme utilità. Ma nella sua versione generale, quella che ambisce a imitare e sostituirsi al ragionamento umano, non potrà mai arrivare a superare le potenzialità umane, a dispetto di quello che sostiene Elon Musk.
Almeno questa è la prospettiva per il momento! Come abbiamo visto può trasformarsi invece in un potente stimolo per migliorare le potenzialità umane, magari sfruttando le capacità e il ragionamento dell’intelligenza artificiale stessa, come ha fatto Pelrine. Risulta fondamentale partire da questi presupposti quando si tratta di affrontare, in qualsiasi campo, l’adozione dell’intelligenza artificiale: avere chiaro il task da affidarle per poter garantire l’effetto di efficienza e non puntare a sostituire l’essere umano, ma ad affiancarlo e a supportarlo. Le persone vengono effettivamente sostituite laddove ci sono mansioni altamente ripetitive e alienanti, di cui nessuno potrà avere nostalgia e che possono essere svolte dall’AI ristretta. Ma d’altra parte con la tecnologia è sempre stato così. L’AI ha in più il potere di liberare dalla ripetitività energie e risorse da dedicare all’innovazione e alla creatività, sempre che le persone siano messe in condizione di affiancarla e di comprenderne la modalità di ragionamento. Dall’altra parte le persone continuano a giocare a scacchi e a Go con altre persone, non hanno smesso, anzi sono sempre di più i giocatori appassionati. Spesso usano l’AI per allenarsi e migliorare, imparando dagli algoritmi e per lo più sono ansiose di vedere altre persone che giocano, di vederle fisicamente. Così anche nella finanza: i clienti sono disposti a pagare per il fattore umano, non si accontentano di una macchina. E gli addetti del settore potranno liberarsi sempre più dalle analisi e dalle azioni di routine per dedicare più tempo alle relazioni umane. Partendo dal presupposto che gli algoritmi di AI tenderanno ad assomigliarsi o comunque a differenziarsi solo grazie all’intervento umano, la vera differenza la farà la capacità di comprenderne il ragionamento – senza utilizzarla in maniera automatica e passiva – e spiegarlo al cliente, accompagnandolo nelle scelte e nelle strategie. Sempre più sulla base una macchina potente quanto AlphaGo di una relazione umana!