Fiducia, intraprendenza e un pizzico di coraggio: il volontariato come filosofia di vita
Nicola Salussolia entra a far parte del gruppo Sella nel 1998. In 25 anni ha maturato la sua esperienza commerciale in Banca Sella prima nell'area mercati, poi al trading online. Dopo un periodo trascorso in rete, torna in sede centrale a Biella per occuparsi dei clienti Retail & Affluent fino a diventare vice responsabile della Tribe a loro dedicata.
Nello stesso periodo in cui muove i primi passi all'interno del gruppo Sella, Nicola si affaccia ad un altro mondo, quello del volontariato. Un'attività che nasce prima presso la Pro Loco di Candelo, il suo paese, e che poi prosegue e si amplia portandolo a collaborare con diverse realtà come, l'Oftal che organizza viaggi a Lourdes (dove è già andato più di dieci volte) e il Cottolengo di Biella.
Il volontariato: una filosofia di vita. Negli anni, il volontariato è diventato parte integrante della vita di Nicola, anche grazie al coinvolgimento di tutta la sua famiglia che è partecipe delle iniziative che porta avanti. "Se durante la settimana approfitto di qualche momento libero alla sera per attività puntuali, i weekend e le vacanze sono i momenti adatti per le esperienze più significative", dice.
L'approccio di Nicola verso il volontariato è molto concreto: per lui essere volontari significa tirarsi su le maniche, impegnarsi per ottenere risultati tangibili. "Quando si crede in qualcosa occorre darsi da fare senza attendere che i risultati avvengano da sé". Ed avere anche un pizzico di coraggio: "Trovarsi di fronte a situazioni nuove, magari con persone che non conosciamo, e dover trovare delle soluzioni, ti obbliga a metterti in gioco, ad uscire dalla tua zona di confort". Fare volontariato quindi allena ad affrontare situazioni di questo tipo, preparando le persone a gestire momenti simili anche nella vita familiare, sociale e professionale.
Egoismo buono. Ma il volontariato secondo Nicola, è anche una questione di motivazione. "C'è chi lo fa perché pervaso da un forte senso civico, chi per motivazioni religiose, alcuni cominciano perché coinvolti da altri volontari e c'è chi decide di riempire in questo modo il tempo libero a disposizione. Ma, sebbene appaia provocatorio, il filo conduttore che a mio avviso accomuna gran parte delle persone che fanno volontariato è la sensazione che dare qualcosa agli altri molto spesso restituisca molto più di ciò che si dà". Nicola lo chiama "egoismo buono".
Dare e ricevere. I timori nell'affrontare situazioni completamente nuove quasi sempre si trasformano in soddisfazione nel vedere la gratitudine degli altri anche per attività a volte considerate banali, ma che spesso sono fondamentali per chi è in difficoltà. "In una società spesso contraddistinta dall'individualismo, dall'egoismo e dall'indifferenza, il mondo del volontariato crea legami, favorisce il confronto, lo scambio, non solo di cose materiali ma anche e soprattutto, di sentimenti, di principi, di valori. Per questo, secondo me, fare volontariato vale sempre la pena".
Già i valori. I valori che ci caratterizzano come persone, che ci accompagnano e ci guidano in tutte le situazioni che viviamo nella nostra vita quotidiana. Per chi lo conosce, non è difficile immaginare come Nicola esprima nella sua attività sociale gli stessi valori che incarna sul lavoro: la stessa attenzione alla persona, la stessa fiducia, la stessa intraprendenza.
Poi ci sono gli episodi, quelli che a volte cambiano le nostre vite, che ci portano a prendere determinate decisioni, ad aprire porte, a fare quel passo in più che inaugura un cammino nuovo. Succede anche a Nicola quando decide, su ispirazione di suo nipote Michele, nato con una disabilità psico-fisica, di fondare nel 2003, insieme ad un ristretto gruppo di famigliari e amici, l'Associazione Ti Aiuto Io.
Parlaci dell'Associazione ti Aiuto Io: di cosa vi occupate?
Tutto è nato dalla convinzione che, nel rapporto tra persone disabili e non, i ruoli spesso si invertono, nel senso che chi aiuta può essere indifferentemente chi ha una disabilità o chi è definito con il termine normodotato. Abbiamo voluto rappresentare questo concetto nel nostro logo: una persona in carrozzina che ne spinge una a piedi. All'inizio eravamo in pochi, oggi siamo più di cento e portiamo avanti attività di integrazione e sensibilizzazione con l'obiettivo di valorizzare il ruolo delle persone disabili nella nostra società. In questi anni, grazie alle raccolte fondi, abbiamo realizzato diversi progetti: abbiamo costruito un parco giochi dotato di attrezzature e giochi speciali, abbiamo acquistato carrozzine da fuori strada (le joelette) per accompagnare le persone con disabilità in montagna e un mezzo di trasporto per metà carrozzina e per metà bicicletta, prodotto in Olanda, che consente anche a chi non può pedalare di fare un giro in bicicletta.
Finché avete deciso di dedicarvi alla viticoltura: ci racconti com'è andata?
Una nostra socia aveva un vigneto in disuso e con gli altri volontari abbiamo pensato che recuperarlo potesse essere un'ottima occasione per sviluppare un progetto che ci permettesse di rendere concreti i valori che animano la nostra Associazione. Abbiamo creato così un vero laboratorio sociale, nel quale i volontari, disabili e non, si dedicano alla coltivazione della vite. Da questo vigneto, ogni anno produciamo il Vino del Sorriso. Era nostra tradizione infatti organizzare la cena del sorriso, fatta a base di cibi e con modalità che stimolano il buonumore. Abbiamo quindi voluto riprendere questo concetto che ci accompagna dalle origini e rilanciarlo.
Il punto culminante dell'attività di produzione del vino è naturalmente la vendemmia: un rito che chiude un ciclo nel quale si raccolgono i frutti di un intero anno di lavoro e che si trasforma in un momento di condivisione, in una festa. Si pranza insieme, si canta e si balla in una giornata in compagnia tra i filari. Di norma partecipano circa 200 persone. Le uve raccolte sono vinificate da un'azienda vitivinicola locale ed ogni anno la bottiglia del Vino del Sorriso viene impreziosita da un'etichetta creata da un artista o da un partner dell'associazione. In questo caso si potrebbe dire che "l'abito fa il monaco": in un contenitore dall'estetica speciale riposa un contenuto prezioso che ha il gusto dell'inclusione, della solidarietà, della comunanza.
A quali conclusioni sei arrivato dopo tutti questi anni di volontariato con le persone disabili? Quali lezioni hai imparato?
L'aspetto più bello è vedere l'entusiasmo che le persone con disabilità sanno trasmettere nei contesti in cui sono presenti, infondendo serenità in tutti i partecipanti. Io credo che questa magia potrebbe replicarsi in tutti i luoghi di lavoro dove, a mio parere bisognerebbe superare il meccanismo delle cosiddette assunzioni "obbligatorie", e prevedere l'integrazione di persone con disabilità per il contributo che possono dare. Un approccio diverso che valorizzi non solo e non tanto le competenze professionali quanto le qualità personali che le persone disabili possono offrire. Questa ambizione l'abbiamo scritta nello statuto della nostra associazione e chissà che prima poi riusciremo a concretizzarla. Nel frattempo, proseguiamo con le nostre attività, cercando di coinvolgere sempre più persone e di diffondere sempre di più il nostro vino e, assieme ad esso, i principi e i valori che ci animano.
Per maggiori informazioni sull'Associazione Ti Aiuto io: www.tiaiutoio.org