Stories
Persone & Lavoro

Il giving back di Giano e Franci. Così una passione si trasforma in lavoro e coinvolge la comunità

Giano Lai e Francesca Manunta hanno acceso sei anni fa il canale YouTube “Cosa Mangiamo Oggi?”. Qui raccontano il food come semplici clienti e mostrandone il dietro le quinte. Obiettivo: condividere con la community esperienze fuori dall’ordinario. La loro storia in una puntata assai speciale della nostra rubrica Stories
Il giving back di Giano e Franci. Così una passione si trasforma in lavoro e coinvolge la comunità
Giano Lai e Francesca Manunta
13 Jun 24
#storie

Come è successo che due persone completamente avulse dal mondo della cucina gourmet e della gastronomia in generale, superati i quarant’anni e con ruoli manageriali all’interno di grandi aziende, abbiano lasciato tutto per aprire un canale YouTube che si chiama “Cosa mangiamo oggi” e che conta circa 2 milioni di visualizzazioni al mese? Giano Lai e Francesca Manunta ci raccontano la loro storia in una puntata speciale di Stories, la rubrica che declina le passioni delle persone Sella e che in questo caso esce dall’azienda e porta a bordo due manager globetrotter diventati nel tempo youtuber e storyteller per passione.

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«Abbiamo iniziato a condividere le nostre esperienze perché appassionati di comunicazione – entrambi avevamo trascorsi importanti in ambito marketing, comunicazione e digital media – e perché ci capitava spesso di tornare a casa da viaggi, trasferte o week-end in giro con storie incredibili, avventure fuori dal normale, ma nell’impossibilità di far capire veramente cosa avevamo vissuto. Senza immagini e senza video, la narrazione risultava sicuramente più povera. Così è nata la voglia di portare con noi una camera per poter condividere in modo più efficace quello che ci capitava: fosse un viaggio dall’altra parte del mondo, un panino mangiato sulla gradinata di una chiesa o un pranzo in qualche tempio della cucina mondiale. Il nostro canale YouTube piano piano si è riempito di storie, diventando un po’ il nostro diario di viaggio, una finestra che apriamo sulla nostra vita a cui tutti possono accedere. Questo per noi è il senso profondo del nostro progetto: rendere la nostra passione, la nostra vocazione un lavoro e restituirla alle persone e alla comunità in un’ottica di giving back. È una cosa che ci piace talmente tanto fare che non ci pesa e per noi sarebbe difficile immaginare di vivere un’esperienza senza l’idea di condividerla: perché dovendola raccontare e volendolo fare al meglio siamo costretti a studiare, uscire dalla nostra comfort zone e chiedere di poter vedere e fare cose a cui forse non avremmo avuto accesso senza una telecamera.

Come quella volta che a Udine, durante la manifestazione enogastronomica Ein Prosit, ci siamo trovati in una cucina di pochi metri quadri insieme ai dieci migliori chef del mondo, mentre preparavano per pochi eletti la cena di inaugurazione dell’evento. Noi ci sentivamo più fortunati di loro perché non stavamo seduti al tavolo ma in cucina, dove si giocava la vera partita. Ogni video è una sfida, ogni volta cerchiamo un angolo narrativo nuovo, ogni volta ci complichiamo la vita un po’ di più: innanzitutto per noi stessi, per non annoiarci. E poi per provare a portare sempre nuovi stimoli, nuovi personaggi, nuove storie a chi ci guarda.

La cosa più preziosa che abbiamo costruito negli anni è la community di persone che si è affezionata al nostro modo di raccontare le cose e ogni volta il nostro mantra è non tradire la fiducia che ci è stata data, cercando di alzare l’asticella. Non siamo giornalisti enogastronomici né critici e nemmeno gastronomi nel senso stretto del termine, avendo alle spalle lauree in ambiti differenti: compensiamo investendo in corsi, studiando l’infinita letteratura a disposizione e girando per produttori e cucine appena ne abbiamo la possibilità. E raccontiamo tutte le nostre scoperte e il nostro percorso a chi ha voglia di crescere insieme a noi. Ci siamo messi il cuore in pace, non basterà una vita per conoscere nei dettagli l’infinita ricchezza di questo mondo.

All’inizio, come è giusto che fosse, molti ci guardavano strano mentre facevamo le riprese, non capendo bene cosa stesse succedendo, vedendoci più come intralcio che come valore. Iniziando da zero è proprio questo che abbiamo dovuto dimostrare a chi capitava per caso su un nostro contenuto: che valeva la pena guardare i nostri video. E a chi riprendevamo, che il modo in cui raccontavamo la loro storia avrebbe destato interesse. Purtroppo le piattaforme social, che si tratti di YouTube, Instagram o TikTok, si portano dietro lo stigma di essere piene di contenuti stupidi e personaggi improvvisati. Sicuramente in parte è vero, ma sono anche dei media incredibili che permettono di comunicare con un pubblico potenzialmente infinito, senza nessuna intermediazione: nessuna rete televisiva che deve approvare il format, nessun produttore che deve autorizzare il budget o il progetto.

Il mantra con cui siamo sempre andati avanti è sempre stato: come creiamo qualcosa di valore e che duri nel tempo? La monetizzazione è stata una conseguenza successiva, ma mai a detrimento del patto implicito siglato con chi ci segue e, soprattutto, con noi stessi: solo storie, prodotti e avventure che ci gasano, per davvero. La sfida sarà far evolvere il modello di business, incrementando la diversificazione delle attività online e offline, rimanendo fedeli nel focus su realtà di eccellenza, senza perdere lo spirito di curiosità verso il nuovo e la volontà di essere il più possibile accessibili. Non sempre il criterio di valutazione complessivo di un’idea, un progetto, è la misurabilità economico-finanziaria a breve termine. Spesso serve tempo perché questo avvenga e soprattutto è una conseguenza del valore prodotto in termini di qualità: un riconoscimento sociale di un lavoro fatto al meglio delle proprie possibilità».

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