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Il contante è in via d’estinzione oppure no? Il paradosso delle banconote resilienti e la via ibrida ai consumi

In un mondo sempre più connesso e dematerializzato il contante sta vivendo un vero e proprio ritorno di fiamma. Ma se a determinare la scelta di un mezzo di pagamento si impongono la sicurezza, la facilità d’uso, la gratuità e la velocità, perché torniamo al contante che è poco sicuro, costoso e lento? Ed è proprio così, oltre i freddi numeri degli ultimi report? La nuova riflessione nel format Insights - Il punto di Pierangelo Soldavini
Il contante è in via d’estinzione oppure no? Il paradosso delle banconote resilienti e la via ibrida ai consumi
La presentazione ai media delle nuove sterline con l'effigie di re Carlo III (Daniel Leal / AFP via Getty Images)
14 Mar 24
#pagamenti
Pierangelo Soldavini
Pierangelo Soldavini

Questa è la nuova puntata della nuova rubrica mensile Insights - Il punto di Pierangelo Soldavini. Qui leggerai un'analisi a firma del noto giornalista italiano esperto di economia e innovazione. Da trent'anni Soldavini scrive sul Sole24Ore ed è considerato un riferimento sui temi legati al mondo bancario. Perché abbiamo bisogno di comprendere le sfide contemporanee che attraversano i nostri mercati. Perché abbiamo necessità di individuare bussole che ci orientano in questo tempo incerto. Perché abbiamo urgenza di decriptare la complessità, provando a comprenderne il senso. Rileggi le precedenti puntate e buona lettura con quella nuova!

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A Londra sono pronte a entrare in circolazione le prime banconote con il volto di re Carlo III a partire dal 5 giugno. I nuovi biglietti da 5, 10, 20 e 50 sterline sono state presentate a una mostra presso la Bank of England dedicata al futuro dei soldi, dal denaro elettronico alle Central Bank digital currencies. Fino al contante. Anzi, sempre più contante.  Perché al contrario del luogo comune che il denaro fisico sia in via d’estinzione in realtà stiamo assistendo a una ripresa dell’uso di banconote e metallo un po’ ovunque. Difficile dire se sia una fiammata prima dello stadio terminale – come ormai le previsioni indicano – oppure un trend di lungo periodo che allungherà l’agonia. Ma il dato di fatto è che il contante si dimostra ben più resiliente di quanto si stimasse.

In Gran Bretagna da dieci anni a questa parte si registra un aumento della richiesta di banconote con un’impennata a partire dal 2020, l’anno del lockdown: il valore delle banconote in circolazione è cresciuto del 16%, il volume del 17%, mentre nel 2022 i pagamenti in contanti hanno messo a segno una ripresa per la prima volta in un decennio con un balzo del 7% a 6,4 miliardi di sterline. La Bank of England stima che un inglese su cinque preferisca il contante come metodo di pagamento, mentre una percentuale ancora maggiore l’ha rivalutato come store of value, che è poi una delle tre funzioni tipiche della moneta. Insomma, di fronte all’incertezza congiunturale e all’inflazioni i sudditi di re Carlo sono tornati a rivalutare la sicurezza del materasso. Ma il trend è confermato anche negli Stati Uniti, dove il contante vale solo il 18% delle transazioni effettuate – era al 26% prima dell’emergenza legata al Covid) – dietro a carte di credito e carte di debito, che insieme arrivano al 60% del totale con una leggera prevalenza delle prime. Questo almeno nel 2022. Aspettiamo di vedere com’è andata l’anno scorso, ma la Fed ha segnalato che a fine 2023 c’erano 54,1 miliardi di banconote in circolazione, più del doppio dei 22,9 miliardi di vent’anni prima. Con un incremento che ha interessato tutti i tagli, dal biglietto da un dollaro fino al Benjamin da cento. 

Anche qui si conferma che, a dispetto della crescente fiducia nel denaro elettronico, il denaro contante rimane un metodo di pagamento rilevante per diversi tipi di consumatori, che non necessariamente sono i più anziani. Anzi. La Bank of England segnala che tra gli utenti che stanno utilizzando il contante in misura crescente ci sono anche giovani tra 20 e 40 anni, oltre a lavoratori con contratti a termine che non vogliono perdere il controllo delle loro finanze. Neanche l’Europa contraddice questo scenario. I dati della Banca Centrale Europea indicano un aumento impressionante delle banconote in circolazione passati in vent’anni da poco più di nove miliardi ai quasi trenta miliardi di pezzi – per un valore di oltre 1.500 miliardi di euro – a fine 2023, trainati dalla crescita esponenziale dei biglietti da 50 euro, che oggi rappresentano la metà dei biglietti sul mercato. La stessa Bce ha pubblicato tre anni fa un paper dedicato a quello che viene indicato come il “paradosso delle banconote”, di fronte all’andamento divergente tra le banconote in circolazione in costante aumento e il loro utilizzo per transazioni, in diminuzione anche se non costante.

E il paradosso diventa ancora più paradossale nel 2020, l’anno del lockdown, quando il mondo quasi intero si è trovato a fare spesa online, quindi in maniera digitale, ma allo stesso tempo ha fatto incetta di contante: nei due anni precedenti l’emissione netta di banconote era stabile intorno ai 61 miliardi di euro, nel 2020 è più che raddoppiata a oltre 140 miliardi. D’altra parte in periodi di crisi la reazione delle persone è quella di trovare conforto nella moneta fisica: era successo così dopo la crisi di Lehman Brothers nel 2008, ma anche a cavallo del cambio di secolo, quando la paura di un blocco informatico globale allo scoccare della mezzanotte aveva indotto le persone a fare incetta di cash. Ma questa volta sembrava differente proprio perché il lockdown aveva giocoforza soffiato nel senso di un cambio di abitudini a favore della digitalizzazione del denaro. Eppure così non è stato, tanto che gli ultimi due anni, quelli post-Covid, hanno segnato una progressiva ripresa nell’uso del contante a fini transazionali, anche in Italia. Un rapporto di Minsait Payments indica che il contante rimane il singolo sistema di pagamento preferito dagli italiani, con il 37,4%, in crescita del 6%, rispetto al 53% totale tra carte di credito, debito e wallet digitali, con un tasso di utilizzo che è tra i più alti dell’Europa intera. Anche l’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, appena pubblicato online, fotografa una situazione: sostanzialmente stabile al 44% (contro 40% di pagamenti digitali). Per di più il contante finisce per avere un impatto anche in termini di sostenibilità: 2,7 kg di CO2 per abitante, per un totale di oltre 160mila tonnellate l’anno, secondo i calcoli di The European House-Ambrosetti.

Ma allora perché il contante risulta così resiliente? I motivi sono diversi. Senz’altro la crisi post-Covid, la flessione congiunturale e l’inflazione hanno spinto nel senso dell’esigenza di avere maggiormente sotto controllo le finanze personali: il possesso fisico funziona da coperta di Linus sia nel senso della sicurezza che come riserva per eventuali emergenze. Psicologicamente la disponibilità materiale continua a funzionare a livello di protezione dai rischi, come se la carta o il wallet digitale fossero meno sicuri. C’è anche chi sottolinea come, a livello inconscio, il contante serva per “dimenticare” le spese perché non lascia alcuna traccia, soprattutto per gli acquisti più voluttuari. Al contrario la carta serve per “ricordare” e tracciare le spese. Certo non bisogna essere troppo ingenui: questa minor trasparenza delle transazioni è alla base dell’economia informale, ancora così forte in Italia, e dell’evasione fiscale. Non possiamo nasconderci che questo fattore rappresenti un elemento fondante - se non il principale - della resilienza della moneta fisica. Proprio l’Osservatorio del Politecnico di Milano aveva provato a fare i conti dell’entità dell’evasione fiscale derivante dall’uso del contante, arrivando a una stima di oltre 30 miliardi di euro. Vale a dire che, su base puramente teorica, l’azzeramento del cash nelle transazioni farebbe risparmiare un’intera manovra finanziaria. Senza tenere conto del giro d’affari della criminalità che si fonda sulla scarsa trasparenza del contante.

Ma questo non spiega certo il ritorno di fiamma del contante negli ultimi anni. Per questo bisogna fare ricorso all’esigenza del controllo che premia il ritorno al materasso come deposito privilegiato per il proprio patrimonio. Eppure il rapporto Minsait sottolinea come a determinare la scelta di un mezzo di pagamento piuttosto di un altro siano fattori come sicurezza, facilità d’uso, gratuità e velocità. Che non sono esattamente le caratteristiche peculiari del contante, che, al contrario, è oggetto poco sicuro, costoso e lento. Anche se spesso non ce ne rendiamo conto. Ma basta pensare ai tempi necessari a volte per trovare il resto e delle difficoltà dei merchant che in questo periodo di transizione tra moneta digitale e fisica si ritrovano a dover tenere aperti tutti i canali, compreso il cash e le esigenze di liquidità conseguenti. Con il rischio di dover dare il resto di 50 euro per un caffè. Questa resistenza culturale al cambiamento è un po’ quella che si riscontra nei confronti dei servizi bancari nel loro complesso. La spinta verso il digitale e l’automazione non esaurisce il compito di un attore dei servizi finanziari. Perché il consumatore, ma anche l’azienda, oggi cerca un affiancamento e una presenza che aiuti a sciogliere le complessità della realtà, che li supporti nella comprensione delle scelte da fare, che li rassicuri passo dopo passo. Anche quando si tratta di optare per la dematerializzazione del denaro.

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