Elisa con la clownterapia va in ospedali, carceri, case di riposo. "La mia passione nasce per caso, proprio come un sorriso"
La clownterapia, detta anche terapia del sorriso, è l'applicazione di tecniche di clownerie allo scopo di migliorare l'umore delle persone. Elisa Andreotti, che lavora presso l'ufficio Amministrazione di Sella Leasing, ha scoperto questa realtà casualmente nel 2010. "In quel periodo sentivo il bisogno di fare qualcosa che potesse essere utile e che allo stesso tempo mi facesse stare bene. Quando ho scoperto che stava proprio per cominciare un corso tenuto dall'associazione "Il naso in tasca" senza pensarci troppo mi sono iscritta", afferma Elisa Andreotti.
La dottoressa Risottina. Il corso si rivela molto impegnativo: giornate intere passate a imparare i trucchi del mestiere, ma soprattutto ad affrontare le situazioni che Elisa dovrà vivere nella sua nuova attività: ospedali, case di riposo, case circondariali. "Ho dovuto lavorare molto su me stessa, imparare a gestire le emozioni per portare un sorriso agli altri in contesti complessi, ma alla fine ce l'ho fatta". Da quel giorno Elisa è la dottoressa Risottina, "un nome che ho scelto perché essendo celiaca il riso è una tra le cose che posso mangiare tranquillamente. E poi ovviamente perché ricorda il sorriso".
Un'avventura sempre nuova. Uscita dopo uscita, Elisa acquisisce consapevolezza e scopre che fare il clown dottore è un'attività tutt'altro che semplice. "Ogni volta è un'avventura diversa, in base a come ti senti quel giorno, dal collega che ti accompagna e soprattutto dal contesto, dalle persone e dalle storie che ti trovi di fronte. Ogni volta, ricevi delle emozioni diverse: questa è una difficoltà ma è anche uno stimolo". Elisa, da quando è diventata la Dottoressa Risottina, di esperienze ne ha vissute davvero tante.
Elisa, ci racconti come si svolge la tua attività in ospedale?
Innanzitutto ci dividiamo per reparti. La pediatria ha sempre la priorità, ma se siamo in tanti visitiamo anche la chirurgia o la geriatria. Quando arriviamo in reparto, una volta ottenuto il via libera, entriamo camera per camera cercando di interagire con i pazienti nella maniera che ci sembra più opportuna. Non facciamo un vero e proprio spettacolo, diciamo che facciamo un po' gli stupidotti tra clown, improvvisando e cercando di strappare sorrisi, magari cercando di coinvolgere anche i genitori o parenti presenti. Non è sempre così semplice, in particolare in pediatria dove, a differenza di quanto si possa pensare, a volte non è immediato entrare in empatia con bambini o adolescenti.
Invece con le persone anziane come vi relazionate?
Nelle case di riposo ti trovi di fronte ad una situazione più statica dove devi cercare di instaurare una relazione più prolungata con le persone. Le sensazioni che provi sono diverse, forse perché in qualche modo mi sento più coinvolta, in certi casi anche proiettata. Hai a che fare con persone che spesso si sentono sole e ti rendi conto che a volte hanno proprio solo bisogno di parlare. Ecco, più che intrattenerli in questi casi facciamo loro compagnia: diventiamo, per così dire, dei clown d'ascolto.
E nelle case circondariali?
L'esperienza di volontariato in carcere è una delle situazioni che più adoro. Sono entrata in contatto con questo mondo per la prima volta in occasione di una festa che concludeva un percorso di genitorialità destinato ai papà detenuti. È stata un'emozione che ricorderò per tutta la vita: sia perché entravo in contatto con un contesto che non conoscevo affatto, sia perché sono stata testimone di momenti molto intensi. Ricordo che ogni volta che terminava questa festa io e i miei compagni ci guardavamo cercando di trattenere i lacrimoni e dovevamo mettercela tutta per continuare a fare il nostro compito che era quello di rendere meno difficile la separazione papà - figlio. Poi ho avuto modo di partecipare ad altre iniziative e di collaborare in maniera più continuativa con questa istituzione.
Di fronte a certe situazioni devi sforzarti per non lasciare che l'emozione prenda il sopravvento, anche perché tu sei lì proprio per fare il contrario
Qual è la difficoltà maggiore nel portare un sorriso in contesti difficili?
Direi che le difficoltà sono tre. In primo luogo c'è il rifiuto da parte delle persone che hai davanti anche se, devo essere sincera, è un'eventualità che capita molto di rado. In casi come questo, l'unica cosa che ti rimane da fare è toglierti il naso e mettertelo in tasca (da qui il nome dell'associazione). Poi bisogna sempre riuscire a mantenere un certo distacco e, credimi, in alcuni casi non è affatto semplice mantenere la distanza e non prendersi a cuore certe situazioni. Infine, e questa forse è la difficoltà maggiore, devi sempre essere in grado di gestire le tue emozioni. Di fronte a certe situazioni devi sforzarti per non lasciare che l'emozione prenda il sopravvento, anche perché tu sei lì proprio per fare il contrario. Il coinvolgimento emotivo spesso è molto forte e capita di portarti a casa delle esperienze intense. Proprio per questo, tutti noi clown dottori abbiamo degli incontri periodici con una psicologa, per poter parlare di eventuali problemi e per evitare di andare in burnout.
Quando torni vieni sempre accolta con un sorriso e quando te ne vai ti dicono di tornare presto
Ci racconti qualche esperienza che ti è rimasta particolarmente nel cuore?
Ne avrei tantissime, proprio perché ogni esperienza è sempre unica e diversa da tutte le altre. Una volta con una mia collega clown, che non conoscevo benissimo, ci siamo trovate di fronte ad un paziente che ci ha raccontato la sua storia che, per pura casualità, aveva moltissime analogie con episodi che entrambe avevamo vissuto nella nostra vita privata. Ricordo che, una volta uscite dalla stanza, ci siamo date un abbraccio lunghissimo, che dopo tanto tempo ci unisce ancora. Un altro ricordo molto intenso è legato a una visita ad una bambina oncologica di quattro anni. In quel pomeriggio io e la mia collega siamo riuscite a far divertire e a distrarre la bambina e la sua mamma: è stato uno dei momenti più significativi per me, perché non capita tutti i giorni di riuscire a regalare un'oretta di serenità e di divertimento in situazioni del genere. È stata un'esperienza veramente unica.
La clownterapia mi ha aiutato a mettermi in gioco e a prendermi un po' meno seriamente
Come è cambiata la tua vita da quando hai abbracciato questa tua passione?
La clownterapia mi ha aiutato a mettermi in gioco e a prendermi un po' meno seriamente. Io sono sempre stata abbastanza timida e vestire i panni della Dottoressa Risottina mi aiuta a ridere di me stessa, oltre che a far ridere. Certo, non è sempre facile: a volte mi trovo in difficoltà perché non mi sento abbastanza brava, ma questa attività ti dà veramente tanto perché ti carichi di emozioni che ti arricchiscono. Noi spesso pensiamo di avere dei problemi ma entrare in contatto con persone che non sono state così fortunate ti aiuta a metterti in discussione e a dare la giusta dimensione alle cose.
La clownterapia, quindi, funziona a doppio senso: è consigliata anche per ricevere oltre che per dare?
Tu inizialmente lo fai per dare, ma alla fine ricevi anche tantissimo. A volte ti trovi di fronte a persone che, pur nelle loro difficoltà, sanno regalarti veramente tanto e ti rendi conto di quanto sei fortunata. Io non rimango mai delusa perché ho la consapevolezza di aver fatto qualcosa che alle persone rimane, anche quando te ne sei andata. In casa di riposo, per esempio, quando torni vieni sempre accolta con un sorriso e quando te ne vai ti dicono di tornare presto: sono piccole cose ma quello che può sembrare piccolo in certi casi è molto grande. Credo che di fronte al dolore, bisognerebbe essere tutti un po' più propensi verso gli altri. Certo questa non è un'attività per tutti perché ciascuno ha il suo carattere, le sue capacità e le sue difficoltà: ma se ci penso, anche io quando ho iniziato non ero particolarmente estroversa. Alla fine la mia passione per la clownterapia è nata un po' per caso, proprio come un sorriso.