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Open Innovation

E se la prossima banca fosse basata su ChatGPT

È una provocazione, ma la creatura di OpenAI potrebbe ampliare la sua portata di azione nei servizi finanziari. Non una banca vera e propria, ma qualcosa che le assomiglia. Già oggi l’agentic commerce permette di passare in pochi touch dalla scelta all’acquisto all’esecuzione del pagamento in modo fluido e conversazionale. Il personal shopper vira verso il personal banker? La nuova riflessione di Pierangelo Soldavini
E se la prossima banca fosse basata su ChatGPT?
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Pierangelo Soldavini
Pierangelo Soldavini

Questa è la nuova puntata della rubrica mensile Insights - Il punto di Pierangelo Soldavini, un'analisi a firma del noto giornalista italiano esperto di economia e innovazione. Qui puoi leggere le precedenti puntate.

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 In primavera erano arrivate le prime avvisaglie, OpenAI aveva lasciato intendere di volersi posizionare strategicamente nell’e-commerce: già allora i suoi utenti usavano un miliardo di volte a settimana ChatGPT alla ricerca “assistita” di prodotti e consigli di shopping. Oggi, in poco più di sei mesi dopo, la svolta ha preso forma. A luglio la casa madre di ChatGPT ha introdotto il protocollo Agentic Commerce, che permette ai merchant di rendere disponibili i loro prodotti all’interno di app basate su AI, permettendo di fatto ai consumatori di eseguire acquisti tramite agenti AI. A partire ovviamente da ChatGPT, che punta così a vestire i panni di un personal shopper che copra l’intero processo di acquisto, dalla selezione dei prodotti alla scelta d’acquisto. I primi grandi player ad adottare il protocollo sono stati Etsy e Shopify, seguiti da Walmart con il suo chatbot Sharky disponibile all’interno dell’app del colosso americano della grande distribuzione messo in connessione con ChatGPT. A settembre poi è arrivato Instant Checkout, lo standard sviluppato insieme a Stripe che permette agli utenti di aggiungere l’ultimo tassello del processo di shopping: il pagamento. Ora l’adozione dell’Agentic Commerce da parte di PayPal chiude il cerchio mettendo a disposizione le diverse forme di pagamento e di finanziamento del colosso dei pagamenti.
In un lasso di tempo così breve quindi OpenAI ha aggiunto alla sua creatura un’intera feature innovativa che – c’è da scommettere – convincerà in breve milioni di utenti con una soluzione di agentic commerce a portata di mano, passando in pochi touch dalla scelta all’acquisto all’esecuzione del pagamento, in maniera totalmente fluida e conversazionale.

La rapidità di esecuzione della nuova funzione e l’ingresso nei pagamenti non può che indurre qualche riflessione sull’evoluzione potenziale di ChatGPT, che potrebbe ampliare la sua portata di azione nell’ambito dei servizi finanziari. Non una banca vera e propria, ma qualcosa che le assomiglia. Con l’open banking diventa possibile anche questo. Il personal shopper può trasformarsi in un personal banker, ossia in un consulente per i risparmi e gli investimenti, ma anche per la scelta del mutuo e per le decisioni quotidiane in ambito finanziario. Una prospettiva possibile? Abbiamo provato a chiederlo al diretto interessato, il quale ha risposto a tono ammettendo che, in senso stretto, “ChatGPT non può diventare una banca” dal momento che “un modello di AI non è un soggetto giuridico, non può detenere licenze, raccogliere depositi o prestare denaro sotto la propria responsabilità”.

Può però “alimentare servizi bancari”. Ed è qui che la risposta diventa interessante perché il chatbot individua quattro scenari realistici “e già in parte visibili”, con tanto di rischi connessi. Così ChatGPT si candida in primo luogo come interfaccia/assistente per banche esistenti: “come “front-end conversazionale” collegato via Api a una o più banche in modalità “Banking-as-a-Service”. L’AI non tocca i fondi: interpreta richieste (“sposta 200 euro”, “blocca carta”), spiega termini, avvia flussi “Know your customer”, ma l’operazione la esegue la banca. Qui i rischi sono di accuratezza, consenso informato, sicurezza e responsabilità in caso di errore dell’assistente”. In qualità di istituto di moneta elettronica o di payment institution, una società può utilizzare ChatGPT chiedendo licenze più leggere (e-money, pagamento). Gestirebbe wallet e pagamenti, con fondi salvaguardati con un modello più vicino a una super-app finanziaria che alla banca. Ma una società proprietaria della tecnologia AI potrebbe arrivare anche ad “acquisire una banca piccola o richiedere una charter; oppure stipulare accordi esclusivi con una banca che fornisca servizi in white-label”. Lo stesso ChatGPT ammette che rappresenta “lo scenario più complesso: servono capitale, risk management (es. governance dei modelli, explainability, controlli), auditability e funzioni umane che firmano le decisioni”. Infine ChatGPT si candida come “personal Cfo” che “legge dati di più conti (open banking), ottimizza pagamenti e risparmi, ma non detiene denaro. Ha minori oneri prudenziali, maggiori su privacy, sicurezza, trasparenza dei consigli”.

Oltre ai nodi regolamentari connessi, non si può prescindere dall’intervento umano: un assistente bancario basato su AI richiede human-in-the-loop nei punti critici (credito, blocchi antifrode, reclami), log robusti, tracciabilità e recovery se l’AI sbaglia. “Nessun supervisore accetterà “l’algoritmo ha deciso” come unica difesa”, ammette il chatbot. Più che ChatGPT banca, si possono quindi ipotizzare banche con ChatGPT dentro, almeno per il momento: agenti AI per customer care, riconciliazioni, dispute e chargeback; co-pilot per consulenti e gestori di crediti; onboarding e Kyc conversazionali, con verifica documentale automatica e strong customer authentication; personal finance agent che spiega tassi, rischi, costi, e avvia operazioni in modo spiegabile e autorizzato. Ripetiamo: per il momento. Perché le cose potranno evolvere, anche molto rapidamente!
 

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