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Parla il filosofo tech Accoto: "Per capire l'intelligenza artificiale dobbiamo studiare"

Parla il filosofo tech Accoto:
Cosimo Accoto
24 Jul 23

«Per capire come l'intelligenza artificiale impatterà nel mercato del lavoro dobbiamo riconoscere i tre elementi chiave del suo sviluppo tecnologico contemporaneo: è estrattiva, generativa, predittiva. Oggi la cosiddetta intelligenza artificiale fa tre cose. Impara con l'estrazione di schemi informativi dai dati. Genera con la produzione di contenuti: conversazioni, immagini, musiche, video. E ancora predice, cioè elabora previsioni e processi decisionali. Fa tutto questo a suo modo e in maniera differente da come l'umano procede, anche grazie a machine learning e deep learning. Queste tre modalità vincenti di elaborazione meccanica delle informazioni scardinano in profondità antichi modi di lavorare e vecchie divisioni del lavoro. Non senza limiti e criticità, ma con impatto significativo».

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Per tenere il passo con gli sviluppi dell'intelligenza artificiale sarà necessario un imponente piano di educazione e formazione a tutti i livelli

Così afferma Cosimo Accoto, tech philosopher e research affiliate e fellow al MIT di Boston, uno dei più influenti filosofi digitali contemporanei, da anni impegnato a studiare l'innovazione culturale e tecnologica su diversi livelli. Il suo sguardo è una lucida disamina sui cambiamenti che la tecnologia, e in particolare l'intelligenza artificiale, sta portando nell'ambito lavorativo. «Le possibilità robotiche delle auto a guida autonoma, le abilità linguistiche di assistenti virtuali e chatbot, le capacità predittive della medicina di precisione o della manutenzione anticipatoria in fabbrica impongono di aggiornare le competenze e le professionalità; alcuni lavori spariranno, altri verranno ridisegnati. Per tenere il passo con gli sviluppi dell'intelligenza artificiale sarà necessario un imponente piano di educazione e formazione a tutti i livelli. E consideriamo che siamo ancora solo all'inizio», precisa Accoto, autore per Egea di un'originale trilogia filosofica sulla civiltà digitale: Il mondo in sintesi (2022), Il mondo ex machina (2019), Il mondo dato (2017), quest'ultimo tradotto in più lingue e di recente anche in cinese. 

Il digitale richiede nuovi modelli e forme mentali, nuove competenze professionali, nuove culture d'impresa

Professore, quali ostacoli vede nell'espansione della digitalizzazione?
Dobbiamo intanto capire che il digitale non è semplicemente un canale di comunicazione o una tecnologia che impatta solo alcuni settori e mercati. Più filosoficamente e strategicamente è una nuova terraformazione, un nuovo modo di essere abitato del nostro pianeta che impatta sulle nostre vite personali e su quelle professionali, sulla società, sull'economia e sul business. Per me c'è soprattutto una criticità culturale: abitare il pianeta Terra digitale richiede nuovi modelli e forme mentali, nuove competenze professionali, nuove culture d'impresa. Poi c'è il tema dei modelli innovativi di business da implementare e gli investimenti finanziari, infrastrutturali e tecnologici. Un Paese come il nostro fatto di piccole e medie imprese risente fortemente di queste tre criticità. Ma credo che quella più rilevante sia quella culturale, perché si tratta di passare a nuove forme mentis e modus operandi.

Oggi il dato è l'elemento cruciale di due forze competitive chiave: l'automazione robotica e l'intelligenza artificiale

In che modo si affronta tutto questo?
Facciamo l'esempio del chaos engineering. Tecnicamente, istanzia l'idea e la pratica ingegneristica di attaccare intenzionalmente, preventivamente e sempre più automaticamente le proprie architetture informatiche e di business per poterne conoscere sicurezza, consistenza e resilienza. Si pianifica e si attua l'iniezione deliberata e arrischiata di caos entropico nel sistema, mentre è in effettiva produzione non in ambiente di prova o sviluppo per esplorare e riconoscere punti di debolezza, insospettabili criticità operative, interruzioni o fallimenti del servizio. Culturalmente il passaggio di paradigma è spaesante e paradossale per le imprese tradizionali, che invece cercano di minimizzare il fallimento in frequenza e tempi. Sono tutti passaggi culturali prima che tecnologici.
 

Com'è cambiato l'approccio nel corso dei mutamenti che hanno segnato la storia delle tecnologie digitali?
L'approccio tecno-filosofico alla base del racconto della mia trilogia, presente anche nei mie ultimi libri, non è cambiato e si è rafforzato. Lo sguardo che viene costruito e la mappa interpretativa delle trasformazioni digitali che ne è uscita guarda alle fondamenta della civiltà digitale, quindi non tanto alla cronaca che può cambiare nei suoi fenomeni temporanei, ma alle linee fondative. Programmazione, automazione e simulazione sono le tre dimensioni chiave che non cambieranno. Il potere innovativo del codice software - dai media alle monete - continuerà a mostrare la sua forza distruttrice sul vecchio mondo e creatrice del nuovo. L'automatizzazione espanderà il suo dominio - dalla robotica agli smart contract - ridisegnando modelli di business e forme produttive. La capacità simulativa delle macchine non conoscerà sosta, arrivando a ricreare artificialmente esperienze e servizi, dagli ambienti virtuali ai linguaggi sintetici. A chi non guarda culturalmente questi momenti possono sembrare caotici, accelerati, dirompenti... e lo sono naturalmente. Ma noi dobbiamo saperli leggere strategicamente con uno sguardo filosofico profondo.
 
In che modo possiamo farlo?
Pensiamo anche solo alla blockchain per fare un altro esempio. Letta filosoficamente la blockchain non trasforma solo "cosa" produciamo, generando innovazione tecnologica, ma piuttosto "come" produciamo, ossia innovazione istituzionale. Modifica come riusciamo a organizzare nuovi modi di produzione, si sarebbe detto un tempo. Così la blockchain è più vicina idealmente alla rivoluzione della divisione del lavoro che a quella dell'elettricità. La prima è un'innovazione soprattutto nelle dinamiche istituzionali, la seconda è un'innovazione principalmente delle tecniche produttive.
 
Qual è il suo pensiero sulla datificazione del mondo?
Oggi siamo dentro una sensor society e una data-driven economy. Grazie ai sensori è arrivata l'ondata dei dati che ricaviamo dalle tracce digitali che lasciamo in ogni nostro comportamento e che anche gli oggetti oggi producono, a partire dall'uso del mobile e dei social fino alla futura internet delle cose e al metaverso emergente. Inoltre oggi il dato è l'elemento cruciale di due forze competitive chiave: l'automazione robotica e l'intelligenza artificiale. Siamo anche giunti a creare synthetic data: i metadata sono al centro delle tecnologie di tokenization, anche di quella ultima infungibile, mentre in cybersicurezza si parla sempre più di militarizzazione del dato a proposito di attacchi criminali e di cyberguerra. Infine la misurazione è l'operazione chiave della computazione quantistica che ci porterà dai bit ai qubit. Il metaverso col passaggio dai pixel ai voxel si fonda sui dati, quindi avatar e wallet. E poi arriverà la Quantum internet con le sue straordinarie capacità di comunicazione quantistica dell'informazione.

La data revolution, presenta anche rischi legati alla riservatezza dei dati o all'imparzialità delle decisioni degli algoritmi

I dati restano centrali?
Coi dati abbiamo simulato l'immagine di un buco nero nello spazio. Questo fa capire quanto oggi la cura e la gestione del dato siano leve strategiche chiave. Tuttavia non nascondo le criticità di questa data revolution, come qualcuno l'ha chiamata. A rischio non sono solo la riservatezza dei dati o l'imparzialità delle decisioni degli algoritmi.

Cosa c'è in gioco?
In gioco ci sono la nostra libertà di scelta e più filosoficamente la determinazione stessa del nostro destino, che riguarda anche il fatto che questa rivoluzione digitale è fortemente energivora: dalla gestione dei data center all'addestramento delle reti neurali artificiali fino alle blockchain e ai meccanismi di cryptomining computazionale. Le sfide sono molte e rischiose, ma i benefici attesi sono significativi. Al MIT le soluzioni le stanno approntando. Ma è una missione lunga e complessa.