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Impatto

Dentro le dinamiche del controllo: che cosa ci insegna la violenza economica nelle relazioni interpersonali

Dentro le dinamiche del controllo: che cosa ci insegna la violenza economica nelle relazioni interpersonali
Maria Marenco

Promuovere una cultura inclusiva e rispettosa significa contribuire a un cambiamento che va ben oltre l’ambito aziendale. Con il progetto di ricerca sulla violenza economica nelle relazioni interpersonali, promosso dal gruppo Sella in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, il Gruppo ha scelto di accendere l’attenzione su una forma di abuso ancora poco riconosciuta ma molto diffusa, capace di limitare autonomia, diritti e opportunità. A raccontarci l’origine e l’evoluzione di questo percorso è Maria Marenco di Moriondo, Diversity & Inclusion Lead del gruppo Sella.
Entrata nel Gruppo nel 2011, dopo una formazione che unisce Storia dell’arte e Business Administration, Maria ha maturato esperienze che spaziano dalla formazione all’employee engagement, fino alla guida, negli ultimi due anni, delle iniziative di Diversity & Inclusion. «Ogni passaggio mi ha insegnato qualcosa di prezioso», racconta. «Oggi contribuire a progetti che aiutano le persone a riconoscere e proteggere la propria autonomia è per me un impegno autentico, prima ancora che professionale».

Maria, partiamo dall’inizio: come nasce l’idea di avviare una ricerca sulla violenza economica?
«L’idea nasce dal bisogno di far emergere ciò che spesso resta nascosto. La violenza economica è subdola: mina la libertà, condiziona le scelte, rende le persone dipendenti senza che se ne accorgano del tutto. Molti la vivono, pochissimi la riconoscono.

Come Gruppo, ci siamo chiesti quale ruolo potessimo avere. La risposta è stata chiara: contribuire a portare alla luce questo fenomeno, approfondirlo e capire come prevenirlo.

Volevamo conoscere non solo quanto sia diffuso, ma come viene percepito, chi sono le persone più esposte e quali ostacoli incontrano. La ricerca è nata proprio da questo: dal desiderio di comprendere per poter agire, in linea con la nostra visione di inclusione e con l’idea che ogni iniziativa debba generare un impatto reale».

Perché è diventato un tema prioritario per il gruppo Sella?
«Perché parliamo di un fenomeno trasversale, che riguarda uomini e donne, e che ha conseguenze dirette sulla capacità di autodeterminazione. Sensibilizzare su questo tema significa agire per una società più equa e inclusiva. Questa ricerca ci aiuta a sviluppare strumenti per riconoscere i segnali di rischio e a progettare servizi che non possano essere utilizzati in modo improprio. Prevenire la violenza significa anche questo: pensare prodotti consapevoli, che tutelino e non che possano essere usati per limitare qualcuno.

Comprendere è il primo passo per proteggere l’autonomia e, allo stesso tempo, per contribuire a una cultura realmente rispettosa dei diritti di tutti».

Quali sono gli obiettivi principali del progetto?
«Gli obiettivi vanno ben oltre la sensibilizzazione. Vogliamo trasformare la conoscenza in azioni che possano davvero fare la differenza.
In primo luogo, intendiamo dare strumenti concreti a chi lavora in banca: riconoscere un segnale d’allarme, sapere come comportarsi, capire quando una persona potrebbe trovarsi in una situazione di vulnerabilità economica. Significa formazione mirata, linee guida chiare e una nuova consapevolezza nel servizio quotidiano.

Parallelamente, vogliamo ripensare prodotti e servizi affinché favoriscano l’autonomia economica e non possano essere usati in dinamiche di controllo. L’accesso alle risorse finanziarie deve essere un mezzo di libertà, non un vincolo.

Infine, questa ricerca vuole contribuire anche a proteggere i contesti familiari e personali: i dati raccolti ci aiuteranno a creare soluzioni che incidano davvero, dentro e fuori dal Gruppo. In sintesi: non vogliamo fermarci alla consapevolezza, ma costruire cambiamento concreto e duraturo».

Come si è sviluppata la ricerca?
««La ricerca è stata strutturata in più fasi e si è ora conclusa la parte principale del lavoro, ovvero la prima fase. Abbiamo iniziato con una revisione approfondita della letteratura scientifica per definire in modo chiaro il fenomeno e individuare fattori di rischio e di protezione.

Parallelamente, è stata condotta una survey su un campione rappresentativo della popolazione italiana – oltre 2.000 persone – per misurare la conoscenza del fenomeno, stimarne la diffusione e capire chi sono i soggetti più vulnerabili.

Il questionario, approvato dalla Commissione Etica dell’Università, ha integrato scale validate per analizzare aspetti come competenza finanziaria, stereotipi di genere e capacità di resilienza. È stato un lavoro rigoroso, che ci permette ora di avere un quadro solido da cui partire per le prossime fasi: identificare le buone pratiche, tradurre i risultati in iniziative di sensibilizzazione e co-creare prodotti e servizi bancari per prevenire la violenza economica.»

Quali evidenze ti hanno colpito di più?
«Molte. Una su tutte: il 15% degli adulti italiani ha vissuto almeno una forma di violenza economica. Non parliamo di qualcosa di marginale.
E ancora: il 22% della popolazione è in una condizione di rischio medio o elevato, spesso senza esserne davvero consapevole. Questo dato mi ha colpita profondamente, perché racconta quanto sia facile restare intrappolati in dinamiche che sembrano “normali”, ma non lo sono affatto.

Un’altra evidenza importante è che il fenomeno colpisce uomini e donne in modo simile. La differenza sta nella consapevolezza: le donne tendono a riconoscerlo più frequentemente, mentre molti uomini non lo identificano come abuso.

E poi c’è l’aspetto forse più doloroso: chi riconosce di subire violenza economica quasi mai riesce a chiedere aiuto. Per paura, per mancanza di informazioni, perché non sa da dove iniziare. È questo che ci spinge ancora di più a costruire percorsi di supporto e prevenzione».

In che modo questa ricerca influenzerà le politiche di Diversity & Inclusion nel Gruppo e quali azioni concrete sono previste?
«Questa iniziativa rappresenta un tassello fondamentale del nostro impegno sociale: sensibilizzare il Gruppo significa sensibilizzare la società. Non vogliamo fermarci alla consapevolezza, ma trasformare gli insight in strumenti concreti. L’obiettivo è integrare queste riflessioni nei nostri servizi e prodotti, affinché diventino leve di prevenzione. 

Guardando al futuro, come immagini la D&I tra cinque anni?
«Mi auguro che il gender pay gap sia finalmente superato e che le donne possano vivere la genitorialità senza temere impatti sulla propria crescita professionale.

Spero anche in una maggiore sensibilità verso forme di diversità oggi meno visibili, come disabilità e neurodivergenze, perché un luogo davvero inclusivo riconosce ogni persona nella sua unicità. Questo, secondo me, è il futuro a cui dobbiamo tendere».

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