Next, voci dal futuro | dApps e l’evoluzione delle applicazioni on chain
Le applicazioni (o app) sono ormai parte integrante della nostra vita. Utilizziamo app su laptop, pc fisso, smartphone con l’obiettivo di tenere sempre sotto controllo notifiche e interazioni con altri individui. Nella maggior parte dei casi, sappiamo con chi stiamo interagendo, conoscendo un identificativo unico della controparte che è rappresentato da un numero di telefono, una mail, un nome o cognome, un ID unico.
Le app sono esplose nel mercato dopo la nascita e crescita dei GAFAM (acronimo di Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft) nel secondo decennio degli anni 2000. In particolar modo, Apple ha aperto alla possibilità di costruire app all’interno del proprio ecosistema con la creazione di Apple Store nel 2001, seguita poi dalla maggior parte degli altri player identificati.
Il Web3 porta una nuova prospettiva, spostando l’attenzione da un modello centralizzato e dove le app vengono controllate e approvate da un ente centrale (per poter far sì che una nostra app venga approvata da un Apple Store, ad esempio, deve prima essere validata ed approvata dallo stesso), a un modello dove le app sono costruite su righe di codice (smart contract) ed utilizzate da chiunque abbia un profilo (wallet) on-chain.
Stiamo parlando delle Decentralized Applications, anche note come dApps. Le dApps nascono insieme alle blockchain programmabili, a partire da Ethereum, e sono caratterizzate da elementi quali trasparenza e (ri)programmabilità.
Le dApps sono trasparenti poiché il loro funzionamento è completamente verificabile essendo costruite totalmente su righe di codice. Nell’ecosistema blockchain si dice che “the code is law”, ovvero “il codice è legge”: qualsiasi cosa scritta è (nel bene o nel male) riportata esattamente dalla applicazione decentralizzata analizzata.
Le dApps sono programmabili e riprogrammabili, poiché basta una modifica agli smart contract che gestiscono tutta l’architettura delle stesse per poter modificare completamente il loro funzionamento e il fine ultimo.
Capire il funzionamento delle dApps è importante poiché permette, a chiunque voglia sfruttare questa tecnologia, di trasformare in realtà qualsiasi idea, partendo dalla sola conoscenza della programmazione. La mancata presenza di un intermediario volto a validare le stesse è (come sempre) sia un bene che un male:
• un bene, poiché chiunque può sviluppare dApps e proporle al mercato;
• un male, poiché attori malevoli potrebbero creare smart contract volti a frodare gli utenti che interagiscono con l’applicazione stessa, in completo disaccordo con la sacra regola “Don’t be Evil” professata da Google.
Nonostante questa sempiterna dicotomia, l’attenzione verso l’ecosistema delle dApps è decisamente in crescita, come dimostra il grafico per il mercato ad oggi più florido e attivo, cioèquello americano.
È prevista, dunque, una crescita lenta e costante fino al 2027, per poi vedere un picco nel triennio 2028-2030, dove è prevista una adozione della tecnologia blockchain decisamente maggiore.
Tra le dApps più famose sul mercato, vale la pena citare:
• Uniswap, primo protocollo di Decentralized Exchange, volto a permettere uno scambio tra digital assets senza dover passare da un sistema gestito da un ente centrale;
• Aave, piattaforma completamente decentralizzata che permette di ottenere prestiti collateralizzando i digital assets detenuti e non passando (anche qui) da entri centrali;
• Maker DAO, prima piattaforma a introdurre una stablecoin (DAI) per poter garantire ed ottenere prestiti, nonché sfruttare la finanza decentralizzata per sviluppare ulteriori opportunità;
• OpenSea, marketplace decentralizzato di acquisto e vendita di NFT.
“Creativity is the limit”, quindi, quando si parla di dApps: le opportunità offerte sono davvero illimitate.