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Appunti d'archivio | Dalla Susa-Moncenisio alla Pechino-Parigi: l’impresa di Itala agli esordi dell’automobilismo in Italia

Una storica marca di automobili, un meccanico ambizioso e sognatore, uno spregiudicato industriale, un principe amante delle sfide impossibili: sono fra i protagonisti di ardite e appassionanti imprese legate al mondo della velocità. Dal nostro archivio, alcune tracce per raccontarne la storia
Appunti d'archivio | Dalla Susa-Moncenisio alla Pechino-Parigi: l’impresa di Itala agli esordi dell’automobilismo in Italia
L’esploratore e diplomatico principe Scipione Borghese arriva a Parigi sulla sua Itala da 24 cavalli dopo aver guidato per 12mila chilometri da Pechino nel 1907 (Topical Press Agency/Getty Images)

Un curioso documento d’archivio 

Il primo spunto per il nostro racconto nasce da un certificato azionario proveniente dal portafoglio della banca Gaudenzio Sella & C.i, datato 12 aprile 1905 per cinque azioni della Società Anonima Itala Fabrica di Automobili che fu per molti anni la seconda fabbrica italiana per numero di vetture prodotte. In realtà l’azienda era stata fondata già nel 1903 con la ragione sociale Ceirano Matteo & C. Vetture Marca Itala. Originario di Cuneo e figlio di un orologiaio, il giovane Matteo Ceirano crebbe con i fratelli Ernesto e Giovanni nell'officina torinese del fratello maggiore Giovanni Battista, condividendo l’ambizione di costruire autovetture in proprio, traguardo che riuscì a raggiungere con l’aiuto di alcuni finanziatori.

Certificato per cinque azioni della Società Anonima Itala Fabbrica di Automobili, del 12 aprile 1905 (Archivio Storico gruppo Sella)

La Torino degli anni a cavallo fra i due secoli era infatti un ribollente crogiolo di iniziative imprenditoriali fittamente intrecciate legate all’entusiasmante novità dell’automobile, come testimonia la nota vicenda della fondazione della FIAT avvenuta in Palazzo Bricherasio  nel 1899. Entro il 1904 vennero fondate in città le marche automobilistiche FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino), STAR (Società Torinese Automobili Rapid), Itala e Taurinia, e nei successivi tre anni fino al 1907 ne sorsero un’altra quindicina. Tutto ciò anche grazie alla presenza nel Piemonte di quegli anni un ceto di banchieri e di imprenditori tessili che, possedendo capitali da investire e avendo sensibilità verso le nuove tecnologie, era disposto a finanziare nuove attività e ad affrontare nuovi mercati. Entusiasmo, passione, innovazione, tecnologia sono termini appropriati per descrivere il nuovo mondo dell’automobile che ben presto si manifestò anche sul piano sportivo con l’organizzazione di sfide di velocità e resistenza. Fin dall’inizio queste competizioni riscossero un grande interesse di pubblico e contribuirono alla fama dei marchi produttori di veicoli a motore, specialmente se vincitori di gare importanti.


La prima gara è in salita: la Susa-Moncenisio

Fra le prime corse automobilistiche organizzate vi fu la Susa-Moncenisio, forse la più antica gara in salita del mondo, la cui prima edizione si tenne nel 1902. Vincitore dell’ardita competizione fu Vincenzo Lancia, giovane originario della Valsesia e futuro fondatore dell’omonima casa automobilistica. Egli aveva lavorato in gioventù tra le maestranze della ditta fratelli Ceirano che nel 1888 affittava un locale in corso Vittorio Emanuele a Torino di proprietà di Giuseppe Lancia, papà di Vincenzo. I fratelli Ceirano a quell’epoca vendevano e riparavano velocipedi di ditte britanniche e tedesche. Passati alla produzione in proprio e ai motori, dal 1894 adottarono il marchio dal suono forestiero Welleyes, forse su suggerimento dello stesso Giuseppe Lancia il quale, produttore di carne in scatola e dadi da brodo, fu grande esperto nelle strategie di vendita. Vincenzo Lancia vinse dunque la prima edizione della Susa-Moncenisio a bordo di una FIAT 24 HP di proprietà di Angelo Mosca, imprenditore laniero biellese che fu fra i primi soci FIAT, e la vittoria venne festeggiata a Biella Chiavazza nell’ampio giardino di Villa Mosca con una competizione “domestica” nella quale, a guida delle auto in gara, vi erano tutte donne, mogli, sorelle e fidanzate dei piloti e degli amici presenti. L’evento fu immortalato da Vittorio Sella, noto alpinista e fotografo, in una storica fotografia esposta anche al Museo dell’Automobile di Torino. Vincitrice dell’agone fu Linda, moglie di Vittorio Sella.

Gara automobilistica “domestica” nel giardino di Villa Mosca a Biella Chiavazza nel 1902. Al volante tutte donne, sorelle, mogli e fidanzate dei piloti e amici presenti. Vincenzo Lancia è il secondo da destra. Fotografia di Vittorio Sella (Archivio Storico gruppo Sella – lastra originale conservata in Fondazione Sella)

Ma torniamo all’Italia e a Matteo Ceirano, il quale con una vettura 20 HP vinse la Susa-Moncenisio del 1904 nella categoria "vetture leggiere”. Fra il pubblico accorso per assistere all’appassionante competizione vi fu anche la Casa Reale, come riscontriamo in un articolo della Gazzetta del Popolo del 11 luglio 1904: «La regina Margherita e la principessa Letizia si recarono in due diversi automobili sul Cenisio, coi rispettivi seguiti, ed assistettero agli arrivi insieme con un numerosissimo stuolo di sportsmen o sportswomen». I lettori venivano quindi rassicurati sull’esito della gara, che ebbe “lievi incidenti” e “vittorie italiane”. La sequenza fortunata proseguì nel 1905 quando Itala partecipò alla Settimana Automobilistica di Brescia, vincendo le tre coppe in palio con vetture di 100 HP affidate ai piloti Maurice Fabry, Matteo Ceirano, e Giovanni Battista Raggio. Tuttavia la maggior impresa dell’Itala avvenne quando ormai il suo fondatore aveva abbandonato l’azienda che egli stesso aveva creato.


Dal cotone allo zucchero ai motori: il nuovo assetto dell’Itala

Anche grazie ai successi nelle gare automobilistiche, la “marca Itala” attirò nuovi investimenti che portarono l'azienda sotto il controllo della cordata genovese guidata dal banchiere Giovanni Battista Figari, proprietario dell'Eridania Zuccheri, e dell'armatore Luigi Parodi. Ecco che la denominazione aziendale divenne allora Itala Fabbrica di Automobili, come riscontriamo nel certificato azionario conservato nel nostro archivio. Giovanni Battista Figari - soprannominato “U padreternu” per il suo piglio autoritario - era ben conosciuto nel mondo industriale e finanziario italiano. Lo stesso Gaudenzio Sella, socio fondatore e gerente della banca nel 1886, ebbe riscontro da un consulente che in una lettera del 13 aprile 1905 indicava la Eridania di Figari come «l'unico titolo industriale dello zucchero con maggior avvenire». Ma come mai un industriale dello zucchero si interessava alla produzione di automobili? In risposta, potremmo chiosare il motto Dividi et impera con “diversifica e crea un impero finanziario”. Dalla produzione e commercio dei panni di cotone, Figari arrivò a fondare nel 1905 il Banco della Liguria, strumento operativo per operazioni finanziarie in campo industriale. E così, dopo essere stato sin dal 1903 uno dei principali finanziatori dell'Itala, di cui divenne consigliere di amministrazione, egli ne detenne il pacchetto di maggioranza tramite il Banco della Liguria. Purtroppo, “U padreternu” Figari e Matteo Ceirano, fondatore di Itala, avevano personalità e ambizioni opposte, inconciliabili, tanto che nel 1905 Ceirano lasciò l’Itala per unirsi a Michele Ansaldi e fondare la ditta di produzione automobili Ansaldi-Ceirano che ebbe tuttavia vita breve.

Un’impresa impensabile: il Raid Pechino-Parigi


Giunse a questo punto l’impresa per la quale Itala lasciò un marchio indelebile nella storia dell’automobilismo mondiale: il Raid Pechino-Parigi (nella foto l’Itala al Raid Pechino-Parigi del 1907 - immagine ricavata da Wikisource). Tutto cominciò nel gennaio del 1907 con l’iniziativa del quotidiano francese Le Matin il quale, forse per emulare i romanzi di Jules Verne, indisse una gara per intrepidi piloti, e marche automobilistiche all’altezza, consistente nel percorrere le migliaia di chilometri fra Pechino e Parigi su di una vettura a motore. Il vincitore si sarebbe garantito unicamente la gloria di un’impresa memorabile. Più di 16.000 chilometri da percorrere, poche strade praticabili, nessuna assistenza garantita, terre-popoli-culture diverse da attraversare, fiumi-paludi-foreste lungo il tragitto: l’incredibile sfida fu accettata soltanto da pochi arditi competitori. Furono cinque gli equipaggi che si presentarono alla partenza il 10 giugno del 1907 a Pechino: l’Itala 35/45 HP del principe Scipione Borghese, guidata da Ettore Guizzardi, e inoltre una Spyker, due De Dion-Bouton e un triciclo Contal. Il principe Scipione Borghese si preparò in anticipo e con cura, predisponendo alcuni “assi nella manica” che si rivelarono determinanti: anzitutto la scelta dell’Itala 35/45 HP, auto pesante ma di maggior potenza rispetto alle altre in gara, che fece allestire appositamente con assi asportabili al posto dei parafanghi da impiegare come rampe per gli ostacoli, con pneumatici anteriori e posteriori delle stesse dimensioni e quindi intercambiabili, e con capaci serbatoi sui sedili posteriori; poté così ridurre le scorte, che fece distribuire in anticipo a intervalli di circa 700 chilometri. A questo scopo, partirono da Pechino carovane cariche di carburante e olio fino alla Mongolia, e poi da Mosca lungo la Transiberiana. Altro “asso nella manica” della spedizione italiana, concordato con il direttore del Corriere della Sera, fu la presenza a bordo dell’Itala del giornalista Luigi Barzini, inviato speciale con incarico di riferire al suo giornale e al Daily Telegraph. Seppur dalle più sperdute stazioni di posta telegrafica nel deserto, Barzini riuscì a inviare dispacci con buona regolarità, in tempo per le edizioni del mattino successivo, consentendo ai lettori di seguire "in tempo reale" le avventure dell'Itala. Durante il viaggio, la velocità del telegrafo precedeva l’arrivo dell’Itala nelle varie città che mai avevano visto un’automobile, suscitando curiosità, diffidenza, entusiasmo e comitati spontanei di accoglienza. 

L’Itala al Raid Pechino-Parigi del 1907 (immagine ricavata da Wikisource)


Dopo 60 giorni di pura avventura, l’Itala giunse a Parigi alle quattro e un quarto del 10 agosto 1907 fra la ressa di giornalisti e cineoperatori e fra un pubblico in delirio. Fu il trionfo. La Spyker e le altre due De Dion Bouton giunsero venti giorni dopo. Il triciclo Contal andò perso per sempre nel deserto; il suo equipaggio fu salvato da nomadi mongoli. Luigi Barzini narrò le avventure dell’Itala nel volume La metà del mondo vista da un'automobile: da Pechino a Parigi in sessanta giorni, che fu un successo mondiale tradotto e pubblicato nel 1908 contemporaneamente in undici lingue, e ristampato periodicamente ancora oggi: l’edizione TCI del 2006 è infatti presente in Biblioteca gruppo Sella. 

L’Itala al Raid Pechino-Parigi del 1907 (immagine ricavata da Wikisource)

Da parte sua, Scipione Borghese commentò così l’impresa in un articolo pubblicato sulla Gazzetta del Popolo del 25 novembre 1907: «Che importa se, per pochi metri, l’automobile debba essere trainata a braccia d’uomo; che monta se di tanto in tanto occorra disimpegnarla dal fango o dalla sabbia con l’aiuto delle binde e delle leve, o caricarla su una zattera o una chiatta per traversare i corsi d’acqua inguadabili? Al di là di questi ostacoli brevi, che significano poche ore di ritardo, la macchina è lì pronta allo sforzo consueto, che nessun mezzo di trazione animale potrebbe protrarre così a lungo o così di seguito, che essa sopporta senza apprezzabile deterioramento, con precisione e costanza di lavoro. E la Pechino-Parigi mi diede ragione».

L’epilogo di una storia di successi 

La fama acquisita da Itala con la vittoria al raid Pechino-Parigi raggiunse anche Casa Savoia, che infatti commissionò alla ditta torinese una vettura di gran lusso per la Regina Margherita. Nacque così nel 1909 la “Palombella”, una Itala 35/45 HP con telaio identico a quello dell’auto vincitrice del Raid, ma dotata di una raffinata carrozzeria realizzata a Milano da Cesare Sala e con dettagli di gran pregio a garanzia di lusso e confort. Questo esemplare unico è oggi conservato ed esposto al Museo dell’Automobile di Torino, insieme all’Itala vincitrice del Raid Pechino-Parigi. Dopo tanti successi vennero tempi difficili per la ditta Itala: la crisi finanziaria del 1907 che colpì anche il settore automobilistico, la morte di Figari e la dissoluzione del suo impero finanziario e industriale, le conseguenze della Prima Guerra Mondiale, l’emergere di nuovi mercati che premiarono la diffusione di automobili concepite come beni di massa anziché veicoli di pregio. L’Itala cessò l’attività nel 1934 lasciando potenti suggestioni che abbiamo rintracciato fra i materiali dell’archivio storico.

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