Quei “Dialoghi” mai interrotti tra arte, territorio, comunità
Benvenuti nei nostri Insights Longform, contenuti di approfondimenti mensili per comprendere quello che sta avvenendo intorno a noi e per raccogliere le sfide future. Oggi facciamo un viaggio nella storia dell’arte e in quella di una comunità raccontando la mostra “Dialoghi. Longoni, Balla, Mirò e altri maestri dal Museo del Territorio Biellese”, realizzata dalla Direzione Artistica di Banca Patrimoni Sella & C. e dalla Città di Biella-Assessorato alla Cultura-Museo del Territorio Biellese, con il contributo del gruppo Sella. Si può visitare al Palazzone di Biella negli spazi espositivi di Banca Patrimoni Sella & C. in via dei Seminari 3. La mostra con ingresso gratuito è aperta da giovedì a domenica dalle 15 alle 19. Scuole e gruppi possono prenotare la visita su appuntamento scrivendo info@palazzonebiella.it. Buona lettura.
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Nell’arte spazio e tempo non sono solo convenzioni. Perché rappresentano molto di più. Ci orientano nella complessità, ci guidano nella comprensione di chi siamo. Partiamo dallo spazio. Perché ci sono capolavori che fanno il giro del mondo, ma per davvero. Ritraggono, ad esempio, nel dipinto una tipica scena milanese, approdano nel biellese, volano fino a New York per un’esposizione e poi tornano a casa in quel di Biella, nelle collezioni del Museo del Territorio già dal 1952 grazie alla donazione di Bruno Blotto Baldo, allora sindaco della città. E poi ancora vengono custoditi al Palazzone (tra pochissimo vi racconteremo quest’ultimo temporaneo approdo). Arriviamo al tempo, che si dipana in un arco temporale assai esteso. Perché racconta un momento preciso – in particolare quel periodo storico a cavallo tra Ottocento e Novecento – ma parla anche ai giorni nostri.
Quell’arte che denuncia
Tutto questo e molto altro è “Riflessioni di un affamato”, l’olio su tela realizzato da Emilio Longoni nel 1893. All’interno del notissimo caffè Biffi di Milano, insegna storica di corso Magenta, una coppia elegantemente vestita dialoga senza distrazioni consumando un lauto pasto, ignara del fatto che ci sia un giovane che la osserva da fuori con sguardo furtivo. Di fatto c’è il ragazzo infreddolito e la coppia seduta al caldo. È un’istantanea potente per raccontare quella forte componente sociale di Longoni (Barlassina, 1859 – Milano, 1932), quarto di dodici fratelli, figlio del maniscalco Matteo Longoni e della sarta Luigia Meroni. “Riflessioni di un affamato” ora è conservata al Palazzone – lo accennavamo prima – ed è stata scelta come opera “hero” di una speciale mostra che si declina al plurale, orientandosi alle persone e alle comunità. Ci arriveremo tra pochissimo a raccontare “Dialoghi”, ma restiamo ancora in contemplazione di questo olio su tela dai colori pastello e dalle tinte scure, come quel tempo in fondo. C’è un dentro e un fuori. C’è un prima e un dopo. C’è un ricco e un povero. C’è un tempo che segna tutte le sue contraddizioni e che diventa, attraverso un’opera icona, affresco di contraddizioni, spirito del tempo, denuncia sociale. In fondo verso la fine del XIX Secolo tutti i centri industriali sono strategici come luoghi di lavoro, ma anche palcoscenici di feroci lotte operaie ed espressione di una disperata situazione di emarginazione a cui era costretta la maggior parte delle persone che affollano le grandi città.
Longoni documenta tutto questo, con la sua testa, con il suo cuore, con il suo pennello che volteggia catturando quotidianità. In fondo tra il 1887 e il 1897 Longoni elabora una propria iconografia dello sfruttamento, della miseria e della lotta di quelle classi subalterne milanesi. Longoni appartiene a quel movimento dei divisionisti al quale appartengono anche Giuseppe Pellizza da Volpedo con Il Quarto Stato (1901) o Angelo Morbelli con Il Natale dei rimasti (1903). In scena gli ultimi, gli emarginati, gli isolati. Un grido di dolore racchiuso in una tela affrescata che guarda alle sfide sociali con quella tecnica pittorica innovativa tutta italiana. “Riflessioni di un affamato” segna il punto più alto dell'impegno sociale nella pittura di Longoni, e anche quello che gli ha procurato non pochi problemi. Pensate che nello stesso giorno del 1894 nel quale il dipinto veniva esposto al pubblico al Castello Sforzesco, la ripresa dello stesso sul giornale socialista “Lotta di Classe” avrebbe generato immediatamente la censura con il sequestro del giornale e controlli della polizia anche nei confronti di Longoni accusato di “istigazione all’odio di classe”. Come scrivono gli storici dell’arte, questa nuova espressione supera finalmente il sentimentalismo e i patetismi della pittura di genere ottocentesca, analizza le difficili condizioni sociali degli umili con un occhio diretto e obiettivo, suscitando così un enorme scandalo all’interno dell’opinione pubblica del tempo. Un dipinto che indigna perché sottolinea l’indifferenza delle classi agiate rispetto a chi vive ai margini, denuncia la forte ineguaglianza di cui lo sfrenato sviluppo dei tempi moderni è responsabile.
Le opere del Palazzone
Da questo capolavoro di Longoni a molti altri, custoditi dal 29 marzo al Palazzone di Biella, negli spazi espositivi di Banca Patrimoni Sella & C. in via dei Seminari 3. Qui si può ammirare la mostra “Dialoghi. Longoni, Balla, Mirò e altri maestri” dal Museo del Territorio Biellese, realizzata dalla Direzione Artistica di Banca Patrimoni Sella & C. e dalla Città di Biella-Assessorato alla Cultura-Museo del Territorio Biellese, con il contributo del gruppo Sella. Partiamo prima dal dove per poi raccontare il cosa. Siamo al Palazzone, oggi sede biellese di Banca Patrimoni Sella & C.. Si tratta di una presenza architettonica riconoscibile in tutto il tessuto urbano biellese, come già raccontato nella rubrica Appunti di Archivio, navigabile sempre qui su Sella Insights. Pensate che la sua costruzione risale agli anni Trenta dell’Ottocento. Tutto nasce per iniziativa del Seminario Maggiore di Biella, del quale avrebbe dovuto essere un pensionato. Ma attenzione: questo importante edificio sarebbe stato adibito a questo scopo solo per un periodo molto limitato. Nel 1866 viene occupato dal Demanio, che ne affitta per lungo tempo gli ambienti. In quel momento tra gli affittuari compare la Gaudenzio Sella & C.. Ed è proprio qui che Gaudenzio Sella nell’anno 1898 sposta la sede di quella che diventerà poi l’attuale Banca Sella. Il Palazzone viene acquistato nel 1920 dalla Banca e per tutto il Novecento ci lavorano alcune società del gruppo Sella. Poi arriva un altro passaggio importante: quasi vent’anni fa, precisamente nel 2007, il Palazzone viene completamente svuotato per l’avvio di alcuni interventi di consolidamento strutturale completati. Le sale del piano terra destinate alle attività culturali si aprono al pubblico per la prima volta nel 2023, con un progetto espositivo in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino dedicato al poeta e intellettuale Edoardo Sanguineti.
E ora veniamo al cosa: qui oggi si può ammirare una selezione potente di opere provenienti dalla raccolta del Museo, chiuso in questi mesi per un importante progetto di ristrutturazione. Dialoghi, scrivevamo. Perché qui si mettono in dialogo le due anime di una ricca collezione frutto in gran parte di donazioni private: la sezione archeologica e quella storico-artistica. «Il dialogo è filo conduttore e tema portante della mostra, declinato in tutte le sue sfaccettature. C’è dialogo tra le due anime della collezione del Museo del Territorio Biellese: dipinti e reperti archeologici entrano in relazione tra loro, in un rimando reciproco di forme, colori e significati, ma anche di suggestioni e letture. Dialogano pubblico e privato e luoghi differenti per epoca e funzioni. E ancora, dialogo tra opere e visitatore che ha modo di apprezzarle da un nuovo punto di vista», racconta Daniela Magnetti, Direttrice Artistica di Banca Patrimoni Sella & C. Così questa mostra valorizza il territorio biellese e al contempo crea un ponte con l’arte internazionale. «La mostra Dialoghi è una narrazione composta da codici artistici diversi, epoche e stili eterogenei e nasce dalla volontà di promuovere e valorizzare il patrimonio culturale del Museo del Territorio Biellese, chiuso per restauro. L’opportunità di ripensare le collezioni, non solo guardandole con occhi nuovi, ma anche immaginandole in uno spazio altro caratterizzato da flessibilità e libertà, è l’aspetto inedito di una mostra che ha attivato una connessione importante tra territori, storie e persone», precisa Magnetti.
Vicini e lontani, in quei contrasti continui che però portano al confronto, al dialogo. I manufatti archeologici selezionati per la mostra raccontano la storia di popoli vicini grazie a speciali ritrovamenti nei siti biellesi, ma anche di culture lontane nel tempo e nello spazio, con una selezione antologica di oggetti di diversa provenienza che mette in luce la varietà della collezione del museo. Si possono ammirare reperti che arrivano dalla necropoli di Cerrione e di Biella, testimoni della civiltà celtica che sul territorio letteralmente si fonde con quella romana. Ma qui si uniscono proposte dell’arte locale con quelle internazionali. E allora iniziamo questo speciale viaggio nel tempo e nello spazio, come abbiamo scritto all’inizio di questo speciale longform. La prima parte del percorso accoglie le opere del XVII e XVIII Secolo, tra Giambattista Crosato e Bartolomeo Guidobono, fino alla scuola veneta settecentesca rappresentata dai fratelli Galliari, scenografi di fama internazionale, biellesi di origine. Il percorso prosegue attraverso la ricca collezione dell’Ottocento, che presenta la pittura piemontese di paesaggio con dipinti di Antonio Fontanesi, Marco Calderini, Giovanni Giani, Giovanni Piumati e con un significativo nucleo di opere di Lorenzo Delleani, nativo di Pollone ma attivo e celebrato su tutto il territorio. E poi le avanguardie storiche della prima metà del XX secolo: Max Ernst, René Magritte, Paul Klee, Marc Chagall, Joan Mirò, Giacomo Balla e Lucio Fontana. Dialoghi, appunto. Tra codici artistici diversi, tra modelli artistici, tra reperti archeologici ed epoche più recenti. «La narrazione si sviluppa così in un percorso cronologico che attraversa la storia dell’arte e ne segna i passaggi cruciali, mentre dialoga con reperti archeologici provenienti da luoghi e tempi lontani: si inizia con opere del XVII e XVIII Secolo, si prosegue con una ricca selezione dell’800 tra pittura piemontese di paesaggio e un nucleo di opere di Lorenzo Delleani, attivo e celebrato sul territorio, per chiudere con la sezione dedicata alle avanguardie storiche della prima metà del Novecento», argomenta Magnetti. Un elemento dialogico e conversazionale che lega le opere e in fondo il tempo. «In ognuna delle quattro sale il tema del dialogo si evince dalla relazione tra reperti e dipinti. Lo specchio in bronzo di epoca romana dialoga con il cristallo della vanitosa maga Armida. I panni stesi di Calderini e la camicina infantile di origine andina richiamano gesti quotidiani. La brocca etrusca incontra l'Affamato di Longoni in una corrispondenza di temi e contrasti sociali. Le linee dei volti di Klee si confrontano nell'accostamento con le statuette in terracotta di antiche divinità romane», conclude Magnetti. Archeologia e pittura a confronto per una mostra che mette in relazione le due principali anime della collezione museale, la sezione archeologica e quella storico-artistica, intrecciando codici espressivi differenti in un racconto che attraversa epoche e stili eterogenei. Un modo per promuovere e valorizzare un patrimonio culturale d'eccellenza e il legame con il territorio. Lo ha ricordato durante l’inaugurazione anche Maurizio Sella, Presidente del gruppo Sella: «L’Italia è uno tra i Paesi più belli del mondo e l’attenzione alla bellezza è estremamente importante».