Di generazione in generazione, nel segno dell’impatto. Identikit delle imprese familiari
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Una pergamena di quasi otto secoli fa (foto sotto) può rappresentare un certo modo di fare impresa e in fondo di fare comunità. Insomma, una pergamena del passato può orientarci nel futuro. Può sembrare un paradosso, ma è proprio così. Perché in questo documento risalente al 1141 si trovano i primi riferimenti relativi a un mulino, che simboleggia la grande produttività che da sempre ha caratterizzato gli abitanti del biellese e ha permesso ad un territorio di rafforzare la propria identità, di segnarla in modo indelebile. Così proprio una pergamena, oggi ricordata dalla Fondazione Sella, diventa plurale e racconta molto di più di quello che si possa immaginare. Ecco, questa pergamena che spiega le prime attività proto-industriali sulle rive del torrente Cervo certifica quello che un territorio fa. E soprattutto come lo fa insieme. Così la pergamena documenta l’alta concentrazione di attività che sarebbero nate proprio di lì a poco sulla base della forza idrica nell’area e che col tempo avrebbe visto sorgere, esteso su ventimila metri quadrati, il lanificio Maurizio Sella. Proprio dagli archivi della Fondazione Sella i documenti a partire dalla metà del XVI secolo permettono di ricostruirne la storia. Dal 1548 si menziona una cartiera e nel 1659 si fa riferimento all’esistenza di una pista da canapa, ossia un contenitore di pietra molinaria in cui veniva pestata la canapa per farne tessuti e corde. E a cavallo tra la fine del Seicento e i primi del Settecento, in quegli spazi che si affacciano sul torrente Cervo, si installa un “albergo di virtù” con annesso filatoio di seta e lanificio, realizzato dal Santuario di Oropa per dare lavoro a giovani in difficoltà e una cappella dedicata a San Giobbe, protettore dei setaioli. Poi col tempo sarebbe arrivata la meccanizzazione dei filatoi di lana, i cui primi macchinari vennero importati da Oltralpe in area biellese nel 1817 da Pietro Sella e che Maurizio Sella, suo pronipote, li utilizzò anni dopo nel suo lanificio. Accade poi che, con la vendita del “Filatore” di seta nel 1835 da parte del Santuario di Oropa, Maurizio Sella – imprenditore laniero originario della valle di Mosso e cugino di Pietro Sella che nel 1817 importò i primi filatoi meccanici, mossi dall’energia idraulica – diviene gradualmente unico proprietario delle strutture con i relativi diritti d’acqua e, abbandonata la produzione di seta, vi impianta un lanificio a ciclo completo. E sarà la nuova generazione dei nipoti di Maurizio Sella a fondare nel 1886 la banca Gaudenzio Sella & C. che è all’origine dell’attuale gruppo Sella.
Imprese plurali
Torniamo ai giorni nostri. Perché come abbiamo scritto quella pergamena racconta cosa significa fare impresa e fare comunità. Una storia che racchiude tante storie, come abbiamo già riportato più volte in questi nostri longform. Perché in fondo l’impresa familiare e per estensione ogni impresa familiare è un baluardo del tessuto produttivo italiano, avamposto di quel distretto che negli anni avrebbe rappresentato una cifra distintiva del processo di industrializzazione nostrana. E va molto oltre il perimetro delle proprie mura, aggregando una filiera estesa. Tra tradizione e innovazione, si potrebbe dire, si innesta l’effetto “startup plug-in”, come viene descritto dall’economista Giulio Buciuni, docente di innovazione alla business school Trinity College di Dublino e autore del libro “Innovatori outsider” per Il Mulino: le nuove imprese si innestano – tecnicamente “pluggano” – con prodotti, servizi, processi innovativi puntando su elementi tech in un percorso virtuoso con aziende consolidate. Da otto secoli fa ai giorni nostri. Non è un caso che oggi il 33% delle imprese emergenti del biellese è in mano agli under 35, il dato più alto a livello nazionale secondo il recente rapporto dell’Istituto di ricerca Guglielmo Tagliacarne, come ha scritto recentemente anche La Stampa. Una quota superiore anche alla media del Piemonte (23,2%), che detiene il valore più altro tra le regioni italiane. Questo dinamismo imprenditoriale affonda le radici in una tradizione solida, fatta proprio delle aziende familiari che nel tempo hanno costruito un legame profondo col territorio. Proprio come il nostro Gruppo Sella che, forte di una storia familiare e imprenditoriale nata nel biellese, continua a sostenere l’innovazione locale attraverso spazi come Sellalab, dove le startup prendono forma e trovano gli strumenti per crescere.
Le imprese familiari assumono un ruolo cruciale nei nuovi distretti: instaurano un legame col territorio, rafforzanone stabilità e sviluppo
Numeri e visioni
Da una pergamena della metà del 1200 ai giorni nostri, da Biella al resto d’Italia, quella fatta dai mille campanili e lontana dai contesti metropolitani. Ecco la forza delle imprese familiari. Stando ai dati dell’ultimo censimento Istat l’81% delle imprese italiane si caratterizza per una struttura proprietaria di tipo familiare. AIDAF, l’Associazione Italiana delle Aziende di Famiglia, stima che queste imprese siano responsabili di circa l’80% del PIL dando lavoro al 75% della popolazione attiva. Si tratta di 2 milioni di realtà. Numeri assai significativi per il tessuto economico del Paese. Ma come sono cambiate nel tempo? In che modo viene gestita la transizione tra le generazioni nelle imprese familiari? E che ruolo hanno gli elementi legati al digitale e all’impatto ambientale? Una risposta arriva dalla nuova ricerca "ESG e imprese familiari" (scaricabile qui), condotta dal Family Business Lab (FABULA) dell’Università LIUC, guidato da Salvatore Sciascia e Valentina Lazzarotti, in collaborazione con Banca Sella e con il patrocinio di AIDAF. Per FABULA hanno contribuito allo svolgimento della ricerca anche Rafaela Gjergji, Sofia Brunelli e Andrea Sanseverino. L’obiettivo dello studio è stato quello di approfondire le tematiche ESG nelle imprese familiari, analizzandone le determinanti – e quindi i driver – e i relativi effetti. La ricerca, di stampo qualitativo, evidenzia alcune “best in class”, ossia sei imprese familiari che da tempo hanno intrapreso un percorso virtuoso per veicolare gli ESG nelle proprie aziende come processi, servizi, percorsi narrativi (qui per saperne di più sulle edizioni precedenti). Sono stati studiati i casi di Brembo (Bergamo), Davines Group (Parma), FERRAGAMO (Firenze), Ferrari-Lunelli (Trento), illycaffè (Trieste) e Ponti (Novara). «Il ruolo delle imprese familiari in Italia è centrale: contribuiscono alla maggior parte del PIL e dell’occupazione: pertanto studiarle e supportarle è cruciale per il benessere del nostro Paese. Non stiamo parlando soltanto di Pmi o di imprese locali, ma anche di realtà che raggiungono dimensioni notevoli e una presenza operativa globale. Si tende a pensare che la loro pervasività sia una peculiarità tutta italiana, ma è un falso mito: anche nel resto del mondo le imprese familiari rappresentano le aziende più diffuse e contributive. E il loro ruolo resterà ancora decisivo negli anni a venire: in fondo le imprese familiari stanno evolvendo sul piano della governance, del management e della finanza, ponendo così le basi per una maggiore resilienza». Così racconta Salvatore Sciascia, professore ordinario di economia aziendale all'Università LIUC di Castellanza e co-direttore del Family Business Lab – FABULA nel medesimo polo accademico. Da anni alla LIUC si prova a decodificare quella galassia così variegata e numerosa legata alle imprese familiari, provando a mapparne il codice genetico, a sequenziare il Dna: insomma, che specificità hanno? E perché diventano così rilevanti per i nuovi distretti sempre più connessi e reticolari? Sciascia, insieme agli altri ricercatori del laboratorio, non ha dubbi: il loro successo passa dalla relazione con le comunità e dalla visione nel tempo. Insomma, si pensa alle generazioni, non solo quelle che guideranno l’organizzazione a livello familiare – e sempre di più manageriale – ma anche a quelle che ci lavorano e in qualche modo ci vivono. «Gli elementi specifici delle imprese familiari sono almeno tre. Il primo risiede nel fatto che le persone alla guida di queste aziende sono legate da relazioni affettive e di sangue, con tutta la complessità che ne consegue. Il secondo è che queste aziende hanno anche degli obiettivi non economici fondamentali e spesso prioritizzati come l'armonia e la reputazione della famiglia. Infine, il terzo elemento è l'orientamento al raggiungimento di risultati di lungo periodo più che nell’immediato. Alla luce di queste peculiarità, le imprese familiari assumono un ruolo cruciale nei nuovi distretti: instaurano un forte legame col territorio, contribuendone alla stabilità e allo sviluppo. E ancora, preservano la competenza locale e contribuiscono a rinnovarla e si adattano rapidamente ai cambiamenti che sopraggiungono nei mercati. E poi facilitano la collaborazione fra i soggetti coinvolti e si fanno portavoce di un orientamento concreto alla sostenibilità», afferma Valentina Lazzarotti, professore ordinario di economia e gestione delle imprese e co-Direttore Family Business Lab (FABULA) dell’Università LIUC.
Evolve la sensibilità sui temi ambientali e sociali. Quello che era considerato un semplice esercizio di risparmio o efficienza, è diventato leva strategica
Il fattore tempo
Ma c’è un altro elemento che si innesta in quell’identikit che stiamo provando a tracciare. E passa dal fattore tempo e quindi anche dagli inevitabli passaggi generazionali. «La crisi economica legata alla pandemia ha portato a un’accelerazione dei ricambi generazionali. In un mondo sempre più globale e digitale, le nuove generazioni possono certamente risultare di grande aiuto per la sopravvivenza e lo sviluppo delle imprese familiari (e non solo). In effetti i più giovani hanno maggiore familiarità con strumenti digitali che consentono di aumentare la produttività in modo esponenziale. Hanno anche un maggior orientamento internazionale, perché le tecnologie dei trasporti e della comunicazione hanno consentito loro di viaggiare e conoscere maggiormente il mondo al di fuori dei confini nazionali. Ma attenzione. Sarebbe sbagliato pensare alle nuove generazioni come a un’alternativa alle precedenti: si tratta di figure complementari a quelle più mature. Non a caso le aziende che valorizzano la compresenza generazionale, anche al comando delle imprese, sono quelle che performano meglio», precisa Sciascia.
L’innovazione passa dagli ESG
Ma in un mondo che prova a reinterpretare le sfide sociali e ambientali, anche la consapevolezza dei temi ESG, che più volte abbiamo trattato nei nostri longform, passa dal lavoro delle migliori imprese familiari. Secondo la ricerca, i driver familiari dell’orientamento ESG sono quattro: imprinting del fondatore, presidio di un membro della famiglia sui temi ESG, cultura familiare e radicamento nel territorio locale. Quattro sono anche le determinanti di business: il contesto settoriale, l’esposizione internazionale, la professionalizzazione e la strategia di differenziazione. Per quanto riguarda gli aspetti familiari, i principali effetti benefici identificati includono il rafforzamento della cultura familiare, l’armonia e la coesione tra i membri della famiglia, la facilitazione del passaggio generazionale e l'aumento dell’attrattività verso le nuove generazioni che entreranno in azienda. I principali benefici a livello aziendale includono invece l’efficienza operativa dettata da una riduzione dei costi energetici, un packaging più sostenibile e un uso intelligente delle risorse, il miglioramento della reputazione aziendale, la crescita delle vendite e infine l’innovazione di prodotto e di processo.
«Le imprese familiari, tradizionalmente attente al valore delle risorse e all’ambiente in cui operano, hanno spesso trovato nei temi ESG un naturale allineamento con i propri valori e la visione di lungo periodo. Nel corso del tempo la consapevolezza riguardo a questi temi è maturata: ciò che una volta era considerato un semplice esercizio di risparmio o di efficienza, oggi è diventato una leva strategica fondamentale. Le imprese familiari più lungimiranti hanno compreso che abbracciare i temi ESG non è più solo una buona prassi, ma una vera e propria sfida che permette loro di tracciare un percorso di innovazione e trasformazione, promuovendo un modello di sviluppo sostenibile ad ampio raggio», dice Lazzarotti. Per i ricercatori del laboratorio accademico l'attenzione maggiore è solitamente rivolta all'aspetto ambientale con quella E che si esplicita come Environmental. Il motivo è attribuibile all'urgenza delle questioni climatiche e alla crescente pressione normativa sul tema. Segue tipicamente l'ambito sociale – racppresentato dalla S di Social – e che sta acquisendo sempre più rilevanza, soprattutto in relazione a tematiche quali la diversità e l'inclusione, il benessere dei lavoratori e l'impatto delle aziende sulle comunità e il territorio che le circonda. Infine – argomentano i ricercatori – emerge l’attenzione alla governance esplicitata dalla lettera G e che però risulta ancora mediamente poco sviluppata. «Peraltro nelle imprese familiari occorre sviluppare non solo meccanismi di corporate governance, ma anche di family governance: un compito particolarmente complesso», aggiunge Lazzarotti.
Fare e far sapere
Si arriva così ai sei casi studiati nella ricerca qualitativa dell’università. «Le imprese italiane sono di diverso tipo: c’è chi è molto attento ai processi della sostenibilità ma poco capace di comunicarlo, c’è chi comunica più di quanto realmente faccia e c’è chi sa fare e sa far sapere. I sei casi che abbiamo studiato rappresentano un’eccellenza di questo terzo tipo: hanno la capacità di coniugare la forza dei fatti con l’efficacia della loro comunicazione. In altre parole, nei sei casi di studio l’attenzione rimane focalizzata sui processi e la narrazione viene impiegata per comunicare efficacemente i risultati raggiunti. Ciò vale soprattutto per le aziende del B2C, in cui la comunicazione assume un ruolo più strategico», dice Sciascia.
La prospettiva di lungo termine genera valore economico, rafforza fiducia e reputazione, incrementa l’impatto positivo
Emerge come il percorso di sostenibilità delle sei aziende intervistate dai ricercatori, radicato nella visione del fondatore, si sia evoluto, strutturato e consolidato nel tempo. «Il contesto settoriale di riferimento rappresenta un fattore fondamentale in grado di influenzare le pratiche ESG nelle imprese, condizionandone le scelte. Per esempio nel caso di Brembo l’appartenenza al settore automotive ha giocato un ruolo importante: infatti in questo settore la transizione verso un modello green è stata principalmente motivata da normative rigorose, focalizzate sulla riduzione delle emissioni e sull’efficienza energetica. Nel settore agroalimentare e in quello della cosmetica, invece, l’efficiente utilizzo delle risorse naturali e la salvaguardia della biodiversità sono obiettivi prioritari che influenzano l’operato di aziende come illycaffè, Ponti, Ferrari-Lunelli e Gruppo Davines. Così le aziende familiari italiane possono quindi ispirarsi ai nostri sei casi per realizzare un'integrazione tra processi sostenibili e narrazione autentica, contribuendo così a costruire fiducia e valore concreto per gli stakeholder», precisa Lazzarotti. Ma questo approccio è orientato al breve o al medio-lungo termine? Secondo la professoressa le imprese familiari, in particolare quelle analizzate, tendono a caratterizzarsi per un approccio orientato al lungo periodo, alla continuità generazionale, al legame con la comunità locale e all'attenzione alla reputazione. «Questo approccio si riflette in una predilezione per una pianificazione strategica e sostenibile, che privilegia obiettivi duraturi piuttosto che una visione a breve termine. La prospettiva di lungo termine consente invece di delineare obiettivi ambiziosi e di integrare efficacemente la sostenibilità nella strategia aziendale. Per le imprese familiari questa visione è fondamentale non solo per generare valore economico, ma anche per costruire fiducia e una reputazione solida, con un impatto positivo sul contesto sociale e ambientale di riferimento. Tuttavia eventuali orientamenti di breve periodo che si possono riscontrare sono spesso il risultato di pressioni esterne come quelle derivanti dal mercato o dalle normative e vanno considerati come scelte tattiche piuttosto che strategiche. Infatti, un'eccessiva focalizzazione sul breve termine può comportare decisioni opportunistiche, risultati meno solidi e perdita di fiducia da parte degli stakeholder», dice Lazzarotti.
La sfida è misurare la sostenibilità, ossia quantificare l’impatto positivo delle politiche ESG sugli indicatori economici delle performance
Il nodo del metodo
«Esistono naturalmente anche delle aree di miglioramento rispetto alle quali le imprese familiari possono ispirarsi ai casi analizzati. La prima è connessa alla formalizzazione della strategia ESG e alla sua integrazione in tutti i processi aziendali: infatti, l’adozione di politiche ESG deve essere presente pressoché in tutti i processi aziendali, in tutte le funzioni, senza differenze sostanziali. Un altro punto importante è il coinvolgimento degli stakeholder che deve essere continuo e profondo, per rendere le politiche ESG realmente efficaci e condivise da tutti i soggetti coinvolti.
La vera sfida è quella di misurare la sostenibilità: il nodo cruciale resta infatti quello di quantificare l’impatto positivo delle politiche ESG sulle vendite e sui vari indicatori di performance economici e non, così come su aspetti come la reputazione o la credibilità», dicono Sciascia e Lazzarotti.
Una sensibilità cambiata nel tempo sui temi ESG, anche per intercettare l’attenzione di stakeholder più attenti. «Le imprese familiari analizzate, nel loro cammino esemplare verso la sostenibilità, hanno cercato attivamente di coinvolgere tutti gli stakeholder. Questo approccio genera un circolo virtuoso che, oltre a promuovere la sostenibilità, rafforza la posizione dell’azienda nel lungo periodo, consolidando il legame con tutti coloro che interagiscono con essa», concludono i due co-direttori. Ecco allora quell’identikit plurale delle imprese familiari. Così nei tempi incerti, come una bussola l’impresa familiare passa di generazione in generazione, puntando su un’elemento irrinunciabile: l’ascolto delle comunità.