Appunti d'Archivio | Dai “Dialoghi” alle corrispondenze. Il nostro viaggio nel tempo da Biella al resto del mondo

Visitare una mostra è sempre motivo d’interesse e meraviglia. Specialmente quando, come accade con la mostra Dialoghi, l’intento è precisamente quello di creare inaspettate risonanze fra le opere esposte, il Museo di provenienza, l’edificio che le ospita temporaneamente, i soggetti donatori e gli artisti rappresentati. Infine, di porre in relazione l’intero territorio con la dimensione superiore dell’arte.
Tutto ciò che muove, che fa vivere, ha un valore immenso sotto tutti i punti di vista
L’occasione ci è data grazie alla Direzione Artistica di Banca Patrimoni Sella & C. e alla Città di Biella-Assessorato alla Cultura-Museo del Territorio Biellese, con il contributo del gruppo Sella. La mostra infatti accoglie una selezione di opere provenienti dalla raccolta del Museo, chiuso in questi mesi per un importante progetto di ristrutturazione.
Fu proprio Gaudenzio Sella, giovane ingegnere civile, a progettare la Capanna-osservatorio Regina Margherita e a seguirne i lavori
L’incontro con l’arte avviene in realtà già prima di entrare in mostra, perché arrivando al Palazzone dal lato della piazza interna incontriamo la statua intitolata “Quintino” dell’artista Daniele Basso, inaugurata nel 2023, che «rappresenta un bambino che sogna esplorando il magico confine tra cielo e terra nel profilo del Mucrone [la montagna che sovrasta Biella] ». La suggestione indotta da questa figura rimanda a quanto Quintino Sella disse riguardo all’arte, in un suo discorso alla Camera dei Deputati del 10 giugno 1878: «Quando Raffaello faceva delle madonne alcuno avrà potuto credere ch’egli non facesse nulla che interessasse l’economia del paese; ma credete voi che l’arte non abbia un immenso valore economico? La poesia stessa, le speculazioni filosofiche, tutto ciò che muove, che fa vivere, ha un valore immenso sotto tutti i punti di vista ». E d’altra parte, fu proprio lo stesso Quintino Sella a lanciare l’idea di un Museo a Biella già nel 1864 in occasione del Congresso dei Naturalisti in città: «Io spero che i Biellesi odierni vorranno meritar bene delle belle arti conservando gelosamente i tesori antichi che posseggono, e ponendoli a disposizione degli studiosi […] ». L’invito sarà raccolto nel tempo da vari donatori, per lo più facoltosi industriali, che lasceranno le loro collezioni per pubblica fruizione o anche come modelli di riferimento a scopo didattico e formativo per gli allievi della Scuola Professionale che ebbe come prima sede proprio l’ex convento di San Sebastiano, oggi Museo del Territorio Biellese. Stimolati da queste riflessioni, entriamo dunque nei locali dell’esposizione.
La natura immensa della montagna
Nel corridoio d’ingresso ci accolgono due grandi dipinti di Lorenzo Delleani. Ci soffermiamo davanti alla tela intitolata La balconata della Capanna-osservatorio Regina Margherita, realizzata in studio nel 1900 sulla base di una fotografia scattata nel 1894 al rifugio più alto d’Europa, posto a 4.554 metri d’altezza quasi in vetta al Monte Rosa. Il dipinto restituisce il senso di piccolezza dell’uomo di fronte alla natura immensa della montagna, e lo stupore per l’impresa compiuta nel costruire qui una capanna in grado di ricoverare i frequentatori di queste regioni estreme, alpinisti, escursionisti e scienziati votati allo studio degli effetti dell’altitudine sul fisico umano.
Alcuni uomini sulla stretta balconata si affacciano cauti sull’abisso. Uno di loro ci osserva, ricambiando il nostro sguardo. Richiama alla mente la figura di Gaudenzio Sella, nipote di Quintino e come lui appassionato di montagna. Fu proprio Gaudenzio, giovane ingegnere civile, a progettare il rifugio e a seguirne i lavori, tra 1890 e 1893, partecipando all’inaugurazione in presenza della Regina Margherita il 18 agosto di quell’anno . Tutto questo dopo aver fondato con cugini e fratelli nel 1886 la banca Gaudenzio Sella & C., che è all’origine dell’attuale gruppo Sella. Un’impresa non meno impegnativa dell’alpinismo, e che per Gaudenzio fu un impegno per tutta la vita. D’altra parte, alla sua figura è legato lo stesso Palazzone che ospita la mostra, perché fu proprio qui che il giovane ingegnere trasferì nel 1898 la sede della banca, quando i locali occupati sin dal 1886 sotto i portici di Palazzo Oropa si dimostrarono ormai troppo esigui.
Dall’industria al paesaggio
Entrati nella sala dirimpetto, Giuseppe Bozzalla ci stupisce con il suo dipinto Fra colori e vapori del 1904, che già appartenne al Re d’Italia. Una scena epica: robusti operai al lavoro, nell’antro oscuro di una grande tintoria, rimestano panni in enormi calderoni ribollenti, ove la materia tessile si impregna di tinte per divenire pezza finita, pronta alla vendita sui mercati di tutto il mondo. Una rappresentazione viva e concreta del duro lavoro nelle industrie biellesi dell’epoca, ben presente al pittore perché nato in una famiglia di imprenditori lanieri, ultimo dei 14 figli di Giovanni Bozzalla Pret e di Efisia Sella, sorella di Quintino.
Ultima neve di Giuseppe Bozzalla, custodito nella sede del gruppo Sella (fotografia Archivio Storico gruppo Sella)
Giuseppe Bozzalla fu soprattutto un raffinato paesaggista, amando la montagna biellese della quale seppe cogliere «l’austera e grande poesia »; fu il pittore della neve che rappresentò quale denso manto di luce cangiante sotto il cielo sereno o coperto di nubi. I dipinti in mostra ci suggeriscono un dialogo ideale con il suo quadro Ultima neve, custodito nella sede del gruppo Sella, ove una montagna ancora ammantata di bianco cede all’ormai inarrestabile risalita dei verdi prati primaverili.
Paesaggio montano di Carolina Sella in Mosca Riatel, collezione privata (fotografia Archivio Storico gruppo Sella)
Il paesaggio è da sempre il soggetto prediletto di tanti artisti biellesi, professionisti e dilettanti. Torna in mente per assonanza di temi il dipinto con paesaggio montano di Carolina Sella in Mosca Riatel, sorella di Rosa e zia di Quintino Sella. Giovane appassionata di pittura, decise a metà Ottocento di porsi come allieva di Alexandre Calame, paesaggista svizzero di fama internazionale che tanto influenzò i pittori piemontesi e lo stesso Antonio Fontanesi, pittore presente in mostra con alcuni dipinti fra i quali Pianta fra rocce, realizzato proprio in quel periodo presso Ginevra. Carolina Sella colse il sentimento romantico del suo maestro verso la natura, ove risuona l’impetuoso tumulto dell’animo umano.
Disegnare con la luce
Sentimenti contrastanti sono quelli suscitati dal dipinto del 1893 Riflessioni di un affamato, del pittore lombardo Emilio Longoni. Promana dalla tela un atto di denuncia delle disparità sociali nell’Italia di fine Ottocento, motivato dall’esperienza di un’infanzia miserrima patita dall’artista che nacque in una famiglia povera e fu costretto al lavoro di garzone ancor fanciullo, in una Milano troppo grande e arida per lui. E tuttavia, da questo crogiuolo di esperienze emerse un artista in grado di innovare la propria tecnica adottando i canoni della pittura divisionista. I colori sono stesi per lo più puri sulla tela, lasciando che a mischiarli per comporre i toni non sia tanto il pennello sulla tavolozza, bensì l’occhio dell’osservatore. Alla base, vi è una matrice scientifica che deriva dagli studi ottocenteschi sull’ottica, sull’incidenza della luce e sulla fotografia, e dalla quale promana una nuova potenziale forza alla creazione artistica. A proposito di fotografia, il pensiero corre a uno dei suoi protagonisti di livello europeo, Giuseppe Venanzio Sella, fratello di Quintino. Forte delle proprie conoscenze chimiche dovute alla pratica tintoria applicata nel lanificio di famiglia, egli prova e sperimenta con passione sin da metà Ottocento le prime tecniche della neonata fotografia, che nel suo trattato Il plico del fotografo, definisce come «l’arte pratica e teorica di disegnare uomini e cose sopra vetro, carta, metallo ecc., col mezzo dell’azione della luce».
Pianta fra rocce di Antonio Fontanesi, esposto alla mostra Dialoghi
Disegnare con la luce: l’evoluzione successiva sarà mettere i fotogrammi in sequenza e far cogliere all’occhio dell’osservatore il movimento delle figure passandole in velocità – sarà la nascita del cinema. L’arte saprà accompagnare e rappresentare la modernità e il dinamismo dei tempi nuovi e di una società in veloce trasformazione, che però di lì a poco si ritroverà ad affrontare il baratro della guerra. Questi pensieri trovano risonanza nella sala successiva dinanzi al dinamismo espresso dal dipinto Linee-forza di paesaggio di Giacomo Balla, realizzato dal pittore futurista nel 1925 circa. Colori-linee-forme che si incurvano e interagiscono, e che se da un lato si manifestano come puramente piatte e bidimensionali, dall’altro suggeriscono gli incalzanti ritmi di una veduta paesaggistica in continuo divenire. I colori dei singoli segmenti interferiscono fra di loro, come in un gioco di trasparenze sovrapposte a suggerire profondità di campo, e generano nuove varianti del tono dominante freddo e astratto. Simili trasparenze e colori ritroviamo nella vetrina accanto ove, con un accostamento inaspettato, sono esposti fragili vasi e balsamari in vetro d’epoca romana, ritrovati negli scavi archeologici condotti sul territorio.
Linee-forza di paesaggio di Giacomo Balla, accanto a vasi e balsamari in vetro d’epoca romana, esposti alla mostra Dialoghi
Un contenitore ricco di storia
Usciamo dalla mostra considerando un ultimo aspetto legato al suo contenitore, il Palazzone che oggi è sede a Biella di Banca Patrimoni Sella & C., e che fu progettato negli anni Trenta dell’Ottocento da Gaspare Maggia, su commissione della Diocesi di Biella. L’architetto progettò anche il vicino Seminario vescovile, ove si riscontra un forte simbolismo nel segmento centrale del grande edificio, con la sequenza in verticale della Biblioteca, al piano terreno, che costituisce di fatto la base della Cappella, al piano superiore. Una dinastia di architetti e ingegneri, quella dei Maggia, che vedrà Carlo progettare nel 1884 la piramide-tomba di Quintino Sella nella parte a bosco del Cimitero Monumentale di Oropa. E sarà poi Federico a curare il progetto esecutivo del palazzo di Banca Sella, inaugurato in città nel 1966 all’ingresso di via Italia.
Consapevoli di aver compiuto un percorso affascinante, siamo contenti di aver colto l’invito dei curatori a creare un nostro personale ‘immaginario’, e di ripartire arricchiti dall’esperienza di «visita al ‘Museo ritrovato’ e a quei beni culturali che le generazioni che ci hanno preceduto hanno fortemente voluto donare alla collettività» (dal pannello di presentazione della mostra).