Transizione verde, per l'Italia parte la sfida al "carbon pricing"
Il Sole 24 Ore - Radiocor
La politica dei prezzi del carbonio, indispensabile per realizzare la transizione verde, in Italia è ancora disomogenea e incoerente; servono, invece, impegni credibili e a lungo termine sul prezzo del carbonio. La 'bocciatura' al Paese arriva dall'Ocse che suggerisce come fare per aumentare la tassa sul carbonio in modo da disincentivarne il consumo, senza colpire i più svantaggiati.
L'Italia, riconosce l'organizzazione internazionale che ha sede a Parigi, ha fatto molti progressi negli ultimi vent'anni nella riduzione delle emissioni di carbonio, addirittura meglio della media dell'Ocse così come per l'incremento delle energie rinnovabili. Nel Paese, tuttavia, il petrolio e il carbone costituiscono approssimativamente il 40% della fornitura totale di energia.
L'Italia inoltre, si legge nel rapporto 'Studi economici dell'Ocse: Italia 2021', dispone di una delle maggiori quote di veicoli passeggeri per abitante in Europa e solo poco più dello 0,1% è costituito da veicoli elettrici. Oltre il 60% del patrimonio edilizio del Paese è stato costruito più di 45 anni fa e denota marcati livelli di inefficienza energetica. Riguardo al carbon pricing, l'Ocse nota che sebbene le aliquote della tassa siano in Italia più alte che in molti altri paesi si sia comunque "in ritardo rispetto ai paesi che in assoluto sono più performanti".
C'è quindi la constatazione della disomogeneità e incoerenza della politica dei prezzi del carbonio: le industrie pagano meno di quanto non paghino le famiglie e il gasolio è tassato meno della benzina, sebbene incida maggiormente sulla salute. L'Ocse indica che il prezzo effettivo del carbonio legato all'utilizzo di benzina nei trasporti stradali supera i 300 euro per tonnellata di CO2, mentre il prezzo effettivo del carbonio derivante dall'uso di gas naturale da parte di utenti commerciali è inferiore a 8 euro per tonnellata di CO2. L'uso di energia attuale determina un problema all'Italia: un'esposizione al particolato (in particolare nelle regioni del Nord) che è notevolmente superiore alla media Ocse.
Cosa fare quindi? La soluzione è stabilire un chiaro obiettivo di prezzo del carbonio abbinato ad uno specifico orizzonte temporale suggerisce il rapporto. In tal modo si segnalerebbe l'esigenza di assicurare un cambiamento comportamentale, fornendo al contempo il tempo necessario alle famiglie e alle imprese per adattarsi alla transizione. L'Ocse offre qui l'inevitabile esempio dei ¿cugini' tedeschi: in Germania è stato previsto di aumentare da 25 a 55-65 euro il prezzo di una tonnellata di carbonio tra il 2021 e il 2026 per i settori non regolati dal sistema dell'UE per lo scambio di quote emissione di gas a effetto serra. Una tassa sul carbonio più elevata, tuttavia, aggiunge l'Ocse nella sua analisi, deve prevedere anche misure compensative per le famiglie più svantaggiate. In questo caso si cita l'esempio della Svezia dove all'aumento della tassa sul carbonio è stato abbinato un taglio delle imposte dei redditi per le famiglie più indigenti e, successivamente, riduzioni delle imposte sul lavoro.
Un suggerimento ulteriore riguarda l'applicazione del carbon pricing alle imprese. Quelle che attualmente percepiscono sussidi legati all'utilizzo di combustibili potrebbero continuare a percepire sostegni della medesima entità ma dissociati dall'utilizzo di tecnologie ad alta intensità di carbonio. I sussidi potrebbero poi essere gradualmente revocati nel tempo propone l'Ocse e a coordinare tale strategia dovrebbe essere il nuovo Ministero per la Transizione Ecologica, analogo ai ministeri operanti in Francia, Spagna e Svizzera.