Pierpaolo Garbaccio Bugin, contabile per professione e scrittore per passione. "Oltre numeri, cespiti e data entry, in me convive la curiosità verso le persone e le loro micro-storie"
Il grande pregio delle storie è quello di trasportarci in posti meravigliosi, farci vivere avventure che, seppur per un periodo di tempo limitato, diventano reali nella nostra fantasia. I protagonisti dei romanzi che amiamo affrontano mille peripezie e spesso ci forniscono una nuova chiave di lettura del mondo su cui non ci eravamo mai fermati a riflettere prima. Fanno lo stesso anche i personaggi creati da Pierpaolo Garbaccio Bugin, impiegato presso l'ufficio Cost Management & BPO di Banca Sella, per cui controlla la contabilità di Centrico. Pierpaolo unisce alla sua attività amministrativa una grande passione per la letteratura: "Io mi definisco scrittore della domenica, ma soprattutto sono e sarò sempre un contabile. E di questo ne sono orgoglioso", racconta Pierpaolo, che ad oggi ha pubblicato due romanzi intitolati "Il devoto giacobino" e "Come fanno gli alberi". Ambientati negli anni della caduta della repubblica giacobina nel nord-Italia poco dopo la rivoluzione francese, hanno sullo sfondo rispettivamente le vallate piemontesi e la campagna modenesi e alternano vicende di personaggi ispirati al suo albero genealogico. Una scelta che non sorprende se si considera che la sua passione per la letteratura nasce quando è piccolo, ascoltando le storie ispirate alla sua famiglia e ai luoghi della sua infanzia.
Così in Pierpaolo numeri, cespiti, data entry convivono con la curiosità verso le persone e le loro micro-storie, come lui stesso le definisce. "La storia a livello politico e sociale viene fatta dai grandi personaggi e dai grandi eventi, però alla fine sono le persone semplici, quelle comuni, che fanno le micro-storie di tutti i giorni. Con i miei due libri volevo trovare un modo per omaggiare proprio queste persone, volevo raccontare delle vite. Mia nonna diceva sempre 'scherza coi fanti, ma lascia stare i santi' e io questo detto l'ho fatto mio, concentrandomi nel mio piccolo sul particolare e sulla mia famiglia".
Pierpaolo, com'è nata la tua passione di scrittore?
Da bambino in due momenti diversi. Il primo è legato ai fumetti, in particolare amavo quelli francesi. Il mio preferito, in questo caso un fumetto italiano, si chiamava 'Un uomo, un avventura' e parlava di mondi esotici, lontani, che mi attiravano molto. Il secondo momento ha a che fare con mio nonno e le storie che mi raccontava; io le registravo e avevo la sensazione di catturarle, di fermarle nel tempo, tanto che poi hanno ispirato diversi aneddoti contenuti nei miei libri. È stato un bel modo per ricordarlo.
È per questo che hai deciso di scrivere libri?
Il primo libro in realtà è nato come un regalo di Natale per mio padre, che all'epoca aveva problemi di salute. Mi sembrava il modo migliore di omaggiarlo visto che il racconto, di circa 90 pagine, era ambientato nei luoghi più caratteristici di Mosso, il mio paese di origine. All'epoca il libro girava in maniera semi-clandestina in casa, poi un amico che aveva lavorato nell'editoria mi ha aiutato a farlo pubblicare.
Qual è stata la tua soddisfazione più grande nella tua carriera?
Inizialmente scrivere per me ha significato non arrendersi. Volevo fare un bel regalo a mio padre per farlo stare meglio e la scrittura era l'unico strumento che avessi. La soddisfazione più grande, però, me l'ha data il secondo libro, un romanzo vero e proprio, strutturato, scritto in un momento complicato della mia vita con l'aiuto di una persona molto cara con cui ho passato momenti intensi, piacevoli, divertenti, allegri che non dimenticherò mai. Tanto che il libro poi gliel'ho dedicato.
Quali sono le difficoltà che riscontri quando scrivi un libro? E come le superi?
La difficoltà principale è il tempo. Di solito infatti scrivo quando sono in ferie o nel weekend: per questo mi definisco 'scrittore della domenica'. Al contrario di quanto si possa pensare, per scrivere non serve solamente essere creativi, ma bisogna innanzitutto essere molto metodici. Nel mio caso, ad esempio, durante la stesura del secondo libro, ho conosciuto meglio il mondo dell'editoria, con la sua organizzazione e i suoi obiettivi, anche stringenti. Per questo credo poco nel blocco dello scrittore: a volte è solo una scusa per darsi un tono. Quando ti trovi davanti alla pagina bianca sai che prima o poi la riempirai, devi andare di getto, utilizzando i giusti attrezzi come in ogni altro lavoro e lasciarti ispirare dai tuoi scrittori preferiti.
Quali sono le tue principali fonti di ispirazione?
Sicuramente la Hollywood classica e i film anni '30, '40 e '50. E poi la mia famiglia che non ha fatto solo nascere la mia passione, ma continua a fornirmi nuovi spunti anche per i prossimi libri: per fortuna, ho un antenato eccentrico sul quale sto lavorando. Anche la natura è importante, mi piace descrivere nei minimi particolari i paesaggi e partire da lì per sviluppare una storia. Prima creo i paesaggi e poi i personaggi. E ricerco continuamente il contatto con la natura: stacco, vado fuori casa e pedalo per farmi venire nuove idee.
Quali sono le tre doti principali che deve avere uno scrittore?
Visto che stavamo parlando di pedalare, ti direi che lo scrittore deve essere proprio come un ciclista. Deve saper osservare, perseverare lungo la strada e scattare al momento giusto. E poi deve saper mettersi in discussione: è giusto che siano i lettori a giudicare il suo lavoro e a convalidarlo, proprio perché la scrittura è democratica, è una forma di lotta e sopravvivenza.
Anche tu sei un lettore, oltre che scrittore?
Sì, per me ogni momento è buono per leggere. In una vita pieni di impegni, ritagliarsi uno spazio di lettura anche da 10 minuti può essere complicato. Ci tengo a dire però che finisco sempre un libro, indipendentemente da quanto mi piaccia, per rispetto dell'autore, perché scrivere è faticoso. Come lettore, preferisco i libri cartacei al kindle, ma ammetto che il digitale è comodo per scaricare titoli particolari o testi impossibili da trovare stampati.
Le statistiche dicono che la quantità di persone che legge è in costante diminuzione e anche chi lo fa sta riducendo il numero di libri. Tu che ne pensi?
Io non ne sono scandalizzato. La lettura non deve essere un obbligo, ma un piacere, qualcosa che ti fa evadere. È un valido strumento che ti aiuta a tenere le giuste distanze dai problemi di tutti i giorni che a volte sembrano insormontabili. Se qualcuno ritrova piacere e svago in altri interessi è giusto che li coltivi: anche questa è una forma di democrazia della letteratura.