Percorso 1 - Risparmio Prodotti di risparmio e investimento, seconda parte: Strumenti previdenziali e assicurativi
Gli strumenti previdenziali complementari
Gli strumenti previdenziali complementari sono tutti quegli strumenti che permettono di integrare la propria pensione di base. Si tratta di strumenti che sono sostanzialmente analoghi ai fondi comuni, ma con delle restrizioni. Solitamente vengono sottoscritti perché si teme che l'assegno pensionistico di base erogato dall'INPS (l'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) non sia sufficiente per garantire lo stile di vita che vorremmo mantenere. Una delle ragioni, come abbiamo spiegato, può essere il rischio di longevità: se sottovalutiamo l'aumento della speranza di vita, potremmo avere bisogno di più soldi di quelli che abbiamo messo da parte per vivere con serenità.
Sia chiaro: per mettere da parte dei risparmi non serve per forza investire in un fondo pensione. Possiamo benissimo investire come faremmo normalmente in un altro fondo o per conto nostro con combinazioni di azioni, ETF o titoli di stato. La differenza è che i fondi pensione sono impostati in modo diverso e permettono di detrarre fino a cinquemila euro l'anno dalle tasse, per cui in certi casi potrebbero essere più convenienti. Inoltre, le quote dei fondi pensione non sono liquide: non si possono scambiare sul mercato.
Bisogna tenere a mente che i fondi pensione sono degli schemi complementari, che cioè non sostituiscono la pensione di base. Inoltre, gli investimenti dei fondi pensione sono a basso rischio (e quindi a basso rendimento). Dopotutto, servono principalmente a conservare il valore del capitale investito. A prescindere da come si decida di investire, più l'età avanza e più viene consigliato di ridurre l'esposizione al rischio.
Come funzionano i fondi pensione?
I fondi pensione usano lo stesso meccanismo dei fondi comuni: si acquistano delle quote di un paniere di strumenti finanziari che pagano un rendimento. Ma che soldi finiscono nel fondo pensione? Soprattutto il trattamento di fine rapporto (TFR), noto anche come liquidazione o buonuscita. Brevemente, il TFR è una porzione del proprio salario che viene trattenuta e rivalutata anno per anno. "Dirottando" il TFR nei fondi pensione, i lavoratori rinunciano alla liquidazione, che sostanzialmente riceveranno sotto forma di un secondo assegno mensile quando saranno in pensione.
Entro i primi sei mesi di lavoro, i dipendenti devono decidere che cosa fare del loro TFR: possono destinarlo a un fondo pensione oppure lasciarlo in azienda, ossia lasciare che sia rivalutato secondo i criteri dell'INPS. Al TFR si può aggiungere un contributo personale, che in certi casi permette anche di ottenerne uno dal datore di lavoro. Allo scadere del sesto mese, il TFR confluisce automaticamente nel fondo pensione (negoziale, aperto o preesistente) previsto dal loro contratto di lavoro.
Le differenze rispetto ai fondi ordinari
L'aspetto caratteristico dei fondi pensione è che il capitale investito (detto anche montante) viene restituito solo quando si andrà in pensione, effettivamente "congelando" i risparmi per molti anni a venire. Generalmente si può scegliere di ricevere il montante o come rendita mensile o fino al cinquanta per cento immediatamente e il restante come rendita. Attenzione, però: si può ricevere la rendita solo se si partecipa al fondo da almeno cinque anni.
Ovviamente, in caso di emergenza si possono sbloccare i propri risparmi, prelevando una parte del capitale, pagando un'aliquota tra il nove e il ventitré per cento. Per motivi di salute, si può prelevare fino al settantacinque per cento in qualsiasi momento; per acquistare o ristrutturare la prima casa si può prelevare fino al settantacinque per cento ma solo dopo otto anni di partecipazione al fondo; sempre dopo otto anni si può prelevare fino al trenta per cento per motivi personali. Inoltre, si può riscattare una parte o tutto il capitale in caso di invalidità permanente o inoccupazione. Inoltre, tutte le rendite sono reversibili, cioè in caso di decesso possono essere "reindirizzate" al coniuge o a un altro beneficiario.
Sembrano delle condizioni molto stringenti: per questo è bene leggere attentamente le condizioni dei fondi pensione in cui siamo interessati a investire e scegliere il piano più adatto alle nostre esigenze. Per facilitare questo lavoro, la legge italiana ha istituito la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP) che offre molti strumenti per confrontare i vari piani pensione.
In ogni caso, uno dei vantaggi dei fondi pensione è che offrono delle agevolazioni fiscali: i contributi che versiamo al fondo sono deducibili dal reddito IRPEF fino a quasi cinquemila e duecento euro l'anno. Inoltre, a differenza degli altri redditi da capitale, sono tassati al venti per cento anziché al ventisei e quando sarà restituito sotto forma di pensione sarà tassato con un'aliquota agevolata che varia tra il nove e il quindici per cento in base agli anni di partecipazione al fondo.
I tipi di fondi pensione
Le caratteristiche di cui abbiamo parlato sono comuni a tutti i fondi pensione, che comunque si distinguono in tre categorie: quelli aperti, quelli chiusi (o di categoria o negoziali) e quelli preesistenti, che hanno questo nome perché sono stati istituiti prima della regolamentazione della previdenza complementare.
I fondi pensione aperti sono gestiti da banche, assicurazioni o altri enti, mentre quelli chiusi sono anche detti negoziali perché sono istituiti attraverso accordi collettivi tra lavoratori e datori di lavoro. Tutti possono aderire a un fondo pensione aperto, ma sono solo i dipendenti privati che possono accedervi in maniera collettiva, cioè secondo le modalità previste dai contratti collettivi o dai regolamenti aziendali. Per tutti gli altri, cioè per dipendenti pubblici, autonomi e liberi professionisti, invece, la modalità deve essere individuale.
La differenza tra fondi aperti e chiusi è che solitamente i secondi hanno costi di gestione più bassi dei fondi aperti. Inoltre, se oltre al TFR si versa un contributo minimo, anche il datore di lavoro contribuirà con una somma. Tuttavia, solitamente i fondi chiusi investono in titoli meno rischiosi e quindi potrebbero non essere una scelta ottimale per i più giovani, che possono permettersi di esporsi al rischio: sia perché possono recuperare le eventuali perdite in un arco di tempo più lungo, sia perché hanno un interesse maggiore ad accrescere il loro capitale. Un'altra differenza è che per i fondi aperti il capitale versato dai lavoratori viene separato dall'attività dell'istituto bancario o dell'ente che li gestisce: in altre parole, non può essere usato per ripagare i creditori in caso di fallimento dell'istituto.
Un ultimo strumento alternativo ai fondi è quello del piano individuale pensionistico, o PIP. I benefici e le condizioni sono i medesimi dei fondi pensione, ma si tratta di un piano di risparmio gestito dalle imprese di assicurazione. La differenza dei PIP è che possono essere intestati anche ai minori, permettendo ai genitori di cominciare al più presto a investire per la sicurezza economica dei loro figli, ma solitamente hanno costi più alti dei fondi pensione.
Gli strumenti assicurativi
Dato che abbiamo citato le assicurazioni, è il caso di vedere anche gli strumenti che offrono. L'assicurazione è una forma di contratto che stabilisce che chi lo sottoscrive riceverà un rimborso in caso di un evento negativo, come un incidente. In cambio, richiedono un versamento periodico che si chiama premio. Anche le polizze assicurative non sono titoli liquidi.
Esistono prodotti assicurativi di qualsiasi tipo, anche per far fronte alle difficoltà dell'anzianità. La prima sono le polizze long term care (LTC), che assicurano una rendita periodica in caso di non autosufficienza: possono servire per pagare le badanti o le case di riposo, per esempio. Ci sono poi le polizze di rendita vitalizia: grazie a un pagamento unico o periodico, l'intestatario riceverà una somma pagata a vita (cioè una rendita vitalizia). La polizza può essere immediata o differita. Nel primo caso, tramite il pagamento in un'unica soluzione iniziale si riceve immediatamente una rendita rivalutata di anno in anno. Nel secondo, invece, la rendita verrà pagata a partire da una data concordata: ciò permette di farsi rimborsare il capitale, pagando un contributo, nel cosiddetto periodo di differita, ossia prima che la rendita inizi ad essere pagata. Infine c'è la polizza di vita mista, che assicura un pagamento (in forma unica o rendita) all'assicurato in una data prestabilita, oppure ai beneficiari che ha indicato nel contratto in caso di decesso.