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Percorso 1 - Risparmio Prodotti di risparmio e investimento, prima parte: Strumenti bancari e finanziari

Percorso 1 - Risparmio Prodotti di risparmio e investimento, prima parte: Strumenti bancari e finanziari
Risparmio, un percorso per Clienti Premium
15 Feb 21

Il risparmio, ovvero la capacità di accumulare dei capitali e non usarli per le proprie spese, produce la necessità di gestire e proteggere ciò che si è riusciti a mettere da parte. Investire è la migliore strategia per proteggere i risparmi dall'inflazione e assicurarsi una rendita aggiuntiva, ad esempio per quando saremo in pensione. Quella di investire è tuttavia una scelta che richiede competenze, lungimiranza e persino ancora più prudenza.

Competenza perché gli strumenti con cui investire sono molti e molto diversi; lungimiranza perché investire per il futuro è tanto importante quanto difficile (le persone tendono a concentrarsi sul presente) e prudenza perché ogni forma di investimento comporta dei rischi, che vanno conosciuti e valutati, soprattutto quando il nostro obiettivo principale è quello di gestire i nostri risparmi.

Quello che distingue le diverse possibilità di gestire i propri capitali sono gli strumenti che acquisteremo. Sono classificabili in molti modi, ma in questa guida ci concentreremo su tre grandi categorie: gli strumenti bancari e finanziari, quelli assicurativi e quelli previdenziali. Ciascuno ha le sue caratteristiche, ma soprattutto una è da tenere a mente: il loro grado di liquidità, cioè quanto facilmente si possano convertire in denaro (ad esempio per far fronte a una spesa improvvisa).

Gli strumenti bancari: i depositi a risparmio
Una prima classe di questi prodotti sono i depositi a risparmio bancari o postali, cioè gli storici libretti e i buoni fruttiferi. I depositi a risparmio sono dei conti a tutti gli effetti che per di più corrispondono un interesse annuale in base alla propria giacenza media. I depositi a risparmio sono di due tipi: liberi o vincolati. Quelli liberi permettono di prelevare e versare denaro senza limitazioni di tempo, a differenza di quelli vincolati, che per questo comportano dei costi aggiuntivi per svincolare le somme prima della scadenza.
I depositi postali sono prodotti simili a quelli bancari ma amministrati appunto da Poste Italiane, che agiscono per tramite della Cassa depositi e prestiti (CDP), una banca di investimento controllata dallo stato italiano, che garantisce tutti i risparmi su questi conti: in altre parole, sono conti molto sicuri. Per questo corrispondono dei tassi di interesse tendenzialmente più bassi degli altri strumenti e per questo sono indicati per esempio per insegnare a dei minorenni a gestire i loro primi risparmi. Sul sito di Poste Italiane ci sono tutte le tipologie di libretto e di buoni fruttiferi che vengono offerte.

Gli strumenti finanziari: le obbligazioni
Le obbligazioni (o bond, in inglese) sono dei titoli di credito emessi da società pubbliche o private. Un titolo di credito è sostanzialmente un contratto che contiene un diritto, quello a ricevere un pagamento. In gergo tecnico, si dice che garantiscono il diritto a una prestazione a favore del portatore, cioè che chiunque detiene l'obbligazione può ricevere il pagamento. Questo significa che chi detiene un'obbligazione può rivenderla, solitamente a un prezzo diverso da quello al quale l'ha acquistata.

In sostanza, i bond dicono che una somma verrà corrisposta in un determinato tempo: per esempio, mille euro tra un anno. Chi vuole investire nei bond fa un'offerta, ad esempio di novecento novanta euro, e quando acquista il titolo diventa un obbligazionista. Solitamente, poi, i bond pagano un interesse (cedola) che viene corrisposto ogni tot mesi. L'interesse è più alto se la scadenza dell'obbligazione è molto lunga o anche se l'investimento è rischioso.

L'interesse inoltre può essere fisso o variabile. Un tasso variabile dipende da un altro strumento finanziario, detto asset sottostante (in inglese, underlying asset), come l'andamento di un'azione o di un'altra obbligazione, ma anche di un indice come quello dell'inflazione. Come tutti i titoli, le obbligazioni vengono emesse sul mercato primario e rivendute su quello secondario. Per fare un esempio, un'azienda può emettere un bond che maturerà un interesse pari a 100 punti base sopra il rendimento dei titoli di stato a dieci anni di un paese. Questo significa che l'azienda corrisponderà un interesse pari a quello del titolo di stato, più l'uno per cento (un punto base, o pb, corrisponde allo 0,01 per cento). In questi casi, si dice che i titoli sono indicizzati, cioè variano al variare di un indice. Spesso i bond sono indicizzati all'inflazione: in altre parole, il loro rendimento nominale è uguale a quello reale.
I bond sono di molti tipi e ultimamente stanno diventando sempre più popolari i green bond, ossia obbligazioni per finanziare esclusivamente attività sostenibili, e i social bond, per finanziare attività che abbiano un impatto su una comunità.

Strumenti finanziari: i titoli di stato
I titoli di stato sono delle obbligazioni emesse da un governo per finanziare la spesa pubblica. Lo stato italiano ne offre di molti tipi: i BOT, o buoni ordinari del tesoro, hanno una durata inferiore a un anno, solitamente di 3, 6, o 12 mesi e «non staccano una cedola», cioè non corrispondono un interesse. Il guadagno dei BOT deriva interamente quindi dal cosiddetto scarto di emissione, cioè la differenza tra il prezzo di acquisto e la somma che restituiranno alla scadenza. Un altro titolo di stato che non corrisponde un interesse sono i cosiddetti CTZ, ossia i certificati del tesoro zero coupon che hanno scadenza di 24 mesi (coupon è un altro modo per dire cedola).
I BTP invece sono i buoni del tesoro poliennali. La durata dei BTP varia da 3 fino a 50 anni e per questo corrispondono tassi di interesse molto diversi. I BTP hanno solitamente una cedola fissa (cioè corrispondono un tasso di interesse fisso), ma ci sono anche altri titoli con un tasso di interesse indicizzato. Per esempio, i BTP Italia hanno durata di 4, 6 o 8 anni e sono indicizzati all'inflazione italiana. Inoltre, prevedono un premio fedeltà per gli investitori retail che detengono il titolo fino alla scadenza. Gli investitori retail sono sostanzialmente i privati e cioè non le banche e le società che gestiscono i fondi di investimento. I BTPEuroi sono invece indicizzati all'inflazione europea e hanno una durata di 5, 10, 15 o 30 anni. 
Un esempio di titoli con tasso di interesse variabile sono i CCTeu, cioè i Certificati di Credito del Tesoro indicizzati all'Euribor. L'Euribor è un indice che, semplificando, misura il tasso di interesse medio sui prestiti interbancari delle principali banche europee, cioè la media degli interessi che le banche pagano sui prestiti che si fanno tra di loro. L'interesse che viene corrisposto, dunque, è pari all'Euribor più una percentuale fissa, detta spread. Questo indice è lo stesso che viene usato per stabilire gli interessi dei mutui a tasso variabile.

Come acquisto i titoli di stato?
Come tutti i titoli, anche quelli di stato si possono comprare sul mercato primario al momento dell'emissione, oppure rivenduti sul mercato secondario. I titoli di stato vengono emessi con cadenza mensile secondo un calendario pubblicato sul sito del ministero dell'Economia e delle Finanze. A ogni emissione viene fissata la quantità di titoli emessi, ma non il prezzo, che viene stabilito attraverso il meccanismo d'asta. I BOT vengono collocati tramite asta competitiva: in altre parole, a chi offre di più e finché non sono esauriti. I BTP e gli altri titoli, invece, vengono venduti tramite asta marginale e cioè al prezzo dell'ultima persona a cui vengono venduti. Facciamo un esempio: il governo decide che ha bisogno di vendere mille BTP e riceve duemila offerte. I BTP vengono venduti alle mille persone che hanno fatto le offerte più alte, ma al prezzo che ha proposto la millesima persona, cioè l'ultima ad acquistare il titolo.
Per alcuni titoli pensati specialmente per i clienti retail, ad esempio i BTP Italia, la vendita avviene attraverso il MOT, ossia il Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di stato. I titoli devono essere prenotati con un'offerta qualche giorno prima dell'asta tramite gli operatori specializzati, i broker, ma ci sono anche altre modalità di collocazione riservate ad addetti specializzati o consorzi di banche e che si possono approfondire direttamente sul sito del ministero dell'Economia e delle Finanze.

Strumenti finanziari: le azioni
Le azioni sono delle quote che sanciscono il diritto a un pezzo di un'azienda. Chi detiene delle azioni si dice azionista, mentre l'insieme di tutte le azioni emesse da un'azienda costituisce il capitale azionario. Le azioni sono un'altra forma di finanziamento, diversa dalle obbligazioni perché non costituiscono un diritto a ricevere un pagamento. Chi detiene un'azione infatti acquisisce diritto di voto nell'azienda, visto che ne diventa proprietario almeno in parte, e a ricevere i dividendi, ossia una porzione dei profitti. In altre parole, i dividendi hanno un po' lo stesso valore degli interessi.
Ci sono due ragioni per investire in azioni: la rendita periodica dei dividendi, o quella più speculativa legata alla compravendita delle azioni. Per questo motivo le azioni sono più volatili delle obbligazioni, ed esistono aziende più solide o più esposte

Strumenti finanziari: i fondi di investimento attivi e passivi
La differenza principale tra gli investimenti individuali e quelli collettivi (attraverso i fondi di investimento) è che non decidiamo la composizione del portafoglio di investimento, cioè quali strumenti finanziari come azioni e obbligazioni acquisteremo: a fare questa scelta è il gestore del fondo. Questo significa che dobbiamo controllare di meno l'andamento dei titoli in cui investiamo, ma anche che dobbiamo adeguarci alle opzioni che ci vengono offerte (solitamente, in base ai diversi livelli di rischio). I fondi però sono molto efficienti nel diversificare gli investimenti, riducendo il rischio. Solitamente, i fondi di investimento hanno commissioni più alte perché devono coprire i costi di gestione.
Una prima distinzione è tra fondi attivi e fondi passivi. In poche parole, i fondi passivi replicano sostanzialmente l'andamento di un asset sottostante (un indice di mercato, per esempio), mentre quelli attivi cercano di fare di meglio, cioè di assicurare un rendimento più alto (in gergo, battere il mercato). Questo significa che i fondi passivi hanno costi di gestione mediamente più bassi. Solitamente, però, sono pochi i fondi attivi in grado di battere il mercato consistentemente nel lungo periodo (cioè nel corso di decine di anni). Insomma, come per tutte le cose della finanza, difficilmente basta una scelta per essere a posto tutta la vita.
I fondi si distinguono inoltre in fondi aperti e chiusi, o in inglese open-end e closed-end funds. Nel primo caso, si possono sottoscrivere le quote o richiedere un rimborso (cioè venderle) in qualsiasi momento. Questo significa che il capitale a disposizione del fondo cambia, addirittura nel corso della giornata, e che quindi i gestori dei fondi comprano o vendono i titoli del loro portafoglio per adeguarsi al cambiamento del capitale. Il valore delle quote, detto NAV (net asset value, cioè valore netto dell'asset) viene stabilito alla chiusura delle borse.
Nel caso dei fondi chiusi, invece, le quote si possono sottoscrivere solo nel periodo di offerta (prima che il fondo diventi operativo) e i rimborsi si possono ottenere solo alla scadenza. In altre parole: le quote dei fondi aperti sono illimitate, mentre quelle dei fondi chiusi sono stabilite con l'offerta pubblica iniziale (in inglese, IPO), cioè quando il fondo si quota in borsa. Le quote di entrambi i fondi si possono scambiare sui mercati secondari, ma solitamente si fa solo con quelle dei fondi chiusi, perché dai fondi aperti si possono acquistare direttamente dai gestori.
In genere, i fondi aperti investono in titoli più liquidi, che cioè si possono convertire più facilmente in denaro, come le azioni e le obbligazioni. I fondi chiusi, al contrario, investono anche in beni come gli immobili e titoli di società non quotate. Nell'Unione Europea, poi, ci sono i cosiddetti fondi aperti armonizzati che investono solo in un tipo di titolo quotato, come azioni e obbligazioni.

Alcuni tipi di fondi di investimento
I fondi di cui si parla più spesso sono i cosiddetti fondi comuni (o mutual funds, in inglese), ma le tipologie sono numerosissime: ci sono addirittura i fondi di fondi, le cui quote sono costituite da investimenti in quote di altri fondi. Senza soffermarci troppo su quelli più esotici, vediamo i tipi di fondi di cui si sente parlare più spesso.
Gli hedge fund, per esempio, sono fondi specializzati nell'hedging (o copertura del rischio) e possono investire anche in beni rifugio come l'oro o valute particolarmente stabili (il franco svizzero, per esempio). Alcuni degli hedge fund che potreste aver sentito nominare sono Black Rock e Bridgewater Associates, per esempio, ma ce ne sono molti altri (quelli più importanti sono praticamente tutti statunitensi).
I private equity fund investono in piccole o medie imprese non quotate in borsa, con l'idea di sostenerle nella loro crescita, mentre ancora più specializzati sono i venture capital fund che investono in aziende che ritengono avere grande potenziale. I venture capital fund vanno alla ricerca delle aziende che possono diventare dei cosiddetti unicorni, ossia delle startup che, pur non essendo ancora quotate in borsa, sono valutate oltre un miliardo di dollari. Il più grande e famoso venture capital fund è il Vision Fund del conglomerato giapponese Soft Bank. Tramite questo fondo da oltre cento miliardi di dollari, Soft Bank ha nel suo portafoglio investimenti in aziende come Uber, Slack e WeWork, ma investe praticamente in ogni settore tecnologico con un potenziale di crescita, dall'elettronica alla robotica.

Fondi di investimento passivi e indici azionari
Abbiamo detto che i fondi di investimento passivi replicano l'andamento dei sottostanti, per esempio gli indici: vediamo di capire di che cosa si tratta. Un indice è sostanzialmente una sintesi dei valori dei titoli che ne fanno parte. Per esempio, lo Standard & Poor 500 (S&P o S&P 500) è un indice creato dall'omonima azienda e che sintetizza l'andamento delle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione (cioè con il valore azionario più alto). Molto seguiti sono anche gli indici FTSE (si legge 'futsi') mantenuti dall'azienda di britannica Financial Times Stock Exchange: tra quelli di cui avete sentito parlare ci sono sicuramente il FTSE MIB, che raccoglie le 40 aziende italiane con maggiore capitalizzazione alla Borsa di Milano, o il FTSE 100, che sintetizza le prime 100 aziende quotate nel London Stock Exchange, la borsa di Londra.
Tuttavia, gli indici non si possono comprare, perché non sono un titolo azionario: in gergo tecnico, si dice che sono dei benchmark (dei punti di riferimento). In ogni caso, si può sempre replicare un indice semplicemente comprando le azioni delle aziende che ne fanno parte. Chiaramente, non tutti possono permettersi di comprare le azioni delle aziende più quotate, anche perché le aziende che fanno parte di un indice non sono sempre le stesse. Per questo motivo, esistono gli index fund: dei fondi il cui portafoglio replica la composizione di un indice.

Strumenti finanziari: gli Exchange Traded Products (ETP)
Negli ultimi anni sono diventati molto popolari gli ETF, o Exchange Traded Funds. Sono dei fondi passivi che rientrano nella categoria più ampia di Exchange Traded Products (ETP) che comprende anche gli Exchange Traded Commodities (ETC). La caratteristica centrale di questi prodotti è che si possono scambiare (traded) nelle borse (exchange).
Gli ETF sono diventati popolari per due ragioni: la prima è che essendo fondi passivi permettono di investire in azioni di valore con costi di gestione molto bassi. La seconda è che potendoli scambiare in borsa sono molto liquidi, cioè si convertono facilmente in altri mezzi di pagamento. Sono insomma più simili a delle azioni che alle quote di un fondo. Inoltre, gli ETF possono riprodurre anche gli andamenti di altri titoli, come obbligazioni o altre azioni.
Gli ETC, invece, seguono l'andamento di un bene (in inglese, commodity), come un metallo prezioso (non tanto l'oro quanto magari il litio delle batterie) o il petrolio, con gli stessi vantaggi degli ETF. Il rischio legato agli ETP è ovviamente quello degli indici o dei sottostanti che cercano di riprodurre. Gli ETP potrebbero anche non riprodurre fedelmente l'asset sottostante e quindi non essere forme di investimento ottimale.

Strumenti finanziari: i piani individuali di risparmio (PIR)
L'ultimo strumento finanziario che prendiamo in considerazione sono i piani individuali di risparmio, o PIR, introdotti in Italia nel 2017 con lo scopo di incentivare gli investimenti nelle aziende italiane. I PIR - che come suggerisce il nome, possono essere sottoscritti solo da persone fisiche (cioè i cittadini italiani) e non da aziende o persone giuridiche - possono essere dei fondi comuni o degli ETF (solo per fare due esempi), ma devono rispettare alcune regole, per esempio investire consistenti porzioni del loro capitale in azioni o obbligazioni di società con sede in Italia o nell'Unione Europea.
I PIR mirano quindi a collegare i risparmi privati con gli investimenti nelle imprese e in cambio dei vincoli a cui sono soggetti offrono agevolazioni fiscali: sono esenti dalla tassa di successione e da quella sui capitali, a patto che i capitali investiti non vengano ritirati prima della scadenza prevista originariamente. Con i PIR agli investitori italiani viene offerto dallo stato italiano uno scambio: scegliere di investire in società con sede in Italia per pagare meno tasse.