La storia che stiamo per raccontare abita in tutte quelle parti del mondo dove i luoghi acquistano una rilevanza strategica quando mettono in circolo idee, persone, tecnologie. Dall’America all’Italia: così i distretti, un tempo locali, diventano internazionali. È quanto avvenuto con i Sellalab, che compiono dieci anni e che raccontano una nuova via all’innovazione aperta.
Viviamo in un mondo che corre a velocità aumentata rispetto al passato e che spesso ci impedisce di comprendere e decodificare fenomeni nuovi. Eppure abbiamo necessità di fotografare quello che avviene, anche partendo anche dai numeri e dalla loro rappresentazione. Benvenuti nel nostro nuovo longform, che è una multimedial edition. Infatti si tratta del primo longform data storytelling multimediale. Il contenuto di approfondimento è arricchito di numeri strutturati con mappe, grafici, visualizzazioni interattive. Uscirà con alcune puntate speciali nel corso dell’anno, alternandosi al tradizionale longform, ma valorizzerà visivamente i numeri trasformandoli in storie coinvolgenti. D’altronde i numeri hanno il potere di cambiare il destino di ogni persona e di ogni organizzazione, che poi è fatta di persone. Ecco perché il data storytelling dà un senso alle cose. Buona lettura e buona visione.
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Come fa un semplice gelato a diventare un modello di riferimento nel mondo sul fare impresa generando impatto sul territorio nel quale si produce? E come riesce un’azienda da challenger in pochi anni a sbaragliare la concorrenza dei competitor, superando i colossi consolidati nel tempo? E ancora, in che modo ottiene questo successo partendo da un contesto territoriale periferico rispetto agli hub di innovazione metropolitani?
Per rispondere a questa domanda voliamo negli Stati Uniti e incontriamo Ben & Jerry's (nella foto di Ted Dully i due fondatori - Credits: The Boston Globe via Getty Images). Si tratta di un gelato in vaschetta oggi molto conosciuto sul mercato americano e che in pochi anni ha sbaragliato i concorrenti. «Alla fine gli ingredienti per fare le cose per bene sono sempre gli stessi. Bisogna partire dalle persone, dentro e fuori l’azienda. Quindi dipendenti e clienti. E poi devi avere un’ossessione per le materie prime, una cura maniacale del dettaglio, un amore viscerale nei confronti della tua terra e della comunità nella quale sei nato e vivi». Sembra facile, ma in fondo è assai difficile. Eppure è questa la ricetta vincente raccontata da due amici per la pelle, due hippy impegnati negli anni ’70 nelle campagne contro la guerra durante l’invasione del Vietnam e che nel 1978 in un garage dell’estrema periferia dell’impero americano decidono di fare impresa insieme. Ma di intraprenderla in modo diverso. Da quel garage preso in affitto dove iniziano a fare gelati in tre anni si ritrovano in copertina su Time e in quindici anni – siamo a metà degli anni ’90 – arrivano a generare un fatturato di 150 milioni di dollari, superando il leader del mercato di allora Haagen Dazs. Ma procediamo con ordine. Tutto inizia nel Vermont, stato montano a nord di Boston. Con un corso per corrispondenza di 5 dollari tenuto in un piccolo gelatificio presso la Penn State University e un investimento iniziale di 12000 dollari (di cui 4000 presi in prestito), Ben Cohen e Jerry Greenfield aprono la loro prima gelateria. Lo fanno lontani dalle vie patinate del centro cittadino, preferendo invece una piccola stazione di rifornimento ristrutturata a Burlington, poco più di quarantamila anime nella contea di Chittenden. Siamo a 72 chilometri a sud dal confine con il Canada e a 151 chilometri a sud di Montréal. Insomma, il gelato a stelle e strisce rinasce in un luogo geografico che – meteorologicamente parlando – non è poi così invitante, segnato da inverni rigidissimi ed estati continentali. Eppure si può fare la differenza anche in condizioni avverse. Basta mettere in circolo i valori di una comunità. Negli anni i due amici e soci in affari si espandono e diventano una delle più grandi aziende americane per la produzione del gelato in vaschetta. E nel tempo il rapporto con il territorio continua ad alimentare quella scintilla iniziale di entusiasmo. Fin dalle sue origini Ben & Jerry's ha avuto un legame profondo – quasi viscerale – con il Vermont. Lo Stato da sempre ha una fiorente agricoltura lattiero-casearia che è stata preservata dallo smantellamento grazie a una serie di leggi statali. E lo stesso vale per l’altra industria tipica: la silvicoltura. Lo Stato e le organizzazioni no-profit incoraggiano attivamente la ricrescita e un'attenta gestione delle aree boschive: oltre il 78% del territorio è ricoperto da foreste rispetto al 37% del 1880, quando l’allevamento ovino era al suo apice e grandi quantità di terreno venivano bonificate per il pascolo. Questo atteggiamento attento al territorio è stato incarnato dalla Ben & Jerry's che per il proprio gelato sin da subito ha utilizzato solo prodotti locali, impegnandosi nelle relazioni con i produttori locali per l’approvvigionamento delle materie prime. Inoltre ha incarnato quel sentimento di attenzione al territorio e a un modello economico sostenibile proprio del Vermont.