Percorso 6 Denaro - La storia delle cambiali
Nei secoli tra la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e l'anno Mille la popolazione aveva in gran parte abbandonato le città, era fuggita nelle campagne rifugiandosi sotto la protezione di signori locali, che esercitando il proprio dominio su un territorio - detto feudo - offrivano protezione agli abitanti, spesso asserviti nel lavoro delle terre. Specialmente in Europa, i territori erano più pericolosi e frammentati che in età romana, e questa instabilità aveva provocato una crisi dei commerci, con il ritorno in larga misura al baratto.
Con l'avvicinarsi dell'anno Mille, però, alcuni territori avevano vissuto un rifiorire dei commerci via mare - come nel caso delle repubbliche marinare: Genova, Pisa, Amalfi e Venezia - e via terra, anche grazie a un ripopolamento delle città. La diffusione del commercio contribuì alla diffusione di monete d'oro usate come riferimento internazionale, come nel caso del fiorino a Firenze e del ducato a Venezia. Mettersi in viaggio però continuava a rappresentare un rischio non indifferente, che esponeva al pericolo di essere rapinati del denaro o delle merci, o di incorrere in naufragi nel caso dei trasporti navali.
Se nell'antichità l'invenzione della moneta aveva permesso di superare il baratto, nel Medioevo l'invenzione del cambio traiettizio avrebbe consentito ai viaggiatori e ai mercanti di non portare con sé le somme necessarie a completare le transazioni. Per cambio traiettizio si intende l'operazione in cui la moneta di un paese - come il fiorino - veniva cambiata in un altro paese - dove si usava per esempio il dinaro - tramite un titolo di credito, un documento in grado di attestare, giunti a destinazione, che si aveva diritto a ottenere una determinata somma nella valuta locale invece che nella propria, eliminando così i rischi del trasporto e le eventuali spese per renderlo più sicuro.
Si pensi agli odierni - anche se ormai desueti e soppiantati dalle numerose forme di pagamento elettronico come le carte di debito e di credito - traveller's cheque, gli assegni turistici che si possono comprare in banca nella propria valuta per essere convertiti nella valuta del posto all'arrivo, dagli enti che li accettano. Chi li acquista li firma una prima volta in banca, per poi firmarli nuovamente a destinazione per convertirli in contanti, potendo portare con sé un titolo di credito totalmente rimborsabile in caso di furto.
Il titolo di credito diffuso nel Medioevo, a partire dal periodo tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo, era la lettera di cambio, un documento notarile che veniva emesso da chi aveva ricevuto una determinata somma al fine di cambiarla in un'altra moneta, da restituire in un altro luogo tramite una figura di rappresentante. Nell'epoca in questione le banche non avevamo ancora raggiunto il livello di diffusione capillare che immaginiamo oggi, la lettera di cambio permetteva così di regolare il trasferimento di denaro tra figure di fiducia, quali potevano essere dei mercanti che intrattenevano traffici su una determinata rotta.
Nella storia dei commerci medievali italiani ricoprì un ruolo fondamentale Francesco Datini, noto come il "mercante di Prato", vissuto nel quattordicesimo secolo. La sua attività e il suo ricorso alle lettere di cambio fu così intenso da indurre alcuni studiosi a pensare che potesse esserne l'inventore, tanto che tra i pratesi circola la voce che la statua a lui intitolata in piazza del Comune impugni nella mano sinistra proprio delle cambiali (più probabilmente l'uso del documento si diffuse in contemporanea in più luoghi in Europa). Datini aveva però fatto un grande uso delle lettere di cambio, tanto che nell'archivio che porta il suo nome - a palazzo Datini a Prato - ne sono custodite almeno cinquemila, oltre a centoventicinquemila lettere commerciali a vario titolo, rappresentando così una preziosa fonte per il diritto commerciale medievale e l'uso delle cambiali.
Con la diffusione e l'evoluzione delle lettere di cambio - poi note come cambiali - si impose una serie di regole che permettevano di identificare il documento: la lettera doveva riportare le clausole sulla somma e il pagamento da ricevere, la dichiarazione che chi aveva ricevuto una somma - denominato traente - era obbligato a restituirla in una valuta differente, e il luogo dove far valere la restituzione. Inizialmente la cambiale era un titolo esecutivo, che obbligava al pagamento secondo le condizioni accordate chi l'aveva emessa. Si diffuse poi la possibilità di nominare un rappresentante autorizzato a riscuotere il pagamento, che veniva identificato tramite un altro documento, la lettera di avviso. La successiva sovrapposizione della cambiale e della lettera di avviso è alla base della cambiale "tratta", che prevede tre elementi: il traente - il rappresentante autorizzato - consegna un ordine di pagamento al trattario, colui che deve pagare alla scadenza la somma di denaro al beneficiario.
Con l'affermazione dei commerci europei nel quindicesimo secolo si diffusero le fiere internazionali, che successivamente diedero origine alle borse valori per stabilire il prezzo di scambio delle varie merci. In questi luoghi le cambiali servivano a regolare i contratti tra i mercanti delle varie nazionalità, che nelle fiere scambiavano tra loro i crediti e i debiti tramite la mediazione di banchieri incaricati di gestire gli affari sulla piazza, liquidando le "tratte". Verso il diciassettesimo secolo la cambiale diventò uno strumento più complesso, che poteva essere "girato". Se in una prima fase le lettere di cambio e le cambiali erano vincolate al pagamento di una specifica transazione, la possibilità di girarle permetteva di cedere a un terzo il diritto di riscuotere la cambiale. Ciò rese possibile la circolazione e il trasferimento dei crediti, e permise di far circolare le cambiali. Si diffuse anche la garanzia cambiaria dell'avallo, che prevedeva la presenta di un garante responsabile in solido - detto avallante - che rispondeva del pagamento della cambiale insieme all'avallato che riceveva la garanzia.
L'accento passava così sulla promessa di pagamento, rendendo lo strumento una forma di finanziamento, che veniva usato nei casi in cui il debitore non disponeva della somma da ripagare. È con Luigi XIV che nel 1673, tramite un'ordinanza sul commercio terrestre, che cadono le restrizioni sul numero di girate. Le cambiali potevano essere dunque girate più volte, con la possibilità di rivalersi sui giratari precedenti qualora l'ultimo in ordine di tempo fosse risultato inadempiente, permettendo di far circolare e trasferire i crediti, perché era diventato inoltre possibile pagare con la valuta in merci o in conto, invece che in contanti.
L'erede di questo sistema di circolazione del credito è la cambiale propria, nota anche come "pagherò". È un titolo di credito che obbliga chi la emette a rispettare l'impegno di pagare una somma pattuita, così da poter ritardare un pagamento quando non si dispone del denaro necessario. In questo caso la persona al quale si deve pagare la cambiale è denominato prenditore. La promessa di pagamento costituisce un ordine incondizionato, e chi non lo soddisfa mette il creditore in condizione di rivolgersi a un notaio o a un ufficiale giudiziario per elevare il protesto, che comporta l'iscrizione al registro dei protestati o cattivi pagatori, arrivando fino al pignoramento dei beni del debitore per rivalersi del mancato pagamento.