Appunti d'Archivio | Il salvadanaio: piccolo oggetto, grande storia
Il 31 ottobre si celebra la Giornata Internazionale del Risparmio, giunta quest’anno alla sua 101ª edizione. Ne abbiamo già parlato in passato (Sella Insights Storia - anno IV n.9, ottobre 2022), ma oggi, curiosando nel nostro archivio storico, vogliamo restare sul tema soffermandoci però su un oggetto semplice e funzionale, pensato per un principio “da grandi” ma spesso destinato ai più piccoli: il salvadanaio.
Simbolo intramontabile del risparmio, il salvadanaio non è mai stato legato direttamente alla banca, anche se ne è un po' “parente”; anzi, in un certo senso, ne è stato un piccolo concorrente. Se volessimo immaginare una catena evolutiva del risparmio, il salvadanaio, parlando di “raccolta”, si collocherebbe tra il materasso e la banca… E oggi? Nell’era dell’intelligenza artificiale e delle criptovalute? Ne parleremo un’altra volta. Oggi ci concentriamo sull’oggetto, simpatico nella sua fisicità, che ha attraversato i secoli rimanendo fedele alla sua missione.
La prima lezione di risparmio
Chi non ha avuto, da bambino, un salvadanaio a forma di maialino o di orcio? Era lì che custodivamo gelosamente le nostre prime monete, sollecitati dai genitori a mettere da parte la paghetta fino al magico momento in cui lo si rompeva per scoprire il bottino. Ancora oggi, nonostante il marketing li abbia trasformati in oggetti quasi d’arredo, i salvadanai continuano a essere strumenti di risparmio domestico, spesso collocati in cucina, pronti a sostenere piccoli sogni magari da condividere con la famiglia.
Un po' di storia
Il termine “salvadanaio” nasce dall’unione di “salvare” e “danaio” (antica espressione per “denaro”), e il primo esemplare risale al II secolo a.C., rinvenuto in Asia Minore, dove iniziarono a circolare le monete. A forma di tempio con tanto di frontone, aveva già la classica fessura per inserire le monete, rendendo difficile prelevarle: una caratteristica rimasta invariata nel tempo. Ma anche l’Impero Majapahit (Indonesia, circa 1290–1530) rivendica la paternità del salvadanaio. Lì, le monete di rame venivano conservate in contenitori di terracotta a forma di cinghiale, simbolo di prosperità.
Allora è questa l’origine della forma a maialino? Pare di no. Secondo un’altra teoria, infatti, la forma deriverebbe dal materiale “pygg”, simile alla terracotta, usato in Inghilterra nel XV secolo per produrre stoviglie e vasi. Da “pygg bank” a “piggy bank”, il passo fu breve e subito gli artigiani presero lo spunto per la forma a porcellino. Un’altra ipotesi lo collega alla tradizione contadina, una lettura più concreta, qui da sempre il maiale era visto come una riserva, da utilizzare in caso di necessità.
Il salvadanaio e la banca: da “rivali” ad alleati
Dopo un primo periodo di produzione in ghisa, negli anni ’60, con l’avvento del marketing (allora “reclame”), anche le banche iniziarono a usare salvadanai personalizzandoli. Sempre in metallo, meno elaborati di quelli in ghisa, ma sempre come strumento di fidelizzazione. La Banca Sella, ad esempio, creò dapprima salvadanai metallici muniti di una serratura la cui chiave era conservata presso le succursali. Una volta riempito il salvadanaio, il bambino veniva accompagnato in banca, di solito dalla mamma.
Lì l’addetto, recuperata la chiave, apriva il salvadanaio e, dopo i complimenti di rito al piccolo risparmiatore, gli offriva la scelta: dolciumi o apertura di un conto deposito? Indovinate quale vinceva? Anche se la sensazione è che a prevalere fosse sempre l’opinione della mamma in questione. La produzione di salvadanai in metallo era molto diffusa, così come le forme adottate: dal “baracchino” al “libro”, perfetto quest’ultimo per essere nascosto tra volumi veri, arricchendo il senso del gioco del suo piccolo possessore. Con il tempo, alle fessure per introdurre le monete si aggiunsero fori circolari per inserire le banconote arrotolate a sigaro, segno dell’inflazione e dell’evoluzione delle paghette, che ora cominciavano a prevedere i biglietti di piccolo taglio (500 o 100 Lire), diventati un tesoretto accessibile anche a un bambino.
L’avvento della plastica rappresentò poi una rivoluzione, rendendo i salvadanai più economici e meno pregiati, ma dalle potenzialità creative enormi. In quel periodo venne prodotto da Banca Sella un salvadanaio in plastica con la forma della cassaforte di Quintino Sella, donato ai bambini. Non si poteva aprire se non rompendolo, rendendolo così, ad oggi, un raro oggetto da collezione.
Oggetti da collezione e marketing creativo
Come si è detto, ogni bambino si legava affettivamente al proprio salvadanaio, e il marketing sfruttò questa caratteristica per legare la forma a prodotti specifici, in un’operazione volta a familiarizzare con il risparmio. Così nacquero vere collezioni di modelli curiosi: nel nostro caso, salvadanai a forma di casetta per promuovere mutui agevolati, o a forma della sede centrale di Banca Sella a Biella per celebrarne l’inaugurazione.
Alcuni, come quelli in terracotta Deruta, sono vere opere artigianali di pregio. Altri, come il salvadanaio a mattoncino, diventano giochi “educativi” riportando slogan come “comincia a costruire il tuo futuro”. Le soluzioni nel tempo sono diventate numerosissime, dalle forme più strane ai meccanismi più complessi, rendendoli quasi giochi meritevoli di essere considerati veri oggetti da collezione. Merita in questo senso una visita al Museo del Risparmio di Torino, che ne ospita una ricchissima collezione.
E i maialini? Ci sono sempre, in ceramica o plastica, per bambini e adulti, diventati spesso dei simpatici svuota-tasche. Anche se oggi si preferiscono forme più originali, il maialino resta nella memoria di tutti e, nella sostanza, rimanda immediatamente al Risparmio, e il buon vecchio salvadanaio continua a rappresentarne l’icona imprescindibile.