I paesi del G20 tutti d'accordo: le misure di sostegno non vanno ridotte ora

I paesi del G20 tutti d'accordo: le misure di sostegno non vanno ridotte ora
(Mef / Flickr)
01 Mar 21
#bce

Il Sole 24 Ore - Radiocor

La pandemia non è sconfitta e la ripresa in corso è troppo fragile e irregolare per cui le misure di sostegno pubblico, prese a livello sovranazionale e nazionale, sia con le politiche fiscali che con le politiche monetarie delle banche centrali, non vanno ridotte troppo presto. È la posizione comune espressa dai ministri finanziari e dai governatori delle banche centrali dei venti paesi più sviluppati al mondo, riuniti in modo virtuale, per la prima volta sotto la presidenza di turno italiana, nel foro di confronto del 'G20'.

Lo stesso invito, pochi giorni prima, è stato rivolto ai governi europei dalla presidente della Bce, Christine Lagarde. "La pandemia non è ancora finita e l'allineamento delle politiche senza precedenti (fiscale e monetaria) della risposta pubblica alla crisi continuerà a essere un imperativo per quello che ci aspetta". La banchiera centrale ha osservato come le politiche di sostegno debbano poter continuare a "a rafforzarsi a vicenda" nell'affrontare due sfide comuni: proteggere l'economia e successivamente trasformarla".

Lagarde ha ricordato che le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine della banca di Francoforte rimarranno una fonte interessante di finanziamento per le banche, sostenendo il flusso di credito a famiglie e imprese. Secondo la numero uno della Bce, le piccole e medie imprese tendono a beneficiare in modo ampio di un credito abbondante ed economico e, in particolare, le imprese più piccole sono state in grado di "contrarre prestiti ai tassi piu' bassi mai registrati". Da parte della top manager francese è stato anche ricordato che la Bce continuerà a sostenere tutti i settori dell'economia, preservando i finanziamenti a condizioni favorevoli durante il periodo della pandemia, come ha fatto dall'inizio della crisi.

Lagarde ha quindi indicato che con Next Generation EU c'è l'occasione unica per modernizzare le economie a patto che sia migliorata la qualità della spesa pubblica e sia garantito che i piani anticrisi siano basati su politiche strutturali a livello nazionale. Se utilizzati per investimenti pubblici produttivi, i fondi Ue potrebbero aumentare la produzione reale nell'area dell'euro di circa l'1,5% del Pil nel medio termine.

Le risorse del Next generation Ue che arriveranno in Italia e che daranno vita al Recovery Plan nazionale in via di completamento, sono, in questi giorni, oggetto delle audizioni parlamentari di parti sociali e istituzioni. Di particolare rilievo l'opinione di un ente 'terzo' come l'Istat, che invita ad accendere i riflettori sul monitoraggio ex ante ed ex post del piano. Secondo l'istituto nazionale di statistica l'effetto volano sull'economia italiana sarà significativo: nel 2025 il Pil registrerebbe uno scostamento positivo di 2,3 punti rispetto allo scenario base.

In particolare, l'aumento del Pil sarebbe associato a un miglioramento dell'occupazione pari a circa 275 mila occupati e a una riduzione del tasso di disoccupazione di 0,7 punti percentuali. L'aumento degli investimenti determinerebbe sia il rialzo della loro quota sul Pil, che tornerebbe sopra il 19%, sia una loro ricomposizione a favore di quelli in beni intangibili, con positivi effetti sulla produttività del lavoro. 

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