Percorso 6 Denaro - I paesi che non hanno una loro valuta

Percorso 6 Denaro - I paesi che non hanno una loro valuta
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30 Nov 21

La gestione della quantità di moneta in circolo in un'economia è uno degli strumenti di politica economica a disposizione di chi governa un paese. Stampando nuova moneta o ritirandola dalla circolazione, le banche centrali sono in grado di influenzare i tassi di interesse e i prezzi di beni e servizi, che a loro volta influiscono sulle scelte di investimento e di consumo di persone e imprese, determinando variazioni del Pil.


In alcuni casi però, i governi decidono di fare a meno di questo strumento e adottare la valuta di un altro paese in sostituzione della propria. Questo fenomeno si chiama dollarizzazione, perché solitamente la valuta adottata è il dollaro statunitense - una delle monete più accettate a livello internazionale e che meglio conservano il proprio valore nel tempo -, anche se in alcuni casi sono state usate altre valute come l'euro, il franco svizzero, il dollaro australiano e quello neozelandese.


Alcuni esempi di paesi che hanno adottato il dollaro statunitense come unica valuta sono le Isole Vergini Britanniche, le Isole Marshall, i Paesi Bassi Caraibici e la Micronesia. L'Euro è stato invece adottato da Montenegro e Kosovo nonostante non facciano parte dell'area Euro né dell'Unione Europea (alla quale però entrambi vorrebbero aderire). Il franco svizzero è l'unica valuta legale in Liechtenstein, nonostante il piccolo paese faccia parte dello Spazio Economico Europeo (che consente la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali nei paesi dell'Unione Europea), mentre la Svizzera non vi ha aderito. Il dollaro australiano e quello neozelandese sono invece utilizzati come unica valuta da alcuni microstati dell'Oceania.


In paesi piccoli come quelli appena citati, l'adozione della valuta forte di un paese vicino di solito è mossa da due fattori principali: primo, sarebbe troppo costoso per loro emettere e gestire una propria valuta; secondo, spesso questi paesi importano gran parte dei prodotti che usano dalla grande economia più vicina: per facilitare gli scambi con essa ed evitare il rischio di cambio, la scelta più razionale è spesso quella di adottarne la moneta. Questa seconda ragione non è peraltro molto dissimile da quella che nel 2002 ha spinto i paesi oggi membri dell'Eurozona ad abbandonare le proprie valute per adottare l'euro: una moneta comune avrebbe (e ha) permesso di facilitare e accrescere il volume già alto di scambi tra questi paesi, integrandone le economie in un mercato unico di dimensioni molto maggiori, con vantaggi per tutti.


Ci sono però altri casi in cui un governo può decidere di sostituire la propria valuta con un'altra in tutto o in parte (cioè affiancando alla propria valuta quella di un altro paese). Il caso più frequente, che storicamente ha interessato principalmente l'America Latina ma se ne trovano esempi anche in altre parti del mondo, è quello in cui un paese decide di dollarizzare la propria economia in seguito a una grossa crisi economica, politica o finanziaria seguita da iperinflazione, cioè da un aumento dei prezzi smisurato che di solito tende a persistere e accelerare, portando la moneta del paese a perdere valore sempre più rapidamente.


Famoso è il caso dello Zimbabwe, dove a novembre 2008 il tasso di inflazione giornaliero era del 98 per cento: i prezzi raddoppiavano di giorno in giorno, dimezzando il valore del dollaro zimbabwese ogni ventiquattr'ore. Questo spinse il governo a emettere banconote di taglio sempre più grande, fino a stamparne una da centomila miliardi di dollari (one hundred trillion dollars), ora venduta come souvenir. Dal 2009 infatti, lo Zimbabwe ha abbandonato il dollaro zimbabwese riconoscendo corso legale a una serie di valute più stabili come il dollaro statunitense, l'euro, la sterlina, e il rand sudafricano, affiancate in seguito da una nuova valuta zimbabwese (il Real Time Gross Settlement dollar) che però ha avuto vita breve.


Quale che ne sia la ragione, quando si innesca un processo di iperinflazione i cittadini non si fidano più di mantenere il proprio patrimonio in valuta locale, perciò tentano di scambiarla appena possono con una valuta più stabile o con beni materiali in grado di mantenere il proprio valore nel tempo. Questo solitamente porta l'economia a dollarizzarsi anche prima che lo decida il governo, almeno in maniera parziale. In questo caso, si parla di dollarizzazione non ufficiale o di fatto: la moneta ufficiale rimane quella del paese, ma i cittadini accettano molto più volentieri valute estere forti, che quindi di fatto sostituiscono almeno parzialmente la valuta locale. Più quest'uso si radica, più diventa probabile che il governo riconosca la dollarizzazione in via ufficiale.


È quanto successo in Ecuador negli anni Novanta. Per uscire da una stagnazione economica, i governanti decisero di sostenere le esportazioni del paese - per gran parte composte da petrolio, il cui prezzo era crollato a metà anni Ottanta e diventato molto instabile - svalutando la valuta locale, il sucre. Uno dei modi per aumentare le esportazioni e ridurre le importazioni è infatti quello di vendere grosse quantità di valuta locale sul mercato, facendola così deprezzare e rendendo i propri prodotti più competitivi rispetto a prodotti simili fatti all'estero. Questo avviò una spirale inflazionistica che portò il cambio tra sucre e dollaro da 800 contro 1 nel 1990 a 25.000 contro 1 nel 2000. Nel corso della decade, l'economia cominciò a dollarizzarsi di fatto, finché il governo non sostituì ufficialmente il sucre con il dollaro nel 2000.


Un caso diverso è quello della Repubblica di El Salvador, che nel 2001 sostituì il colòn salvadoregno con il dollaro senza aver sperimentato iperinflazione. Lo fece perché voleva attirare investimenti dagli Stati Uniti, e pensò che ne avrebbe attratti di più se avesse eliminato il rischio di cambio per gli investitori statunitensi sostituendo la propria valuta con il il dollaro. Il piano però non funzionò, perché per attrarre gli investitori di un paese non basta usare la loro stessa moneta: serve anche stabilità sociale, cosa che El Salvador non poteva offrire dato il suo alto tasso di criminalità. Peraltro, a giugno 2021 El Salvador ha affiancato al dollaro il bitcoin, diventando il primo paese al mondo a dare corso legale alla criptovaluta.


Se da un lato la dollarizzazione ha il vantaggio di dare stabilità ai prezzi e facilitare gli scambi con l'estero, dall'altro ha diversi costi da non trascurare. Come dicevamo inizialmente, un paese che sostituisca la propria moneta con quella di un altro stato rinuncia a uno strumento importante di politica economica: la possibilità di determinare tassi di interesse e inflazione attraverso decisioni di politica monetaria. Un paese che adotti il dollaro statunitense deve accettare le politiche monetarie dettate dalla banca centrale degli Stati Uniti, la FED, che vengono decise con obiettivi che tengono in considerazione solo l'economia statunitense. Questo costituisce un rischio, perché la FED potrebbe perseguire politiche monetarie opposte a quelle necessarie nel paese dollarizzato in un dato momento. Inoltre, dopo la dollarizzazione un paese non può più influenzare importazioni ed esportazioni modificando l'offerta della propria valuta sul mercato dei cambi, come tentò di fare l'Ecuador prima di passare al dollaro.


Un altro svantaggio è che, in un paese dollarizzato, le autorità monetarie non possono svolgere la funzione di prestatore di ultima istanza attraverso la coniazione di nuova moneta, cioè non possono assicurare liquidità a sufficienza al sistema bancario stampando moneta nel caso di una crisi di liquidità. Una crisi di questo genere può scatenarsi quando una banca non abbia la liquidità necessaria per pagare i propri debiti. Questo potrebbe innescare una reazione a catena in cui anche i suoi creditori siano in grado di onorare le proprie obbligazioni. Crisi di questo genere possono generare panico nella popolazione e innescare le cosiddette "corse agli sportelli", cioè situazioni in cui i correntisti di una banca si precipitano a ritirare tutti i propri soldi nel timore che la banca non ripaghi il proprio debito con loro. Queste crisi sono scongiurate dalle banche centrali stampando moneta e prestandola alle banche che ne abbiano bisogno, ma se la banca centrale non può stampare la moneta in uso nel paese, non ha potere su questo tipo di eventi, e il governo dovrà porvi rimedio trovando il denaro necessario in qualche altro modo (aumentando le tasse o indebitandosi a sua volta).


Infine, un paese dollarizzato perde il cosiddetto "reddito di signoraggio", che è quello che gli deriva dall'emissione di moneta. Nel caso delle monete metalliche, questo reddito corrisponde alla differenza tra il valore nominale di una moneta e il costo di produrla, mentre per le banconote è costituito dagli interessi che la banca centrale guadagna sui titoli che acquista dalle banche a fronte delle banconote emesse, interessi che vengono poi versati allo stato e costituiscono per esso una fonte di entrate.