Percorso 3 Mutui - Cosa succede se non si riesce a pagare il mutuo
Chi accende un mutuo per la prima volta può essere preoccupato da cosa accadrebbe nel caso in cui, per qualunque ragione, diventasse impossibile pagare le rate mensili previste per la restituzione del prestito. Nonostante le banche verifichino la solidità finanziaria di chi chiede un mutuo, infatti, può accadere che le condizioni personali cambino in modo tale da rendere difficile la sua restituzione. Cosa può succedere in questi casi? Quando tecnicamente si diventa "insolventi"? Cosa può fare una banca con chi smette di pagare il mutuo? E cosa può fare, invece, chi si trova in difficoltà a pagare le rate?
Quando una rata è considerata in ritardo?
In Italia, questi aspetti della gestione del mutuo sono regolati dal Testo Unico Bancario, detto anche TUB, il decreto legislativo 385 del 1983 che si può consultare direttamente dal sito della Banca d'Italia. L'articolo 40 comma due del TUB stabilisce che una rata viene legalmente considerata pagata in ritardo se viene rimborsata tra i trenta e i centottanta giorni dopo la scadenza prevista. Lo stesso comma precisa che una banca ha diritto di «risolvere il contratto», cioè rivalersi sul mutuatario, in due circostanze: se una rata viene ripagata oltre i centottanta giorni oppure se il pagamento di sette rate, anche non consecutive, avviene in ritardo (cioè tra i trenta e i centottanta giorni). Qualsiasi altra clausola in un contratto per un prestito che definisca in altro modo il ritardo o l'insolvenza è nulla, e questi paletti sono quelli da tenere a mente per capire quando possano effettivamente nascere dei problemi.
Che cosa si può fare: rinegoziazione e surroga
Fortunatamente, in caso di problemi a pagare il mutuo si possono fare molte cose prima di sospendere il pagamento delle rate e rischiare il pignoramento di una proprietà. Per prima cosa, se si prevede di non riuscire a pagare una rata per tempo o se ci sono motivi che potrebbero comportare ritardi sui pagamenti di più rate una buona cosa da fare è quella di avvisare la propria banca, che ha tutto l'interesse a trovare una soluzione che permetta la restituzione del capitale, evitando quando possibile un pignoramento (che può richiedere tempi molto lunghi e fruttare somme inferiori al capitale prestato).
La rinegoziazione del mutuo può essere per esempio una soluzione per chi magari volesse diminuire la rata mensile da pagare, allungando la durata del mutuo: quando si presenta una domanda di rinegoziazione, infatti, si chiede alla propria banca di modificare alcune caratteristiche del finanziamento ricevuto. In altri casi, se non è possibile trovare un accordo soddisfacente, si può pensare alla surroga del mutuo, che permette di trasferire il mutuo presso un altro istituto di credito che offra condizioni migliori. In entrambi i casi, l'opzione non prevede alcuna spesa: né di istruttoria né di ipoteca (che viene semplicemente trasferita), né tantomeno le spese notarili per il nuovo rogito.
Saldo e stralcio o sospensione del mutuo
Solitamente, comunque, un finanziamento diventa un problema nel caso in cui ci siano difficoltà a ripagare: solo in certi casi i debitori si trovano nelle condizioni di poter restituire in poche tranche il loro debito, anche se viene stralciato. Per questo motivo esiste un'altra strada, percorribile se ad esempio si perde il lavoro: quella della sospensione delle rate del mutuo. La sospensione prevede che per un certo numero di mesi si possano interrompere i pagamenti della quota capitale della rata, cioè che si paghi solo la parte di interessi. A volte sono gli stessi istituti di credito a permettere di sospendere qualche rata, mentre in altri casi sono i governi a creare dei fondi appositi che prevedono questa possibilità per certe categorie di finanziamenti.
Il governo italiano ha istituito per questo motivo il Fondo di solidarietà per la sospensione delle rate dei mutui per la prima casa (detto anche Fondo Gasparrini) nel 2007, che è gestito dalla CONSAP, un'assicurazione controllata dal ministero delle Finanze. La legge prevede per chi ha un ISEE inferiore a trentamila euro e ha sottoscritto un mutuo per la prima casa inferiore a 250mila euro possa richiedere una sospensione dal pagamento della quota di capitale delle rate per un massimo di 18 mesi, mentre il denaro a disposizione del fondo viene usato per ripagare la metà della quota di interessi. Si può accedere al fondo in caso di perdita del lavoro, morte o di invalidità superiore all'ottanta per cento.
A causa della pandemia da COVID-19, a marzo 2020 il governo aveva varato il cosiddetto Decreto Cura Italia, che aveva esteso le condizioni di accesso al fondo: ad esempio ai lavoratori autonomi e liberi professionisti, o a chi aveva avuto delle riduzioni nell'orario di lavoro. I provvedimenti del decreto sono rimasti però in vigore solo per nove mesi, cioè fino a dicembre 2020: in altre parole, non si può più accedere alle nuove condizioni. A oggi, però, sembra che un nuovo decreto istituirà delle misure simili: la cosa migliore da fare è tenere monitorato il sito della CONSAP e del MEF.
Che cosa succede quando non si effettuano i pagamenti
Nei casi di ritardi più gravi, però, la legge giustifica la risoluzione del contratto, cioè il suo annullamento. Innanzitutto l'insolvenza viene segnalata alla Centrale dei Rischi della Banca d'Italia, ossia un grande database con lo storico dei finanziamenti concessi dalle banche ai loro clienti. Assieme alla segnalazione, la banca richiede la restituzione delle rate non pagate, alle quali vanno aggiunti gli interessi di mora dovuti al ritardo, e ovviamente la quota residua di capitale con i rispettivi interessi. Gli interessi di mora vengono calcolati solitamente moltiplicando il tasso annuo del finanziamento per il numero dei giorni di ritardo e dividendo per 365, ma la definizione può variare a seconda dell'istituto di credito con cui si stipula il contratto.
Molto spesso, però, il mutuatario non è in grado di restituire questa somma e per questo l'istituto di credito si rivale sulla garanzia del finanziamento. Queste garanzie vengono specificate nel contratto del finanziamento e si possono suddividere in due grandi categorie: ipoteca e fideiussione. Quando si sottoscrive un mutuo per acquistare un immobile, la banca solitamente chiede che quell'immobile diventi la garanzia del prestito: nel caso di insolvenza, quindi, la banca pignora la casa per venderla all'asta. La garanzia può però essere anche data da un terzo, con l'ipoteca su un altro immobile (che la banca potrà quindi pignorare) o con una fideiussione, che di fatto permette alla banca di rivalersi sul patrimonio personale del garante: pignorandone lo stipendio, l'assegno pensionistico, i depositi sui conti corrente, ma anche beni mobili (come la macchina) o beni immobili (come un'altra casa).