Percorso 2 - Investimenti Come si scelgono i prodotti di investimento?
Come si scelgono i prodotti di investimento?
La peggiore strategia di investimento che possiamo fare è quella di investire tutto nelle azioni od obbligazioni di un solo emittente: nel peggiore dei casi, perderemo tutto il capitale investito, mentre nel migliore rinunceremo ad altre fonti di guadagno. La regola d'oro, quando si investe, è diversificare: non solo comprando lo stesso tipo di titolo da emittenti diversi, ma anche acquistando prodotti finanziari diversi tra loro.
In pratica, diversificare significa ridurre il rischio di perdere tutto il nostro denaro in una volta sola, e lo si fa investendo in prodotti finanziari diversi: ad esempio in azioni di settori e diverse regioni del mondo, o in obbligazioni con scadenze diverse, magari anche decennali o più, e anche di paesi diversi.
Da un punto di vista statistico, diversificare significa comprare titoli poco correlati o negativamente correlati tra di loro. La correlazione è un indice statistico che si può misurare in diversi modi e che serve per indicare come due grandezze «si muovono insieme», cioè quanto simili sono le loro risposte a degli eventi. Se la correlazione è pari a uno la variazione è simmetrica, mentre se è pari a meno uno è opposta. Ad esempio, il settore dei trasporti aerei è molto correlato molto strettamente a quello del petrolio.
L'obiettivo della diversificazione è di ridurre l'esposizione al rischio cercando di massimizzare i guadagni. L'idea di fondo è di assicurarsi contro il rischio specifico che un'emittente fallisca, lasciando solo il rischio di mercato, ma anche di creare una sorta di "cuscinetto" che ci permetta di investire in titoli moderatamente più rischiosi ma più redditizi. Diversificare non è semplice: per questo motivo ai meno esperti è consigliato investire nei fondi o negli ETF e di rivolgersi a dei consulenti per mettere a punto la propria strategia. Abbiamo già visto quali sono i prodotti finanziari più popolari: stavolta vogliamo capire perché potremmo volerli nel nostro portafogli.
I fondamentali: azioni e obbligazioni
Assieme alle obbligazioni, le azioni sono gli strumenti di cui sentiamo parlare più di frequente. Sono dei titoli che ci rendono co-proprietari di un'azienda che li emette, assieme a tutti gli altri azionisti. Questo ci dà dei diritti: votare le assemblee e ricevere i dividendi, cioè una redistribuzione di parte degli utili dell'azienda per i soli azionisti. Le azioni possono essere quotate in borsa oppure no: in questo caso, si parla di investimenti in private equity.
Di solito con le azioni si guadagna in due modi: riscuotendo i dividendi o rivendendole. Questo è possibile perché il valore delle azioni è legato all'andamento dell'industria e soprattutto alle prestazioni dell'azienda. In altre parole, se l'azienda guadagna di più i dividendi potranno essere più sostanziosi; inoltre, ci sarà una domanda maggiore per diventare azionisti e quindi si potranno vendere le azioni a prezzi più alti. Questo significa però che le azioni sono più volatili delle obbligazioni e possono provocare delle perdite improvvise, anche se temporanee. Un caso da manuale è quello di Zoom: l'azienda del popolare servizio di videochiamate è cresciuta moltissimo a causa della pandemia, ma ha perso valore in concomitanza dei progressi fatti con i vaccini per la COVID-19. Le azioni sono anche dei titoli molto liquidi e cioè si possono vendere più rapidamente di altri.
Le obbligazioni sono dei titoli di credito che ci rendono dei finanziatori di un'emittente (un'azienda, un'istituzione o uno stato), che solitamente conferiscono un interesse periodico e restituiscono una somma pattuita alla scadenza. Esistono tantissimi tipi di obbligazioni, che si distinguono per la durata e per le modalità di calcolo del tasso di interesse. L'interesse viene fissato al momento dell'emissione e quindi è più stabile dei rendimenti azionari. Le obbligazioni sono tra i prodotti finanziari più stabili: i titoli di stato, poi, o quelli emessi da istituzioni come la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) hanno rating altissimi: alcuni sono anche tripla A, cioè il massimo della sicurezza. Solitamente non offrono rendimenti molto alti come quelli delle azioni, ma dato che sono investimenti molto sicuri possono svolgere meglio di altri strumenti la funzione di "cuscinetto", permettendoci di coprire eventuali perdite da altri investimenti più redditizi. Insomma, non si possono trascurare nella propria strategia di diversificazione.
Diversificare più semplicemente con ETF e fondi pensione
Diversificare è un'attività onerosa sotto molti punti di vista. Per prima cosa, elaborare una strategia richiede di confrontare e monitorare costantemente un ventaglio di strumenti finanziari molto ampi; inoltre, richiede di avere tutto il denaro per poterli acquistare. I titoli di stato italiani, per esempio, devono essere acquistati in tagli da almeno mille euro. I fondi di investimento risolvono questo problema: vendono delle quote di partecipazione, che danno diritto a ricevere il pagamento di un interesse, e i gestori usano i capitali raccolti per acquistare effettivamente i titoli. Esistono fondi per tutti, pensati per soddisfare esigenze molto diverse e il grande vantaggio è che si occupano al posto nostro della diversificazione e date le loro risorse possono anche specializzarsi molto. Per questo richiedono delle ulteriori commissioni.
Un'alternativa ai fondi comuni per diversificare il portafoglio sono gli ETF, che sono delle quote di fondi comuni ma quotate in borsa e che quindi si possono scambiare sui mercati come delle azioni. Gli ETF sono dei fondi passivi molto liquidi che hanno dei costi di gestione molto bassi: per questo motivo sono diventati molto popolari negli ultimi anni, anche perché essendo quotati si possono acquistare molto facilmente e a costi ancora più contenuti tramite le app di trading.
Investimenti per esperti in materie prime, beni rifugio e derivati
Nei mercati finanziari non ci sono solo prodotti legati alle aziende e ai loro debiti: esistono anche strumenti legati a particolari materie prime (o commodities), che solitamente sono suddivisi in quattro categorie: bestiame e carne, prodotti agricoli, prodotti legati alla produzione energetica e metalli.
Si tratta di beni che sono particolarmente suscettibili alle oscillazioni del mercato e quindi molto rischiosi. Nella categoria dei metalli, per esempio, rientrano tutti gli elementi chimici per costruire i processori di computer, smartphone, macchine, macchinari ed elettrodomestici: la pandemia da COVID-19 ha aumentato la domanda di questi prodotti e rallentato le catene di produzione, creando un problema nelle forniture. Lo stesso vale per i mercati della carne e dei prodotti agricoli, particolarmente soggetti agli eventi climatici e alle malattie: la Cina consuma metà della carne di maiale prodotta nel mondo (e ha persino una riserva nazionale strategica di carne di maiale) e rappresenta un mercato da oltre cento miliardi di euro l'anno, che da qualche anno è in crisi per via di una epidemia di peste suina africana che ha costretto molti agricoltori ad abbattere molti dei loro animali. Anche i mercati dell'energia sono molto volatili, specialmente quello del petrolio.
Gli investimenti in commodities si fanno comprando diversi strumenti finanziari: solitamente derivati come futures e opzioni, ma anche con degli strumenti chiamati ETC, cioè Exchange Traded Commodities. Gli ETC sono dei parenti degli ETF e si comportano nello stesso modo, con la differenza che non delle "quote di fondi passivi quotate" ma delle obbligazioni non garantite: semplificando, se l'emittente va in bancarotta, perderemo il nostro capitale. Per investire in materie prime, si possono direttamente comprare le azioni delle aziende che producono questi beni o rivolgersi a fondi di investimento che si occupano specificamente di commodities. Spesso a investire in commodities sono le aziende che le usano per le loro attività: le compagnie aeree investono in derivati sul combustibile che usano per far volare i loro aerei in modo da assicurarsi contro le oscillazioni dei prezzi nel futuro.
Delle particolari categorie di beni sono i cosiddetti "beni rifugio", molto richiesti durante i periodi di crisi perché tendono a mantenere il loro valore. Ad esempio, i prezzi delle azioni solitamente diminuiscono durante le recessioni, mentre quello dell'oro no, perché il suo prezzo viene influenzato molto meno dagli altri eventi del mercato. Queste categorie di beni sono richieste per fare hedging, cioè una particolare strategia di copertura del rischio per assicurarsi contro le crisi. Gli hedge fund si specializzano in questo tipo di attività. Se durante crisi e recessioni il prezzo dei beni rifugio aumenti, solitamente nei periodi normali è facile che perdano valore perché non assicurano un rendimento.
Gli investitori più esperti possono decidere di includere nel proprio portafoglio anche i derivati, una categoria di contratti finanziari con funzione assicurativa: servono sostanzialmente a ripararsi o condividere il rischio, perché il loro valore dipende direttamente dall'andamento di un'attività sottostante, che può essere praticamente qualsiasi cosa, a cominciare da altri titoli finanziari. Ci sono almeno tre tipi di derivati che si devono conoscere: contratti a termine, opzioni, e diverse tipologie di swap.
I derivati servono principalmente alle aziende per assicurarsi o ai professionisti per speculare (con guadagni e rischi più grandi rispetto a quelli degli altri strumenti). Dato che spesso sono scambiati fuori dai mercati regolamentati, richiedono conoscenze approfondite e una capacità più grande di sostenere delle perdite. Bisogna conoscerli perché capita che i derivati vengano "appiccicati" ad altri strumenti finanziari, come le obbligazioni, che in questo caso si dicono obbligazioni strutturate.
Investire in valute e criptovalute
Finora abbiamo visto che si può investire in aziende e istituzioni con azioni e obbligazioni, fondi ed ETF, ma anche sull'andamento degli stessi titoli con i derivati. Ma è anche possibile investire nel denaro, cioè nelle valute di diversi paesi, sfruttando le oscillazioni del tasso di cambio, cioè la quantità di denaro dell'altra valuta con cui possiamo comprare un'unità della prima.
Il tasso di cambio non è fisso, ma cambia costantemente: non solo per via delle manovre di politica monetaria delle banche centrali, ma anche semplicemente per via del commercio internazionale. Dopotutto, un'azienda italiana che compra delle materie prime dal Canada ha bisogno di convertire i suoi euro in dollari canadesi (perché i dipendenti canadesi vanno pagati in dollari, non in euro). Per eseguire queste transazioni, le banche presso cui le due aziende hanno il loro conto corrente attingono alle loro riserve di valuta estera o la comprano da altri attori del mercato. In questo modo, i valori delle valute cambiano, bilanciando la domanda di moneta estera con la sua offerta. Solitamente, comunque, i privati investono in valute per speculare, sfruttando le oscillazioni quotidiane dei loro valori.
Nonostante si chiamino "valute", le criptovalute non si possono equiparare a delle monete. Ci sono delle differenze sostanziali tra criptovalute come bitcoin ed ethereum rispetto all'euro e al dollaro, a cominciare dal fatto che le criptovalute non sono gestite da una banca centrale. Questo significa che il valore delle criptovalute può oscillare enormemente, come fa continuamente il bitcoin. Questo le rende molto più simili a dei beni (commodities) molto volatili o a dei beni rifugio, perché la caratteristica che connota una valuta è che la sua stabilità la rende uno strumento di scambio. Le criptovalute non sono riconosciute come metodo di pagamento ufficiale in praticamente nessuno stato al mondo: se sono accettate è solo per scelta del venditore. Ma bisogna tenere a mente che difficilmente qualcuno accetterebbe come mezzo di pagamento qualcosa che un domani potrebbe improvvisamente perdere il suo valore.