Percorso 2 - Investimenti Che cos'è l'equity crowdfunding?
Che cos'è l'equity crowdfunding?
Lo sviluppo del settore fintech (cioè delle innovazioni in ambito finanziario) degli ultimi anni ha avuto degli importanti risvolti anche nel mercato del credito per le imprese, quello che permette alle aziende di finanziarsi per investire e crescere. L'equity crowdfunding è un modo relativamente nuovo che le imprese hanno di raccogliere finanziamenti da tanti piccoli investitori, ed è diventato più accessibile grazie allo sviluppo di piattaforme online e siti web, anche in Italia. La sua crescente popolarità non deve però farci abbassare la guardia: l'equity crowdfunding è più rischioso di altre forme di investimento ed è importante capire come mai se lo si vuole inserire in una strategia di investimento.
Dalla startup alla quotazione in borsa
Le aziende appena formate vengono chiamate startup: hanno una manciata di dipendenti e spesso costi molto alti rispetto alle loro fonti di reddito. Magari non hanno nemmeno un business model consolidato, ma sanno di aver grosso bisogno di capitali per svilupparsi. I primi che raccolgono - i cosiddetti seed capital - sono solitamente i risparmi di fondatori, o di amici e parenti: sono finanziamenti limitati che bastano a coprire le prime spese, pagare i primi dipendenti e sviluppare un prodotto o servizio. Quando questi capitali finiscono, semplificando un po', le startup devono però trovarne di altri e spesso di più consistenti, per permettere gli investimenti necessari per competere con aziende più grandi e strutturate: si tratta dei cosiddetti venture capital.
In cambio di questi investimenti, le aziende offrono delle azioni: perché emettere titoli non è solo una prerogativa delle aziende quotate. Per questo motivo, gli investimenti in queste azioni sono detti di private equity: l'equity è sostanzialmente il capitale dell'azienda, mentre l'aggettivo private - "privato" - indica che l'azienda non è quotata (to go public, in inglese, vuol dire "quotarsi in borsa": non perché un'azienda diventi di proprietà statale ma perché chiunque può negoziare le azioni che emette).
Chi sono gli investitori in private equity e quali sono i rischi
Chi investe nelle aziende in queste fasi della loro crescita è spesso un investitore di alto profilo, un privato con grande esperienza o aziende specializzate nel rilevare le imprese per portarle alla quotazione (oppure per ristrutturarle e rivenderle, se sono in crisi). Sono investitori con un patrimonio sufficientemente grande da potersi permettere di scommettere su un'azienda e aspettare tutto il tempo necessario perché una buona idea diventi profittevole e di successo. Non è una cosa da poco: tra la fondazione di un'azienda e la sua eventuale quotazione possono passare anche molti anni durante i quali una startup può avere spesso bisogno di altri capitali per espandersi e anche se ha un profitto non lo può ridistribuire tra gli investitori. Praticamente tutte le grandi aziende innovative nate nello scorso decennio, da Twitter a Uber, si sono quotate molti anni dopo la loro fondazione e il loro successo, spesso senza nemmeno curarsi di diventare profittevoli in breve tempo.
Investire in private equity comporta quindi rischi maggiori rispetto ad altre forme di investimento, perché riguarda titoli di aziende che spesso hanno iniziato da poco le loro attività e il cui futuro è molto incerto. A differenza dei normali investimenti in azioni, gli investitori che si occupano di questo tipo di finanziamenti diventano spesso soci di maggioranza e contribuiscono direttamente alla gestione dell'azienda o hanno un peso maggiore sulle principali scelte aziendali. Sempre a causa dei rischi di questi investimenti, inoltre, in molti paesi esistono leggi che consentono solo a certe categorie di professionisti di fare questi investimenti, definendo i profili dei i cosiddetti investitori accreditati.
Le piattaforme di equity crowdfunding, però, hanno di fatto cambiato questi due aspetti del private equity, permettendo a chiunque di investire in aziende appena nate e a queste ultime di mantenere maggiore autonomia, perché i tanti piccoli investitori diventano dei soci di minoranza con meno potere sulle scelte aziendali.
L'equity crowdfunding
In generale, il crowdfunding è una modalità di finanziamento collettivo di prodotti o servizi tramite piattaforme come Kickstarter, Indiegogo o GoFundMe. Su questi siti, chiunque abbia un'idea può creare una pagina per il suo prodotto - che di solito è semplicemente un concept (un'idea) o nel migliore dei casi un prototipo - e raccogliere i fondi necessari per completare lo sviluppo e metterlo in produzione. Questo meccanismo ha portato milioni di persone di tutto il mondo a finanziare i prodotti più strani, contribuendo a diverse storie di successo: Oculus, l'azienda di proprietà di Facebook che si occupa di visori in realtà aumentata, è nata da un Kickstarter nel 2012, prima di essere venduta per oltre due miliardi di dollari nel 2014.
Il semplice crowdfunding, tuttavia, è legato a meccanismi di "vendita anticipata" di prodotti o a premi di qualche tipo per i finanziatori: non permette a chi crede in un'idea di sostenerla come farebbe un investitori di private equity.
Per questo sono nate piattaforme specializzate - come SeedInvest o StartEngine - che permettono a piccole aziende di raccogliere capitali necessari per sostenere le prime fasi della loro vita. La differenza rispetto a siti come Kickstarter è che su queste piattaforme sono venduti prodotti finanziari come azioni, obbligazioni o revenue share (cioè quote dei ricavi di un'azienda). Le piattaforme di equity crowdfunding permettono quindi a chiunque di investire capitali in un'azienda non quotata, diventandone un socio di minoranza e scommettendo che il suo valore crescerà, con un grande ritorno rispetto ai capitali investiti. Queste piattaforme, inoltre, permettono a chi investe di rivendere i titoli comprati, anche senza che l'azienda che li ha emessi sia quotata.
Se si decide di finanziare con i propri capitali una società tramite l'equity crowdfunding bisogna però tenere presente che si tratta di un'attività particolarmente rischiosa. Anche se investiamo in aziende che ci sembrano avere molto potenziale o delle quali condividiamo semplicemente gli obiettivi, non abbiamo nessuna garanzia del fatto che quel potenziale sarà realizzato. Dopotutto, molte startup falliscono, e i rendimenti attesi, anche se sono molto alti, maturano solo nel lungo periodo: per esempio quando l'azienda verrà quotata, inizierà a fare profitti adeguati oppure il suo valore aumenterà. In tutti gli altri casi, i capitali investiti potrebbero essere persi e anche se le piattaforme di equity crowdfunding permettono di rivendere i titoli acquistati, non è detto che si trovi qualcuno disposti ad acquistarli.
E in Italia?
Il nostro paese è stato tra i primi ad adottare una legislazione sull'equity crowdfunding, nel 2013. Come le altre attività finanziarie, l'equity crowdfunding è sottoposto alla vigilanza della CONSOB, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa. Dal 2017, possono accedervi tutte le piccole e medie imprese (PMI): prima potevano solo le startup e le PMI "innovative", che dovevano essere incluse in un registro speciale. Il Sole 24 ORE ha analizzato il quinto report dell'Osservatorio Crowdinvesting del Politecnico di Milano: nel 2019 il mercato dell'equity crowdfunding ammontava a 60 milioni di euro, contro i soli cinque del 2016: ai livelli di Germania e Francia, ma molto lontano dai 400 milioni del Regno Unito.
Le piattaforma italiana più note sono Mamacrowd e Crowdfundme, che nel 2019 hanno raccolto rispettivamente 14 e 10 milioni di euro, ma ce ne sono molti altri, come Opstart, 200Crowd e NextEquity. Per poter operare, queste piattaforme devono essere iscritte al registro apposito della CONSOB, che ci ricorda che anche questa modalità di investimento è soggetta alle regolamentazioni della direttiva MiFID 2.
Anche se dalle raccolte fondi non nasceranno i prossimi giganti del tech, le imprese finanziate portano avanti progetti innovativi e ad alto contenuto tecnologico, che hanno spesso un impatto a livello locale. Questo non ha comunque frenato progetti molto ambiziosi che hanno raccolto anche milioni di euro: come Mysecretcase, l'ecommerce di prodotti legati alla sessualità, che ha raccolto oltre due milioni e mezzo di euro. SixthContinent, invece, è un "social commerce" che usa i budget pubblicitari delle aziende per creare dei coupon per gli utenti, di milioni ne ha raccolti più di tre. Winelivery, un servizio di consegne a domicilio di vino, ha raccolto quasi un milione e ottocentomila euro e secondo CrowdFundMe oggi ne vale quasi venticinque. Soisy ha raccolto quasi due milioni e duecentomila per creare un servizio di pagamento a rate per gli acquisti online: un settore che sta crescendo molto, seguendo la scia della società australiana Afterpay e dei suoi omologhi europei, la svedese Klarna e l'italiana ScalaPay.
L'equity crowdfunding è anche un modo per sostenere aziende che operano nei settori dell'energia, della sostenibilità, dell'agricoltura e della sanità: Glass to Power è un'impresa nata dall'Università Bicocca che si occupa di produrre dei "pannelli fotovoltaici trasparenti", e che ha raccolto oltre due milioni di euro su CrowdFundMe e oggi ne varrebbe oltre undici. Green Energy Storage ha raccolto oltre due milioni di euro (a fronte dei cinquecentomila previsti) per finanziare lo sviluppo di una batteria "semi-organica", cioè che non richieda l'uso di minerali come il litio e che sia facile da smaltire. Green Energy Sharing (che non è affiliata a Green Energy Storage) è una piattaforma per semplificare gli investimenti in impianti di energia rinnovabile e ha raccolto oltre un milione di euro (l'obiettivo minimo era di sessantamila). La bolognese Arco Fuel Cells ha raccolto un milione di euro per sviluppare delle batterie al litio e celle a combustione ad idrogeno ad alte prestazioni e oggi varrebbe nove milioni di euro.