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Crederci sempre, arrendersi mai. La storia di Alessandro, bracciata dopo bracciata senza perdere di vista l'obiettivo

Crederci sempre, arrendersi mai. La storia di Alessandro, bracciata dopo bracciata senza perdere di vista l'obiettivo
Il collega Alessandro Rivellini

Capita nella vita di tutti i giorni di usare in maniera metaforica l'espressione "tuffarsi" per indicare un'azione audace, coraggiosa. E non è difficile immaginare che una certa dose di coraggio sia servita ad Alessandro Rivellini quando, all'età di soli 4 anni, per la prima volta si è tuffato ¿ nel suo caso, letteralmente - in acqua. Quel che è certo è che quel giorno ha segnato per Alessandro l'inizio della più grande passione della sua vita, quella per il nuoto.

Quarant'anni, ligure, da circa sei mesi Alessandro è entrato a far parte del gruppo Sella, nel ruolo di gestore small business presso la succursale di Santa Caterina di Banca Sella a Genova. Non solo nuoto quindi: alla passione sportiva, per la quale ha gareggiato a livello agonistico fino al 2015, Alessandro ha affiancato prima lo studio -ha ben due lauree, una in scienze motorie e una in giurisprudenza - e poi il lavoro in campo bancario, a partire dal 2008. 

Alessandro è uno abituato alle sfide: in 36 anni di nuoto ne ha affrontate tante. È stato un percorso graduale ma costante, fatto di grande impegno e dedizione. "Ho partecipato ai miei primi campionati italiani già all'età di 13 anni. Ho cominciato a girare l'Italia sin da piccolo e a 18 anni sono andato a vivere da solo. Ho dovuto mettermi in gioco, imparare a gestirmi da solo lontano dalla mia famiglia". Ancora oggi, con due figlie e un lavoro che gli richiede molte responsabilità, Alessandro riesce a conciliare i tanti impegni della sua settimana con la sua passione per il nuoto. "Mi alleno tutti i giorni, al mattino alle 5.30 o alla sera dopo il lavoro, nuotando per almeno 5 km".

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Tanti sacrifici che hanno portato ad altrettante soddisfazioni. "I risultati sono arrivati nel corso del tempo: ho partecipato da atleta professionista a diverse gare di fondo e gran fondo e ho rappresentato l'Italia in competizioni nazionali e internazionali". Il suo palmares è ricchissimo: fra le sue vittorie spiccano quelle al Campionato Italiano Gran Fondo nel 2006 e quella della Gara Internazionale del Lago di Como di 30 km nel 2015. "Dal 2016 a oggi ho vinto 11 titoli nazionali", dice soddisfatto.

Come trovi il tempo di far convivere tutti i tuoi impegni?
Il fatto è che per me il nuoto è un'esigenza. Come per le altre persone è necessario respirare per me è necessario entrare in acqua, che considero il mio habitat naturale. Il nuoto è uno sport duro e faticoso, non è da tutti. Nuotare non è una cosa facile, basti pensare anche solo alla respirazione che è differente rispetto a quella sulla terra ferma: in acqua il rapporto tra un'inspirazione e un'espirazione è di uno a tre. Non tutte le persone si sentono a proprio agio in acqua, per me invece è naturale. 

In tutti questi anni, cosa ti ha insegnato il nuoto?
Il nuoto mi ha aiutato a crescere come persona e come individuo. Mi ha permesso di imparare a reagire alle situazioni difficili della vita, mi ha insegnato che nulla arriva per caso e che per raggiungere gli obiettivi che ci prefissiamo è necessario pianificare bene il lavoro e impegnarsi con costanza e forza di volontà. Nel corso della mia carriera, soprattutto nei primi anni, ho trovato ragazzi anche molto più dotati di me, che però erano meno determinati e hanno mollato molto prima. Sono state la mia testardaggine, la mia volontà a farmi diventare un atleta professionista. Certo, ho dovuto privarmi di tante piccole cose ma poi sono stato ripagato. Io posso dire soltanto che ho avuto la fortuna di crederci.

E come hai affrontato le difficoltà che si sono presentate?
Credo che un atleta per essere vincente debba essere anche molto istintivo. Io sono una persona molto pragmatica: se c'è un problema si affronta e si risolve, non bisogna indugiare troppo perché se impieghi molto tempo nel riflettere rischi di perdere di vista il tuo obiettivo. Certo, nel momento in cui non ottieni i risultati che ti eri prefissato, nonostante l'allenamento, magari inizi ad avere dei dubbi, perché comunque siamo esseri umani. Ma sono momenti passeggeri, bisogna guardare avanti, imparare dagli errori e porsi nuovi obiettivi da raggiungere. In fondo, uno si allena anche a superare le difficoltà. 

A chi ti sei ispirato nel corso della tua carriera?
Nella mia carriera agonistica ho avuto la fortuna di avere molti allenatori e da ciascuno di essi ho cercato di prendere qualcosa. Secondo me, un bravo allenatore non è semplicemente un tecnico, uno che conosce la disciplina sportiva ma è una persona capace di capire i propri atleti, che entra in sintonia con loro, che capisce i loro bisogni, in base alla loro personalità e alle loro caratteristiche. Un vero allenatore allena più la testa che il fisico di un atleta. Per farlo, deve saper innanzitutto osservare e ascoltare. Poche persone lo sanno fare veramente: la gente si ferma spesso all'apparenza e inizia a giudicare. Invece se uno cerca di capire, se si pone delle domande, spesso trova delle risposte. Ti approcci nei confronti delle persone in una maniera differente, capisci meglio i bisogni di chi hai davanti. Questo atteggiamento per me è fondamentale oggi anche nel lavoro che faccio: capire realmente chi hai di fronte è il primo passo per poterlo realmente aiutare.
 
A chi dedichi le tue vittorie?
Io credo che le vittorie siano il risultato di una serie di condizioni. Nel mio caso sicuramente sono l'effetto dei tanti sforzi e sacrifici che ho fatto nella mia vita ma se non avessi avuto sempre l'appoggio della mia famiglia, probabilmente non avrei raggiunto tutti i miei traguardi. Mi riferisco ai miei genitori, che anni fa mi hanno permesso di intraprendere la mia carriera sportiva ma anche alle mie figlie che oggi condividono la mia passione e alle quali dono tutte le mie medaglie. Il sostegno delle persone che ci circondano, in tutti gli ambiti della nostra vita, ci dà forza, ci aiuta a prendere le decisioni migliori e a minimizzare gli errori. E tutti i successi, se condivisi, diventano più appaganti.